Escape The Fate
I Am Human

2018, Better Noise Records
Metalcore

Recensione di Paolo Stegani - Pubblicata in data: 18/04/18

13 anni non sono pochi, tantomeno se si parla di sopravvivenza all'interno del mondo della musica. È quanto è passato dal 2005, anno di fondazione degli Escape The Fate che da allora, fra mille cambi di line up, si sono fatti portavoce del metalcore made in USA più puro e maggiormente legato alle radici, fra incisi di chitarra a 200 all'ora e ritornelli incisivi dagli accordi tipicamente pop.

 

Così come la formazione, allo stesso modo sono cambiati più volte lo stile ed il modo di comporre della band, che con questo sesto nuovo album "I Am Human" torna ad abbracciare le sonorità dei propri esordi in maniera quasi totale, senza mascherare il proprio intento. Ed eccoci catapultati ad inizio millennio, una traccia dopo l'altra, su quelli che tutti ricordiamo come i primi passi del genere. Il filo conduttore di questo lavoro in studio è infatti una melodicità ricercata, che si appoggia su giri di chitarra non sorprendenti ma non per questo poco efficaci. Non sempre, però. Ciò che sorprende maggiormente è infatti la prima parte dell'album, proprio per via dell'impatto iniziale, non prevedibile, con un poco convincente (specialmente sulle note di "Broken Heart" e "Bleed") alternarsi di materiale di buon livello e non. La title track, giusto a metà tracklist, ne è l'esempio perfetto: moderna ballad dai toni romantici, è una semplice pop song incattivita da qualche effetto sonoro di contorno, con un testo invece interessante in cui si dichiara la fragilità della condizione umana ed il bisogno di avere qualcuno accanto per riuscire a sopportarla. Interessante la successiva "If Only", non tanto per una particolare costruzione quanto per la sua natura completamente acustica, a spezzare la trama. Eccole, le canzoni giuste: "Empire" è un insieme di cattiveria e melodia perfettamente amalgamate, con quel tocco moderno che ad un album come questo serve eccome. Il problema sembra essere proprio questo: la difficoltà nel mescolare un sound moderno a canzoni che sembrano invece guardare maggiormente al passato. Lo stesso discorso vale per "Digging My Own Grave", con l'aggiunta di un canto in scream che, oltre a rendere onore al frontman Craig Mabbitt, si sposa perfettamente sia al duro riff principale sia alla (volutamente) inquietante cantilena centrale.

 

Tirando le somme, "I Am Human" si presenta come un capitolo godibile della saga Escape The Fate, dove però purtroppo l'impegno nella ricercatezza tecnica supera quello impiegato per la composizione: peccato, perchè laddove sussistono entrambi ci sono anche le vette delle classifiche. In questo caso, ci si accontenterà di qualcosa di meno, ma il risultato fondamentale si può considerare la grande attenzione che, comunque, questo album ha riportato non solo sulla band ma anche sul genere stesso, con quel tocco di sana malinconia che altri gruppi post hardcore/metalcore odierni provano definitivamente ad abbandonare.





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