Miss May I
Rise Of The Lion

2014, Rise
Metalcore

Recensione di Roberto Di Girolamo - Pubblicata in data: 19/09/14

Trovarsi nel calderone di un genere tanto di moda fino a pochi anni fa non deve essere affatto facile. I Miss May I non sono una delle band aggregatesi al fenomeno metalcore al suo culmine, essendosi formati prima dell'esplosione della moda d'oltreoceano. Per le band più accorte è scontata la possibilità di cambiare o aggiungere caratteristiche favorendo la propria sopravvivenza, mentre per molti altri sarebbe più comodo tentare di arraffare quanto più possibile prima di essere irrimedibilmente dimenticati.

 

La band dell' Ohio non aiuta di certo con la propria proposta. Il semplice metalcore, se non mischiato con consistenti influenze provenienti da altri generi, non è altro che un insieme di soluzioni dogmatiche ormai già stra-abusate da innumerevoli formazioni. A discolpa dell'ensemble c'è da dire che, nonostante l' eccessiva omogeneità stilistica, sa offrire più di uno spunto di interesse.

 

L'impatto generale dei pezzi è buono e qualche partitura o riff, come quello di "Hero With No Name", riesce a colpire positivamente. Possiamo citare la melodica ma incisiva "You Want Me", caratterizzata da un refrain vincente, o ancora la bordata "Darker Days". Vi sono poi composizioni che mantengono l'impatto tentando però di innestare una maggiore ricercatezza armonica e melodica, come "Saints, Sinners and Greats".

 

La prestazione della band è consona alle richieste del genere, pur non arrivando ai picchi tecnici di formazioni connazionali come gli Unearth. Le vocals abrasive di Levi Benton sono appropriate e di buona fattura, anche se il cantato in clean del bassista Ryan Neff è ciò che caratterizza maggiormente le canzoni visti i numerosi appigli melodici. La produzione a firma Terry Date è naturalmente potente e adatta allo stile della band, anche se avremmo apprezzato delle basse frequenze meno confuse. Per fare un raffronto recente all'interno della discografia del produttore americano, "Sempiternal" dei Bring Me The Horizon suona decisamente più definito, nonostante l'utilizzo di accordature ancora più basse (e quindi difficili da gestire in fase di mixing) da parte della band britannica.

 

Gusti sonori a parte, "Rise Of The Lion" è un lavoro onesto e compatto, purtroppo afflitto da un già sentito approccio stilistico che smorza molti dei pochi guizzi che riesce a regalarci, relegando il disco nel limbo degli ascolti su cui non soffermarsi a lungo. Il maggiore innesto di influenze diverse permetterà al gruppo della "bella terra" di restare a galla, sperando magari in un ultimo colpo di coda da parte del genere di appartenenza.





01. Refuse To Believe
02. Lunatik
03. Gone
04. Echoes
05. You Want Me
06. Tangled Tongues
07. Hero With No Name
08. Darker Days
09. End Of Me
10. Saints, Sinners And Greats

Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool