Agalloch
The Serpent & The Sphere

2014, Profound Lore
Black Metal

Recensione di Marco Mazza - Pubblicata in data: 08/06/14

A confermare l’abitudine degli Agalloch di alternare EP e full-legth ecco che, dopo "Faustian Echoes" di due anni fa, si ripresentano con una nova release nel formato intero: "The Serpent & The Sphere". Una band ormai consolidata quella di Portaland, capace di muoversi con destrezza tra diversi generi come black, doom e neofolk, solo per citare i principali. Nessun lavoro è uguale all’altro nella loro discografia, ma non per questo gli Agalloch risultano senza equilibrio o identità. Tutto questo contribuisce a tenere alto l’interesse e la curiosità per ogni uscita, e l’ultima non fa eccezione.
 
"The Serpent & The Sphere" si può inserire, stilisticamente, nel centro di un quadrilatero formato dai precedenti capitoli: il black metal di "Marrow the Spirit", il doom di "Ashes Against the Grain", il neo-folk di "The Mantle" e il gothic di "Pale Folklore". Certo, catalogare in modo così netto i lavori degli Agalloch è un approccio quanto meno semplicistico, ma da un’idea su che cosa ci si deve aspettare dal nuovo prodotto. John Haughm e soci sembrano, per la prima volta e coscientemente, mettere da parte molta della voglia di sperimentare. Si focalizzano invece su loro stessi per cercare di realizzare un album che ha l’ambizione di essere il più raffinato, lucido e bilanciato mai creato dalla band. Interessante notare come in "The Serpent & The Sphere" un’altra delle poche costanti degli Agalloch venga abbandonata. Questa volta, infatti, il paesaggio che fa da sfondo alle composizioni non è più fatto di boschi e di fiumi, ma è costituito dall’intero cosmo: un modo per rendere più universali le riflessioni del vocalist sulla vita e sulla morte. Grossi obiettivi certo, ma che ne è del risultato?
 
La cosa più evidente rispetto a “Marrow the Spirit” è il calo dei ritmi complessivi. Il risultato è stato ottenuto soprattutto confinando le violente sfuriate alla batteria di Aesop Dekker ad alcuni episodi, come “The Astral Dialogue”. La dose di acustica complessiva aumenta con i due intermezzi strumentali, “Cor Serpentis (The Sphere)” e “(Serpens Cauda)”. Detto questo dimenticatevi di risentire la voce pulita di John: solo scream per lui in una release che abbonda di riff epici, vedi “Celestial Effigy” e "Dark Matter Gods”, con il loro oscillare tra black e prog. In generale quanto proposto da “The Serpent & The Sphere” è più che valido, ma non tutto è positivo. Sembra, infatti, che gli Agalloch abbiano perso parte della brillantezza del passato. Ai quattro manca qualcosa per essere a livello delle precedenti uscite, qualcosa che è sempre stato una delle armi vincenti del gruppo: imprevedibilità ed emozione. Già perché spesso le tracce sembrano scorrere troppo lisce. Episodi come la pseudo-doom “Birth And Death Of The Pillars Of Creation” o “Vales Beyond Dimension”, ma non solo, mancano di cinetica. Lo sviluppo su trame ripetitive non è una novità per la band, ma ora il tutto sembra troppo scontato. Questo rende l’ascolto monodimensionale e con poca profondità; il climax generale ne risente, le atmosfere sono poco suggestive e quindi meno coinvolgenti. “Plateau Of The Ages” è emblematica in questo senso: tredici minuti interamente strumentali con ben pochi scossoni emotivi, si riprende solo nei tre minuti conclusivi dal sapore post.
 
"The Serpent & The Sphere" è un buon disco ma la scarsa dinamicità lo rende il capitolo più appannato della discografia dei suoi autori. Difficilmente uno dei loro fan potrà trovare masterpiece come lo furono "Black Lake Nidstång" o "Not Unlike the Waves", e alla lunga potrà annoiare. Gli Agalloch hanno abituato molto bene i propri fan e, forse, è solo per questo che si sente la mancanza di qualcosa in un album su cui, altrimenti, ci sarebbe molto meno da obiettare.




Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool