Un nuovo album dei The Mars Volta riserva sempre sorprese, forti di una discografia che ha messo in mostra ogni lato di una band a dir poco poliedrica e incline alla sperimentazione. A poco più di un anno di distanza dal buonissimo "The Bedlam in Goliath", i nostri ritornano con un nuovo lavoro, "Octahedron", il sesto in carriera, annunciato a più riprese come l'album acustico dei The Mars Volta.

Cosa avranno tirato fuori i due leader dalle capigliature improponibili? Per prima cosa bisogna dire che "Octahedron" non è propriamente acustico, potremmo definirlo una rivisitazione acustica dello stile dei The Mars Volta, in cui la frenesia tipica degli americani lascia il posto a una calma seducente, muovendosi continuamente su ritmi dilatati e rarefatti, impreziositi dal bagaglio psichedelico in dote alla band, a fare da continuo tappeto a questi cinquanta minuti di musica. Del resto Omar Rodriguez-Lopez (chitarra) e Cedric Bixler-Zavala (voce), ci avevano avvisati: “Sarà un album acustico, ma a modo nostro”. Al di là delle esagerazioni di certe dichiarazioni solite nel “music biz”, bisogna dare atto ai due di aver comunque detto la verità, perché nonostante "Octahedron" sia fondamentalmente un unicum nella discografia dei nostri (avvicinabile a grandi linee solo ad "Amputechture"), la mano dei The Mars Volta è sempre riconoscibile sin dalla prima nota.

Una cosa che da sola eleva questo nuovo lavoro dalla marea di dischi anonimi presenti oggi sul mercato. Sì perché potrà piacere o meno, ma "Octahedron" rimane un album dalla forte personalità, ancora in grado di dire qualcosa e di emozionare come raramente ci capita; l'unico ostacolo è che per apprezzare "Octahedron" bisogna fare un bello sforzo di pazienza e di dedizione, dimenticandoci per un attimo i The Mars Volta che ricordiamo e sintonizzarci sulle corde malinconiche e sognanti del disco. Lo dico senza problemi, "Octahedron" non è, a mio avviso, sullo stesso livello delle migliori produzioni dei nostri, avendo probabilmente indugiato troppo nel dilatare i brani, procedendo quasi col freno a mano tirato (o forse semplicemente per mancanza di ispirazione). Un lavoro che probabilmente non farà avvicinare nuovi ascoltatori, anzi, irriterà parecchi aficionados, eppure ascoltato con un certo distacco rimane un disco affascinante e degno di attenzione. La classe  compositiva di Omar si intravede nel lento incedere di "Since We've Been Wrong", brano delicatissimo e di un'eleganza unica, nella vena psichedelica di "Teflon", o nella splendida "With Twilight As My Guide", il punto più alto del disco: un arpeggio acustico in sottofondo, arrangiamenti lisergici, chitarre elettriche pizzicate con rara dolcezza e la voce di Cedric finalmente al massimo dell'espressività, senza eccedere in acuti forzati e falsetti vari. Un disco che necessita di dedizione totale dicevamo, che però ci lascia qualche minuto di distensione con "Cotopaxi", un brano molto zeppelianiano, per poi rituffarci nel mood introspettivo con "Desperate Graves", interessante, per concludere con la debole coppia "Copernicus" e "Luciforms". La prima “salvata” solamente da un intervento elettronico a metà brano, la seconda un po' più riuscita, con una bella vena blues su cui si regge tutto il pezzo.

Un finale che denota forse una mancanza di ispirazione un po' preoccupante, considerando poi che "Octahedron" è l'album più corto della discografia dei The Mars Volta, quasi a voler allungare il “brodo” a tutti i costi, sporcando una prova (fino alla sesta traccia) di tutto rispetto, inferiore a quello che hanno dimostrato di saper fare i nostri, ma comunque di grande classe. Speriamo bene per il futuro...