Antimatter
Fear Of A Unique Identity

2012, Prophecy Productions
Alternative Rock

Recensione di Riccardo Coppola - Pubblicata in data: 22/02/13

Giunto come secondo lavoro dei ‘nuovi’ Antimatter, orfani del fondatore Duncan Patterson, "Fear Of A Unique Identity" è stato più volte annunciato come un punto di svolta nella storia della band inglese, ormai più che decennale. Correva infatti il lontano anno 1998 quando l’ex Anathema si dedicò anima e corpo, insieme al talentuoso ma fino ad allora semisconosciuto Mick Moss, a un progetto caratterizzato da un sound estremamente malinconico ma molto fine, dalle decise tinte elettroniche, sconfinanti quasi nel trip hop. Nel 2005, però, giunge il breakup: il bassista originario di Liverpool decide di occuparsi a tempo pieno della sua nuova creatura, gli Ion. Nel 2007 arriva infine "Leaving Eden", primo riuscitissimo album scritto dal solo Moss, caratterizzato da un sound interamente acustico, dal gusto cantautorale.
 
Dopo ben cinque anni di silenzio, soltanto parzialmente colmati dall’uscita della raccolta di rarities "Alternative Matter", Moss decide di pubblicare un lavoro che prende dichiaratamente le distanze dall’intransigente essenzialità del predecessore. Il songwriting si fa più corposo, appesantito da una sezione ritmica molto più decisa che in passato, da tempi più veloci, da una presenza massiccia di chitarre elettriche. Ci pensa subito l’opener “Paranova” a mostrare i denti: guidata per tutti i suoi sei minuti da una linea di basso insistita e martellante, risulta forse la canzone più immediata della discografia della band, con un ritornello avvincente e di facile presa, chitarre distorte e disturbate che fanno il loro ingresso verso la metà della canzone, incattivendola, perseverando nel prolungato finale. Questa nuova formula verrà ripetuta in parecchie canzoni nel prosieguo della tracklist, avvicinando le sonorità della band, talvolta, a quelle degli ultimi Katatonia (come in “Uniformed & Black”). Fanno un prepotente ritorno elementi caratteristici del sound degli esordi del duo inglese, carissimi a Patterson e di conseguenza banditi dalle prime composizioni successive al suo addio: una base pulsante di synth è la principale caratteristica di “Monochrome”, una  delicata voce femminile (dell’ospite Vic Anselmo) fa sovente il paio con quella di Moss, in quelli che sono gli episodi melodicamente meglio riusciti del lavoro. E’ invece una novità assoluta per la band quella di fare del disco un concept album, il cui tema principale è il conformismo e tutti i suoi effetti deleteri per l’individuo, raccontati ovviamente facendo uso di lyrics oscure e ben poco ottimistiche.

"Fear Of A Unique Identity" è un album formalmente impeccabile. Ben scritto, ben suonato, ben prodotto, con prestazioni vocali che sono come sempre di gran lunga superiori alla media. Ma fin da subito, e ascolti ripetuti non fanno che confermarlo, si ha la netta sensazione che sia andata perduta qualcosa della magia che la band aveva sempre posseduto: se tutte le tracce, prese singolarmente, mostrano una scolastica perfezione, si avverte nettamente la mancanza degli scatti emozionali che rendevano così vividi e toccanti i precedenti lavori, e si sprofonda in una fredda, asettica monotonia. Non è certo una novità che l’ascolto di un disco degli Antimatter nella sua interezza sia un’impresa che lascia boccheggianti, imploranti pietà. Ma se prima d’ora ciò accadeva per l’innata capacità del gruppo, autodefinitosi con pieno merito “the saddest band in the world”, di trasmettere con estrema efficacia sensazioni di malinconia e disagio all’ascoltatore, adesso avviene per un motivo ben diverso: la noia. 




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