Patrick Wolf
Brumalia EP

2011, Mercury Records
Indie

Recensione di Fabio Rigamonti - Pubblicata in data: 10/01/12

Si ha proprio la sensazione che il cantautore inglese Patrick Wolf voglia riscattarsi dalle critiche che gli sono piovute addosso (non da queste parti) con l’eccesso di luminosità e gaiezza pop del precedente “Lupercalia”. Vuoi per l’artwork così oscuro curato nientemeno che da Patti Smith, vuoi per l’ostentata ispirazione derivata dai tumulti terroristici che hanno travolto Londra la scorsa estate, vuoi per il titolo stesso dell’operazione, “Brumalia” - EP lanciato a pochissimi mesi dall’ultimo parto discografico di Wolf - porta con sé una forte aspettativa di oscura maledizione.

Poi ti parte “Bitten”, con quella viola e quel violoncello malinconici che abbracciano con vigore un’elettronica barocca, e le aspettative paiono soddisfatte, tanto più se a seguire ti ritrovi l’unico brano effettivamente dark di "Lupercalia", ovvero “Together”. Basta, però, una “Time Of Year” con degli ottoni smaccatamente glam pop su un classico arrangiamento alla Patrick Wolf per far vacillare le nostre convinzioni, poi il resto dell’inciso va da sé, divagando e sbrodolando messaggi sonori già veicolati dal nostro caleidoscopico cantautore: dalla ballata per piano e voce che non riesce a trasmettere il senso di epicità di cui vorrebbe essere intrisa (“Jerusalem”), fino al minimalismo dell’arpa nella conclusione di “Trust”, passando nel mezzo a pastiche elettronici che ricordano pallidi tentativi di imitazione della prima e più ordinata Björk (“Nemoralia”) e pastiche che sono pastiche e basta (“Pelicans”).

La chiara sensazione, al termine dell’ascolto di questo EP, è che “Brumalia” sia un’appendice di “Lupercalia”, una raccolta di b-sides, piuttosto che un’opera chiaramente compiuta. Un disco che viene penalizzato fortemente dalla fretta del suo autore, e che restituisce, di conseguenza,  canzoni dalla lieve ispirazione. Acquistarlo solo per “Bitten” sarebbe decisamente troppo, ecco perché “Brumalia” rimane feticcio per fan e non smuove nulla nella significativa carriera del nostro promettente cantautore inglese.

Rimaniamo, quindi, in attesa dell’ennesima trasformazione di Patrick Wolf, sperando che essa sia accompagnata da una capacità d’emozionare assai più significativa di quella che muove questo compitino, sterile in numerosi tratti.



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