Escape The Fate (Robert Ortiz)
Con "I Am Human" gli Escape The Fate si spogliano con l'intenzione di mostrare tutte le vorticose emozioni che li fanno uomini ed artisti. Un lavoro spontaneo e senza filtri, pronto a travolgere e coinvolgere. A parlarcene Robert Ortiz, batterista della band. 
Articolo a cura di Cristina Cannata - Pubblicata in data: 18/04/18
Si ringraziano Isadora Troiano e Federico Barusolo per la collaborazione. 
 
 
Ciao Robert benvenuto su SpazioRock.it! Come stai?

Ciao! Tutto bene, sono molto contento di essere qui a Milano. Abbiamo dei buoni amici qui, molto affezionati a noi.

Quindi quali sono le tue aspettative? Come saprai il pubblico italiano è molto energico e passionale...

Sì, molto passionale. Ed è questo che conta, non importa se sarà un pubblico grande o se saranno in pochi, importa la passione che ci mettono. Voi siete intensi, semplicemente lo sentite, lo amate. 

Parliamo adesso del vostro nuovo album "I Am Human". Me lo descriveresti utilizzando solo 3 parole? 

Penso di poterlo fare in modo piuttosto facile perché è tutto nel titolo: "I Am Human". Questo è decisamente il miglior modo di descrivere questo lavoro e il motivo di questo titolo è dovuto al fatto che vogliamo portarvi in viaggio con noi, nelle nostre vite. Ogni membro della band, individualmente, aveva il bisogno di dire qualcosa in questo album. Da cose come il racconto di una festa di notte tra ubriachezza e stupidità ad altre come problemi sentimentali, questioni che ci hanno spezzato il cuore. Per quanto mi riguarda ho dovuto affrontare la perdita di mio nonno recentemente. Ecco, abbiamo messo un sacco di emozioni nostre in quel disco, un sacco di posti in cui andiamo, paesaggi che vediamo. Per questo il modo migliore per descriverlo è il titolo.
 
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Beh credo che "I Am Human" sia un titolo che fa molto effetto, specialmente di questi tempi, in cui tendiamo ad essere tutti meno "umani" rispetto a prima. Cosa significa per te, personalmente?

Sono d'accordo con quello che dici. Penso che molte volte portiamo avanti relazioni false, molte volte ci incolliamo al cellulare, no? E quando noi della band abbiamo fatto un passo indietro per analizzare meglio le cose a cui teniamo nella nostra vita e trovare idee per il nuovo album, questo è stato il risultato. Mi ci sono sentito immediatamente legato, Craig dal lato suo ha fatto un lavoro magistrale. Per me significa molto, tutto viene messo in prospettiva e ci mette in forte connessione con le nostre emozioni. C'è molta creatività nelle melodie ed è stata questa la parte divertente del processo, diciamo, ma per me è stato tutto un viaggio davvero emozionante ad essere onesto. Non so se sia stato lo stesso per il resto della band, ma per me è stato così, quasi terapeutico.

"Empire","Broken Heart", "I Am Human" e "Do You Love Me?" sono i primi singoli che avete estratto dal nuovo album. C'è qualche ragione particolare dietro questa scelta?

Sì, certo. Gli Escape The Fate hanno di sicuro un sound preciso, ma, allo stesso tempo, fanno musica differente, cangiante, ogni pezzo è così unico... anche se a volte possono suonare un po' simili sotto certi aspetti. Ogni canzone è una storia a sè, alcune sono più semplici e orecchiabili, altre più pesanti e strane, con quel suono industrial fatto di elettroniche. Ecco, "Empire" è forse la più eccezionale da questo punto di vista, totalmente strana. Quindi abbiamo chiesto all'etichetta il favore di non buttarla fuori per prima, perché i nostri fan sarebbero stati certamente felici, ma anche leggermente intimoriti da un pezzo del genere. Quindi l'idea per il secondo singolo fu "Do You Love Me", sulla base dell'idea di buttare fuori qualcosa che fosse decisamente più nelle corde dei fan. Sai, con i riff di chitarra e cose così... qualcosa di più pesante, certamente, ma comunque con le sue emozioni. Non ero fan di quel pezzo all'inizio, ma poi mi ci sono davvero affezionato anche grazie alle reazioni della gente e al fatto che ci abbia permesso di legare ancora di più con i fan. "I Am Human" invece è molto forte e sapevo che sarebbe subito stata capita. Anche quando la eseguiamo dal vivo sentiamo una risposta più entusiasta dal pubblico e questo ci sorprende molto.
 
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Riguardo al sound, penso che ascoltando il nuovo album si senta qualcosa di più crudo e sincero, maturo in qualche modo. Ma sento ancora un'energia molto giovanile, la stessa che avevate agli inizi, quando vi mettevo in cuffia i primi anni del liceo, e ti assicuro che è passato del tempo. Ho torto? 

