Secret Sphere
Archetype

2010, Scarlet Records
Power Metal

Recensione di Fabio Rigamonti - Pubblicata in data: 18/09/10

Avevamo lasciato due anni fa gli alessandrini Secret Sphere alle prese con un piccolo capolavoro di magniloquenza barocca dal nome di “Sweet Blood Theory” (conturbante concept vampirico affascinato dal gothic e dalla musica di Danny Elfman), album che seguiva l’altrettanto significativo “Heart & Anger” (un manifesto di pura melodia pronto ad investire l’ascoltatore), ed oggi li ritroviamo all’opera su questo “Archetype”, quinto album in studio.

Subito si avvertono alcune novità, a partire da uno scossone in line-up che ha cambiato la formazione originale e storica (con le tastiere di Gabriele Ciacca a sostituire quelle di Antonio Agate e la Chitarra di Paco Giaotti rimpiazzata dalla giovane grinta di Marco Pastorino), passando ad un nuovo deal con Scarlet Records, sino ad arrivare ad una nuova mutazione di sound. Già, perché questa nuova fatica discografica è terribilmente diretta, compatta, priva di fronzoli… in poche parole: metal come non mai.

Tuttavia, se pensate che la formazione abbia abbandonato i cori e le orchestrazioni, dovete necessariamente ricredervi, in quanto tutti questi elementi sono ancora presenti, solo non costituiscono più l’ossatura delle canzoni, ma vengono dosati con estrema cura ed inseriti con chirurgica precisione da parte della band. In questo disco si parla maggiormente di energia rock, di un growl inattteso di Ramon sull’iniziale “Pattern Of Thought”, di una sincope nervosa della sezione ritmica in “Into The Void”, o di una chitarra furiosa a fungere da bridge sull’interessante costruzione della titletrack. Nel suonare così direttamente metal, i Secret Sphere devono pagare un dazio, e questo dazio si quantifica in un’inevitabile perdita di ciò che li ha sempre contraddistinti sinora, ovvero una certa fruibilità delle loro composizioni, di quel senso avvolgente e morbido di melodia che soffiava come un vento profumato anche sulle canzoni più veloci ed aggressive. Di tutti questi elementi, non rimane che un pallido ricordo in questo lavoro, lontani sentori chiaramente avvertibili nella meravigliosa power ballad “All In A Moment” (il cui controcanto femminile richiama inevitabilmente il capolavoro romantico di “You Still Remain”), nell'ossessività catchy di una “Mr. Sin”, piuttosto che la velocità crescente e la meravigliosa tastiera finnica di “More Than Myself”, tutto in favore di canzoni che risultano sempre interessanti, ma che non arrivano quasi mai alla quadratura del cerchio rappresentata da quella melodiosità che spingeva ogni singolo ritornello composto dai Nostri ad essere cantato con travolgente passione. Pare davvero che il sestetto abbia in un certo senso sacrificato un poco di cuore, creando un lavoro che è destinato probabilmente a convincere i puristi dell’heavy metal, ma anche a deludere tutti gli altri.

Per quel che mi riguarda, “Archetype” è un piccolo calo in una discografia sinora irreprensibile, probabilmente figlio di una formazione che deve ancora rodare a dovere, ma che presto tornerà ad assalirci con i fasti di un tempo. D’altronde, anche in questo lavoro è sempre avvertibile una certa classe di fondo, una maestria che non è venuta meno e che mantiene i Secret Sphere una delle heavy metal band più interessanti (e cronicamente sottovalutate) della penisola italica.



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