Mötley Crüe
Dr. Feelgood

1989, Elektra
Hard Rock

Recensione di Marco Ferrari - Pubblicata in data: 13/04/09

Vi era un tempo in cui gli scandali e l’eccesso non erano l’elemento focalizzante della vita di una rock star, ma semplicemente un contorno che aveva come proprio centro di gravità la musica. Vi era un tempo in cui la vita di Nikki Sixx, Vince Neil, Tommy Lee e Mick Mars verteva non solo su sesso e droga, ma soprattutto sul rock’n roll. Vi era un tempo, in cui uscivano album come "Dr. Feelgood".

D distanza di due anni dall’album che divenne la bandiera di uno stile di vita per una intera generazione ("Girls, Girls, Girls") il quartetto di Los Angeles torna sugli scafali con il difficile compito di confermare il successo dei precedenti lavori con un album che non solo vince la sfida, ma rappresenta il punto più alto della propria discografia, quasi a voler sancire la fine di un’epoca.

Il disco, dopo il breve intro “T.n.T.”, ci presenta una serie di brani destinati a rimanere tra i classici della band grazie ad un appiglio e ad una propensione rock difficilmente replicabili. La sontuosa title track ne è forse l’esempio più rappresentativo grazie al suo equilibrato mix tra grintosa melodia e ricerca di feeling che, a distanza di vent’anni, riesce ancora a suonare fresca e trascinante. La produzione è curatissima e Bob Rock riesce a fissare un nuovo standard qualitativo e porterà “Dr. Feelgood” ad essere il disco di maggior successo della band. Il mid tempo di “Slice Of Your Pie” è solo un piccolo momento di quiete prima di venire investiti dalla contagiosa allegria di “Rattlesnake Shake”  e dal celeberrimo riff di chitarra di “Kickstart My Heart”, il brano più adrenalinico e veloce dell’intero platter. Non mancano i brani più prettamente commerciali e la toccante “Without You” è uno splendido esempio che dimostra come non si debba rinunciare alla buona musica in favore della notorietà, grazie ad un pezzo ricco di armoniose emozioni che non possono far altro che cullare l’ascoltatore. I ritmi più prettamente rock tornano a far capolino con “Same Ol’ Situation” e soprattutto con l’elettrizzante “Sticky Sweet”  che ci spalanca la porte per il finale del disco che dopo “She Goes Down” ci sorprende con sonorità molto morbide. La semi ballad “Don’t Go Away” e la sognante “Time For Change” (primo brano in cui i Crue si lasciano andare all’attivismo politico) chiudono un platter destinato a divenire un classico del rock e, senza dubbio, il testamento di una band che farà degli eccessi e del gossip i suoi unici motivi di vita, scordandosi che ciò che realmente scorre nelle loro vene è il rock.





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