A dire il vero, credo che tutto ciò che tu abbia detto sia giusto. Ci sono due cose distinte da dire riguardo a questo album poi nella fattispecie. Abbiamo litigato molto tra noi riguardo alle idee sulla direzione che dovevamo prendere. A volte quando hai a che fare con l'etichetta e i produttori succede che si entusiasmino quando vedono una band diventare di successo, cosa normale. Può essere una band giovane o vecchia, o anche una band conosciuta che ha cambiato il suo sound... loro ti propongono sempre di prendere spunti che siano di successo da altri. Mi ricordo quando qualche anno fa la dubstep era di moda e tutte le rock band hanno avuto il loro periodo dubstep. Il nostro produttore ci disse che ne avevamo bisogno, che era ciò che andava al momento, ma non mi piaceva. Non mi piace e non capisco il perché la nostra musica ne necessitasse. Quindi sta volta siamo davvero tornati indietro e abbiamo fatto le cose in maniera più semplice. Come ti ho detto, volevamo tirare fuori le nostre emozioni, ma anche metterci quelle cose che ci facevano andare fuori di testa da ragazzini. Quando senti le parti di chitarra dovresti pensare "wow, questo è davvero figo", "questo assolo è pazzesco", "la batteria spacca". Abbiamo messo tutta la nostra innocenza nella nostra musica e chiesto al nostro pubblico "vi piace?". Non mi interessa delle hit, di quello che fanno le altre band. Non mi interessa di quello che fanno le pop-star, semplicemente non mi importa. Mi importa se vi piace la nostra musica. 

Ancora una domanda su questo tema, che riguarda la vostra etichetta. L'avete cambiata molte volte durante la vostra carriera, per varie ragioni. Secondo te quanto un artista deve adattarsi alle direttive dell'etichetta?

Come artista, parlando anche a nome del resto della band, lavorare con questa etichetta è stato particolare. Ci sono due modi di vedere questo tipo di rapporto: da un lato ci permettono di scrivere la nostra musica, ci dicono sempre di essere noi stessi e fare la musica che vogliamo ed è così che facciamo ma noi desideriamo anche che il tutto sia presentato in un certo modo, dalle canzoni al nostro aspetto. Quando rilasciamo una canzone vogliamo che sia fatto con un certo tipo di video, con un certo tipo di immagini, che il tour di promozione sia impostato secondo quanto abbiamo in mente, perché vogliamo appunto che tutto sia al meglio e secondo il nostro stile. Per noi è fondamentale, è come quando vai un appuntamento con una ragazza: puoi essere il miglior ragazzo al mondo ma se non ti presenti bene lei può pensare "Cavolo, questo tizio non mi piace!" (ride, NdR.). Questo è in pratica il motivo per cui spesso e volentieri non andiamo d'accordo con l'etichetta, ci sembra che loro a volte non capiscano fino in fondo ciò che vogliamo fare, altre invece siamo noi che dovremmo ascoltarli di più e dargli una possibilità ma siamo molto ostinati come artisti e vogliamo che tutto sia fatto a modo nostro. Per questo, come dicevo, è un rapporto un po' conflittuale a volte. 

Il vostro disco ha 14 tracce, un numero abbastanza cospicuo di canzoni per un album. Questo, a mio avviso, fa capire che da parte vostra c'è il desiderio di tornare prepotentemente nel panorama musicale e dire la vostra, comunicare qualcosa che avete  dentro...

Sì, è proprio così. In questo disco abbiamo messo tutti tantissima passione, ognuno in una canzone diversa. In una vera band non c'è mai una sola persona, siamo quattro persone che vogliono dire qualcosa che può non essere la stessa, per cui io voglio dire qualcosa con una canzone, Craig con un'altra eccetera. Quindi alla fine sappiamo che ci sono 5 o 6 canzoni che tutti noi amiamo, come gruppo, e poi ci sono altre canzoni sostenute, diciamo, solo da uno di noi e quella persona lotterà per farla inserire in tracklist. Così alla fine, invece di litigare, ci siamo detti "Ok mettiamole tutte, punto". Alla fine sono stato sorpreso che ce ne fossero così tante e avrei preferito, personalmente, che ne fossero state inserite di meno, ma a volte non si può sempre accontentare tutti, per noi l'importante è che piacciano ai fan.

La vostra line up è cambiata spesso negli anni, come ha cambiato il vostro processo creativo?

Ogni canzone è unica e ognuno di noi lavora in modo diverso. Ad esempio Thrasher (Kevin Gruft, NdR) è un gran lavoratore, molto creativo e produttivo, Craig invece è un po' come me, scriviamo e lasciamo lì per un po', poi ci torniamo su e capiamo se la canzone è buona o se fa schifo, dipende poi da canzone a canzone, a volte collabori con gli altri, altre fai tutto da solo e poi porti il tutto in sala prove per far prendere vita al pezzo con l'aiuto degli altri, non è un vero e proprio processo definito, a volte strimpelli la chitarra e viene fuori subito quello che volevi, altre volte ha un'idea in mente, magari per un testo e ci metti di più a concretizzarla. Alla fine non si sa mai come succederà, ogni canzone è un caso a sè. 

