Death Angel
Humanicide

2019, Nuclear Blast Records
Thrash Metal

Dignitoso ma non esaltante l'ultimo lavoro dei thrashter californiani
Recensione di Matteo Poli - Pubblicata in data: 30/05/19

Bravi a surfare, infervorati dell'onda lunga, è bene cavalcarla fino alla fine. Reduci dai fasti del precedente lavoro "The Evil Divide", che a suo tempo definimmo semplicemente perfetto, i californiani Death Angel dovevano dimostrare al mondo di riuscire a eguagliare la compattezza, l'energia e l'estro del predecessore. "Humanicide" ci è riuscito? Sì e no.
A livello produttivo ed esecutivo, il lavoro si mantiene sempre su ottimi livelli: il sound è asciutto, pulito, luminoso, potente; appena un filo più presente nelle basse frequenze e sarebbe stato inossidabile. Chi scrive ha un debole per lo stile vocale di Mark Osegueda e l'intera band, con una formazione stabile e affiatata, assicura sempre prestazioni eccellenti in studio. La produzione è affidata al vecchio amico e sodale Jason Suecof (Audiohammer Studio), mentre il mastering è del leggendario Ted Jensen (Sterling Sound). Suggestivo l'artwork di copertina, affidato ancora una volta al talento di Brent Elliott White. La catena di montaggio della composizione è collaudata: il chitarrista Rob Cavestany elabora lo scheletro dei brani, poi si aggiungono le drums; poi, il bassista Damien Sisson lavora le incisioni di Rob e il tutto è coronato dal lavoro di Mark. In questocsenso, il songwriting non riserva sosrprese.


L'opener title track ci assale con tutta l'aggressività di una promessa rovente, che però nel seguito dell'album è mantenuta solo in parte. Il limite del lavoro non sta tutto nel songwriting, nella qualità delle singole canzoni, che si mantengono sempre a livello più che dignitoso, basti pensare alla trama di assalti e fughe di "Aggressor", alla carica di "Alive And Screaming", al crescendo di "The Pack", dedicata ai fan dei Death Angel in giro per il mondo, o l'afflato punk 'n' roll di "I Came For Blood". Per questa band vale un discorso analogo agli Overkill: gli ingredienti sono sempre gli stessi sebbene equilibrati in modo diverso, guardando ora al rock, ora al punk, sempre buttandosi a due piedi nel calderone metal. Per la prima volta nella sua carriera, la band fa enrare un piano in un brano, ma tranquilli, il resto è tutto nella norma di ventennali campioni del thrash. Sono brani efficaci se presi singolarmente ma non sembrano ben amalgamati nel lavoro complessivo e, in alcuni casi, una certa ripetitività non giova granchè all'ascolto. E poi, diciamolo, in un genere che mantiene una forte componente catchy, a volte si cattura, a volte meno. Si tratta di uno di quei non rari casi in cui la singola parte rende più della somma di esse e non dubitiamo che alcuni di questi brani possano meritare di entrare in qualsiasi futuro "The Best Of" della band, ma nel complesso del disco l'efficacia si perde un po'. Limite di disposizone, insomma, e non vuoto di ispirazione. in ogni caso, "Of Rats And Men" è la perfetta pietra tombale da porre (idealmente) su ogni essere meschino che ci contrasta nei nostri nobili intenti.


In conclusione, pur non potendo mettere "Humanicide" allo stesso livello del precedente; si tratta di una lavoro se non eccellente, certo dignitosamente sopra la media, e attendiamo con gioia di provare ancora una volta il valore della band alla prova del fuoco del live.





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