Freedom Call
Legend Of The Shadowking

2010, SPV
Power Metal

Recensione di Fabio Petrella - Pubblicata in data: 28/01/10

Norimberga nel secondo dopoguerra fu la sede del tribunale che condannò i nazisti per il terribile crimine dell’Olocausto. Come se seguisse la logica di un contrappasso e con le dovute proporzioni il centro bavarese, come per lavare l’onta meschina di un ricordo inenarrabile, ha dato vita a una delle band più allegre e felici del pianeta: i Freedom Call. Ovviamente il paragone è del tutto inadeguato ma in piccola percentuale spiega il rapporto che intercorre tra la filosofia della band e il resto del metal, soprattutto quello estremo: da una parte gioia di vivere e ottimismo, dall’altra violenza e oscurità.


Nel ’98, quasi per sancire il cinquantesimo anniversario del noto processo nasce, sotto l’egida di Chris Bay e Dan Zimmerman, già Gamma Ray, il progetto Freedom Call. Le tematiche fantasiose, le melodie zuccherose e un pizzico di spensieratezza musicale sono gli ingredienti che hanno fatto la fortuna di questo brioso gruppo tedesco. Sulla falsa riga di un Happy Metal made in Amburgo i nostri bavaresi hanno saputo, costruendo un castello che si poggia sulle radici dell’Heavy Metal, un sound coinvolgente e ricco di melassa, senza grandi pretese e di sicura presa. Dal debutto "Stairway to Fairyland" fino al nuovo "Legend Of The Shadowking" sono passati più di dieci anni, undici per la precisione, che hanno visto i nostri norimberghesi imporsi discretamente nel panorama metallico, conseguendo anche un certo successo.


"Legend of the Shadowking", la Leggenda del Re Ombra. La prima questione che risulta evidente è la parola “ombra”. Strano per la nostra dolcissima band. Infatti, già da questa matrice letterale si può evincere quello che poi si costaterà nell’ascolto del disco. Oscurità, buio e tragedia. Sembrano parole distanti anni luce dalla galassia Freedom Call eppure sono le fondamenta del nuovo disco. Facciamo un po’ di chiarezza. Per la prima volta nella loro carriera i bavaresi compongono un concept album. Il personaggio principale del racconto, o meglio della tragedia, è la figura storica di Ludwig von Wittelsbach, famoso anche come Re Ludovico II, sovrano di Baviera dal 1864 al 1886, anno in cui fu deposto dal trono per dichiarata pazzia. Tutta la sua vita è avvolta in un alone di mistero, in particolar modo la sua morte. Perché Re Ombra? Ecco la spiegazione. Si racconta che Ludovico, pochi istanti prima di spirare, abbia sussurrato: “Un re senza potere è un re Ombra”. Da questo evento prende il via la Leggenda del Re Ombra, opera diretta e musicata da Chris Bay e soci.


Passando ora al carattere che ci interessa di più, cioè quello prettamente musicale, ci accorgiamo almeno inizialmente che nulla è cambiato. "Out of the Ruins" è un’opener brillante con un forte concentrato di glucosio: melodia fruttata, ritmo avvolgente e solito refrain a presa rapida. "God of Thunder" segue le stesse coordinate ma si dimostra un brano meno avvincente del primo. L’animo più spensierato e giocondo della band si concreta in "Tears of Babylon" che tutto traspare fuorché inquietudine e tragedia. Un estratto che non tradisce la natura della band ponendosi in maniera indiscussa tra le hit del disco. Con "Merlin – Legend of the Past" saltiamo sul dorso di altezzosi destrieri per cavalcare alla volta di Camelot. Un brano avulso dal concept che presenta un suo seguito con "Merlin – Requiem", semplice rivisitazione in chiave lenta dello stesso pezzo. Tracce che come si può ben intendere dal titolo hanno poco o nulla da spartire col nostro Ludovico II.  "Resurrection Day" e "Under the Spell of Moo"n scivolano via senza colpire particolarmente e aprono al tema portante dell’opera: la tragicità dell’esistenza del Re di Baviera.  Ecco allora manifestarsi la sorpresa "Dark Obsession". Dai tratti gotici e dai toni lugubri il brano ci presenta una band agghindata da una veste inedita che ricorda da vicino le produzioni dei connazionali The Vision Bleak. Come affermato dal buon Chris nell’intervista allegata alla recensione, la band si è dovuta adattare al carattere cupo del personaggio smuovendo melodie e componenti finora sconosciute a loro. Gemella della traccia appena descritta è la seguente "The Darkness" che presenta un sound tetro e oscuro. Con "Remember" si accantonano le armonie meno festose e si torna a viaggiare con un up-tempo gradevole.


"Ludwig II - Prologue" ci riporta alla figura portante dell’opera aprendo a "The Shadowking" che a dispetto del nome si presenta come un estratto sereno e avvincente.  A chiudere il concept sopraggiungono "Kingdom of Madness" e "A Perfect Day" dai forti connotati rock.
Si conclude così il sesto full-lenght della carriera dei raggianti tedeschi di Norimberga che si confermano una concreta realtà da più di due lustri. Legend of the Shadowking colpisce gli affezionati perché in diversi frangenti si distacca dalle precedenti produzioni e si avvicina al lato più tenebroso e minaccioso della vita senza tralasciare le dovute accortezze melodiche.





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