Swallow The Sun
Emerald Forest And The Blackbird

2012, Spinefarm Records
Gothic/Doom

Recensione di Marco Belafatti - Pubblicata in data: 05/02/12

Un look curato ma non eccessivamente artefatto, uno spiccato gusto per la melodia più cupa e decadente, una chitarra acustica e una malinconica voce femminile sul singolo di lancio (Anette Olzon dei Nightwish, mica pizza e fichi), lasciatecelo dire, non fanno la fortuna di una band. Soprattutto se questa è finlandese e propone un classico gothic/doom metal influenzato dai padri della scena (My Dying Bride e Katatonia su tutti). Eppure, nel corso dell'ultimo decennio, questi piccoli accorgimenti devono aver aiutato gli Swallow The Sun a conquistare le classifiche di vendita della propria nazione d'origine e a sdoganare la propria musica presso un pubblico ben più ampio rispetto a quello di tanti altri colleghi. C'è da dire che, espedienti scenici a parte, il loro sound, così come il buon vino, guadagna un sapore sempre più denso e raffinato con il passare degli anni e la band – provate a negarlo – vuole solamente regalare lavori di qualità ai propri fan; “Emerald Forest And The Blackbird”, quinto capitolo di una discografia a dir poco eccelsa, ribadisce ulteriormente il concetto.

Sulla scia del capolavoro “Hope” e del fortunato “New Moon”, il nuovo full-length viene marchiato a fuoco da una componente atmosferica che conferisce alla maggior parte dei brani in scaletta un particolare spessore emotivo, tra profusioni di spleen e umori tipicamente nordici. Come sempre la formazione capitanata dal chitarrista Juha Raivio si mostra abile nel tessere melodie lacrimevoli che trafiggono il cuore attraverso la delicatezza del pianoforte o le carezzevoli clean vocals di Mikko Kotamäki, per poi abbandonarlo, tremante e prostrato, sotto una tempesta di growl e riff catacombali che scandiscono i movimenti di una spettrale sinfonia del dolore.

La title-track irrompe come un incubo ad occhi aperti, squarciato a metà da urla ferine e cori apocalittici, che ben riassume le gesta degli Swallow The Sun. “Labyrinth Of London”, quarto capitolo della saga “Horror”, avvolge l'ascoltatore nella sua architettura a spirale, tra toccanti duetti con la voce ospite di Aleah Stanbridge, improvvise accelerazioni, assoli strazianti e un'orchestra fantasma che osserva da lontano il lento intrecciarsi del growl e delle chitarre (i più attenti riconosceranno inoltre un piccolo omaggio al visionario poeta inglese William Blake). Ma i capisaldi del disco sono numerosi: il pathos malinconico della semi-acustica “This Cut Is The Deepest”, il melodramma gotico di “Eyes Wide Shut”, la funerea ninnananna di “Cathedral Walls”, la rilettura in chiave doom degli ultimi Amorphis nella conclusiva “Night Will Forgive Us”... In ognuno di questi episodi potrete ritrovare la classe compositiva che da quasi dieci anni contraddistingue il sestetto di Jyväskylä.

La foresta color smeraldo degli Swallow The Sun, dominata dagli agghiaccianti versi del corvo, è un luogo in cui il nostro subconscio potrà rifugiarsi per sconfiggere i propri fantasmi e cullarsi, tra un buon rosso e una raccolta di poesie (un autore inglese del primo Ottocento, se possibile), nella sua infinita disperazione.





01. Emerald Forest And The Blackbird
02. This Cut Is The Deepest
03. Hate, Lead The Way
04. Cathedral Walls
05. Hearts Wide Shut
06. Silent Towers
07. Labyrinth Of London (Horror Pt. IV)
08. Of Death And Corruption
09. April 14th
10. Night Will Forgive Us

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