Con ormai quasi un quindicennio di storia alle spalle, i Long Distance Calling sono una realtà che non ha più bisogno di grandi presentazioni. Il quartetto di Münster ha infatti saputo ritagliarsi uno spazio preciso all'interno di un panorama, quello rispondente all'etichetta di post-metal, tra i più di nicchia esistenti. Un contesto ben delineato che ha guidato la band al costante perfezionamento del tecnicismo e della pulizia in cui "Boundless" (del 2018) ha finito per specchiarsi forse eccessivamente.
"How Do We Want To Live?" è la domanda che i LDC si pongono con la loro ultima release e la risposta appare molto chiara fin da subito. L'album si presenta infatti come un ambizioso concept in cui vi è una forte aspirazione a livello tematico di cui la musica è naturale riflesso. Si parla di tecnologia, di intelligenza artificiale e di quell'eterna dicotomia tra progresso e distopia, ma il punto di vista sembra essere quello di un futuro anteriore, come suggerito dalla copertina, apparentemente ispirata ad un vecchio manifesto sci-fi in uno stile che ricorda - ad esempio - l'ultimo artwork proposto dai Thank You Scientist. Anche i numerosi telephone vocals, ossia i frammenti parlati che sentiamo dal primo istante, conservano un sapore vintage, che aumenta la percezione dell'esponenziale crescita in potenza e varietà degli strumenti quotidianamente a nostra disposizione.
La struttura ricorrente è presto chiara fin dalla mini-suite "Curiosity", con la progressione elettronica che si poggia su una base drum driven per poi sfumare nel classico ed aggressivo tessuto chitarristico che contraddistingue i Long Distance Calling. La coppia di opener spinge ulteriormente le ambizioni del lavoro attraverso netti richiami al concept album per eccellenza, capolavoro di una delle band a cui i teutonici si ispirano maggiormente; parliamo ovviamente dei Pink Floyd e di "The Wall". Su questi oscuri rintocchi gilmouriani prende vita l'inno alla curiosità, inesauribile fonte primaria di spinta all'avanzamento tecnologico, nonché principale tratto distintivo della natura umana.
Il sound è alleggerito nella struttura e "sporcato", un po' in controtendenza rispetto alle ultime uscite della band, ma la scelta si rivela da subito azzeccata nell'accompagnare i viaggi tematici proposti attraverso le dieci tracce. La batteria di Janosch Rathmer è spesso cruda e violenta, quasi a spezzare l'utopia del mondo perfetto millantato dal continuo progresso tecnologico e riportarci alla dura realtà. Le chitarre squarciano l'atmosfera con fraseggi ed assoli più profondi e meno frenetici (a proposito di Gilmour...) e talvolta il malessere di fondo è efficacemente alimentato dall'introduzione del violoncello, protagonista nella riflessiva "Fail/Opportunity". "Beyond Your Limits" è, come da tradizione per gli LDC, l'unica traccia cantata del disco, in cui la voce di Eric A. Pulverich (dei Kyles Tolone) non sfigura nella cornice tradizionalmente post rock che strizza come sempre l'occhio ai Mogwai, padrini del genere.
Nel complesso "How Do We Want To Live?" è decisamente quell'album in grado di far fare un ulteriore salto di qualità ad una band come i Long Distance Calling. Il materiale registrato supera per songwriting tutto ciò che i tedeschi hanno saputo dire fino ad ora e trova finalmente uno scopo ultimo della sua sempre crescente qualità tecnica. Un disco che suona maggiormente progressivo nella concezione più pura del termine, che propone uno stile classico ed al contempo rinnovato e che si dimostra in grado di affrontare tematiche non propriamente nuove in modo comunque distinto ed efficace.