Genesis
Trespass

1970, Charisma
Prog Rock

Recensione di Luca Ciuti - Pubblicata in data: 04/02/15

Che i Genesis siano ritenuti la band più popolare fra quelle del variegato panorama progressive rock è un dato ormai appurato, ma sarebbe sbagliato ritenerla tale unicamente per le tante hits milionarie messe a segno negli anni ’80: agli ascoltatori più attenti non sarà sfuggito quanto le influenze pop fossero ben presenti sin dai loro esordi, caratteristica che unita alla presenza di trame meno contorte, conferiva una certa musicalità tale da rendere la loro musica di facile assimilazione anche per il grande pubblico. Il debutto di “From Genesis To Revelation” non era stato esattamente quello che definiremmo un disco indimenticabile, e la band si trovava già costretta a dare una svolta alla propria carriera; pur non avendo ancora in formazione due pezzi da novanta come Steve Hackett e Phil Collins, è con “Trespass” che la band getta le basi per il sound che l’avrebbe resa famosa, al punto che molti fans lo riterranno come il vero album di debutto.

“Looking For Someone” è ancora oggi il brano perfetto per introdurre l’ascoltatore nell’universo Genesis (lo fu anche per il sottoscritto, tanti anni fa) grazie  alla sua melodia accattivante e agli inserti graduali di tutti gli strumenti.  Gli accenni di flauto e chitarra acustica donano al brano quell’atmosfera fiabesca che caratterizzerà tutti i dischi dell’era Gabriel e che sarà decisiva nel rendere ancora più “popolare” la musica del gruppo. E’ la premessa di “White Mountain”, costruita su una malinconia un po’ingenua popolata da strani personaggi e dal suono romantico di una dodici corde. I cinque rampolli inglesi appaiono seriosi e concentrati sulla propria musica a dispetto della giovane età, “Visions Of Angels” fonde tematiche sentimentali, religiose e sontuosi suoni di tastiere destinati ad esplodere in un vorticoso crescendo. Altrettanto stupefacente è l’incastro di chitarra e piano su “Stagnation”, Steve Hackett non è ancora nella band ma le eleganti atmosfere folk sono già un marchio di fabbrica del gruppo. “Dusk” disegna atmosfere rarefatte e melliflue (“The scent of a flower, the colors of the morning, friends to believe in”), ma è con la conclusiva “The Knife” che i Genesis muovono il primo passo verso la leggenda. La traccia di chiusura è una lunga, marziale cavalcata in cui il chitarrista Anthony Philips (altro grande dimenticato troppo in fretta) anticipa il ruolo centrale della chitarra che sarà di Steve Hackett, con un lavoro sopraffino e un break tutto da ascoltare.

Al di là della indiscussa qualità di brani cui non fanno difetto tanto l'eclettismo quanto quel giusto pizzico di ingenuità, “Trespass” si presta a molteplici chiavi di lettura, tante quante le influenze che lo caratterizzano: lontani dal prog monolitico degli Yes e dalle velleità sperimentali dei King Crimson, i Genesis possono contare su altre qualità come le avvincenti linee vocali di Peter Gabriel, i testi a sfondo religioso o fiabesco, le atmosfere tipicamente inglesi, oltre a una tecnica di altissimo livello ma scevra di qualsiasi velleità autoreferenziale. Degna di nota poi la copertina con i suoi rimandi ai titoli dei brani, divertente escamotage cui tante bands si ispireranno in futuro. Questi erano i Genesis dell’era Gabriel e “Trespass” ne rappresenta, se volete, il delizioso antipasto.




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