State lavorando con un produttore molto talentuoso, Howard Benson, che ha lavorato con voi anche per il vostro disco precedente. Qual è la lezione più importante che avete imparato da lui?

Sicuramente credere in noi stessi. Sappiamo cosa ci piace e lo seguiamo ma a volte ci torniamo su e non siamo più sicuri. Howard ci ha permesso di essere noi stessi e di crederci, ci ha permesso di fare ciò che volevamo ed è intervenuto dopo, per supportare una canzone o dirci che non era buona o selezionare le parti che gli sembrano funzionare e su cui continuare a lavorare e quelle da lasciar perdere. Ha molto orecchio e ci indirizza sempre bene ma facendoci sempre sentire apprezzati e sicuri di ciò che creiamo. 
 
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Per quanto riguarda l'artwork di "I Am Human", in copertina c'è una bilancia: un cuore e un cervello opposti l'uno all'altro. Da quale parte pende la tua bilancia e perché?

(Ride, NdR) Bella domanda! Vorrei dire sempre la mia mente, ma non è così tutte le volte, a volte seguo anche il cuore. Per me il cuore è molto egoista, il desiderio non è razionale per cui non è affidabile. Non devi preoccuparti di ciò che vuoi ma di ciò di cui hai bisogno, per questo bisogna scegliere la mente, il cuore in pratica è il diavolo. 

Nel 2013 abbiamo avuto la premiere del video di "Picture Perfect", dal vostro album "Ungrateful". Quali sono le 3 cose della tua carriera per cui sei grato?

Prima di tutto di fare questo mestiere, di vivere solo di musica senza dover fare un altro lavoro, del fatto che la musica mi permetta di provvedere a me stesso e alla mia famiglia, di tenere un tetto sopra le nostre teste e anche se a volte è molto stressante cerchiamo sempre di tenere duro e di non mollare. Un'altra cosa di cui sono grato sono i nostri fan che ci sostengono sempre, a volte sono tantissimi a volte pochi ma comunque sono lì per noi e ci permettono di fare questo lavoro. Avevi detto 3 cose? Ok, beh sono grato di poter viaggiare molto, vedere posti bellissimi, oggi ad esempio siamo stati al Cimitero Monumentale e abbiamo visto delle statue incredibili e poi affreschi, giardini. 

In Italia non ci mancano le cose da vedere anzi! Avete avuto modo di vedere altro a Milano oggi?

No solo il cimitero. So che non è molto...credo che TJ sia stato nella grande cattedrale...

Il Duomo!

Si esatto, noi invece abbiamo visto solo il cimitero ma è stato davvero fighissimo! Ah un'altra cosa per cui sono grato è poter suonare dal vivo, portare su un palco le mie creazioni ed esprimermi davanti a tanta gente, facendo provare loro qualcosa, influenzare le vite altrui. Prima davo molto per scontato la cosa ma ora quando mi dicono "Amico, mi hai fatto sorridere oggi!" mi sento davvero felice. Il fatto di essere la ragione della felicità di un'altra persona mi rende molto fiero e grato. 

Siete stati in tour con un sacco di grandi nomi del panorama musicale, uno di questi sono certamente i Papa Roach. Quali sono i ricordi migliori che avete con loro?

Torneremo in tour con loro in realtà, in aprile faremo insieme un tour per gli Stati Uniti. Il mio ricordo migliore con i Papa Roach è stato quando ho iniziato a passare più tempo con Jacoby allenandoci insieme: in pratica lui ha visto che anch'io mi allenavo come lui ed è venuto da me dicendo “Hey amico, ci facciamo una corsa insieme?” e così abbiamo corso 20 miglia insieme, non so quanti chilometri siano ma è un bel po'. A un certo punto volevo tornarmene indietro, abbiamo fatto circa due ore di corsa e abbiamo iniziato a parlare, siamo anche scesi molto sul personale e siamo al punto in cui lui sa cose di me ed io so cose di lui che nessun altro sa, siamo davvero entrati in connessione e tra noi è diventata una sorta di strana fratellanza. Per me è stato incredibile perchè ho sempre ammirato e rispettato Jacoby, l'ho sempre considerato una vera rockstar ed diventare suo amico così stretto è stato un privilegio per me. Parlare con lui di cose così profonde, cose che mi porterò nella tomba e non dirò a nessuno e aprirmi con lui su cose simili riguardo la mia vita, per me è stato incredibile. Ed è successo la primissima volta in cui siamo andati in tour insieme!

Si è davvero incredibile. Ok, grazie per il tuo tempo e se vuoi puoi lasciare un messaggio ai tuoi fan italiani e ai nostri lettori!

Ok, vorrei solo dire: ascoltate il nuovo disco e godetevelo e ci vediamo presto con il nostro tour qui in Italia, magari l'anno prossimo!




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