Negura Bunget
Tau

2015, Prophecy Productions
Black Metal

Recensione di Alessio Sagheddu - Pubblicata in data: 17/03/15

“Ciò che ho amato innanzitutto della Romania è stato il suo lato estremamente primitivo. Non mancavano, certo, persone civilizzate, ma io preferivo gli illetterati, gli analfabeti.”

 

Dopo i suoi studi in tutta Europa e pur essendo stato naturalizzato francese, si è sempre scritto che Emil Cioran vivesse con il desiderio e il forte rammarico per non essere mai rientrato nella sua terra natia, la Transilvania. Ma perché abbiamo pensato al saggista rumeno per introdurre il nuovo lavoro dei Negură Bunget? Forse perché quel legame con la propria terra rivive nelle vene di questa band, chiamiamola affinità nazionale. Abbiamo pensato a lui sostanzialmente perché ricordavamo lucidamente questa sua frase rilasciata in un’intervista in cui parlava anche della sua giovinezza. Ricordavamo quell’aggettivo, primitivo, che ad ascolto ultimato ha concretizzato l’intero flusso di questa recensione. Tău, ritorno discografico del quintetto rumeno è proprio questo, in solo aggettivo: primitivo. 

 

Dopo varie vicissitudini con i precedenti membri, la band, ora sotto la guida di Negru (unico superstite della line up originale) sembra aver trovato la serenità, un risveglio ancestrale quanto primitivo, qualcosa che ha riportato ogni tassello al suo posto, senza sconvolgere ma neanche ricalcare vecchie strade. Sì, perché che si parli di concept, lirismo dei testi o spettro sonoro tutto fa pensare a qualcosa che vuol rinascere dalle ceneri nel più forte e semplice dei modi. Ma andiamo con ordine: il concept che affianca la musica di “Tău” fa parte di una trilogia iniziata proprio con quest’uscita in cui si cerca di affrontare le profondità sinistre quanto naturali di una terra come la Transilvania, sempre viva sotto il segno di un folklore conosciuto in tutto il mondo. All’edizione speciale dell’album viene anche allegato un booklet di ben 72 pagine, un modo per sentire e quindi anche visualizzare quelle che sono le lande ed i paesaggi rumeni descritti in musica (in passato foglie ed altrettante edizioni speciali strutturate anche in legno, la coerenza stilistica). Per quanto riguarda i testi e le musiche, in realtà, la via percorsa della band è una e una soltanto ovvero testi tradizionali in lingua madre scritti di proprio pugno ma anche vecchi tomi folkloristici rispolverati per l’occasione; riprendiamo nuovamente anche l’aggettivo di cui sopra per descrivere quella che è la vera scoperta, infatti se prima di base era black metal, oggi, l’irruenza di quest’ultimo viene ripresa quasi come un contorno, delle volte anche annacquato e atmosferico che racchiude altri strumenti di tutt’altro stampo musicale (xilofono, il corno, dulcimer, flauto di Pan, tra gli altri) per poi magari riapparire attraverso alcune guest, dall’ex Mayhem, Rune Eriksen a Sakis Tolis (voce nel brano "Tarim Vilhovnicesc"), per esempio. Tutto, fin dai primi minuti risulta primitivo e spontaneo,  alcune volte grezzo, altre leggero ma forte nella sua voglia di riscattarsi e soprattutto non seguire per forza quel cammino che aveva fatto la fortuna degli esordi: ci pensano l’inusuale “La Hotaru Cu Cinci Culmi” e gli sprazzi sempre folkloristici ma con un fondo di modernità (“Tarîm Vîlhovnicesc”) per poi subissare nella tagliente ritmica danzereccia di un brano come “Împodobeala Timpului”.

 

Insomma, senza se e senza ma, Negru accompagna i suoi Negură Bunget in una riscoperta personale e musicale e lo fa senza includere per forza l’elemento “metal”, prediligendo invece quello che alla fine è proprio il concept intrapreso: una primitività priva di legami di sangue con ciò che la band è stata in passato e a favore quindi di una sincerità musicale legata a paesaggi crepuscolari ma intensamente personali.




01. Nametenie
02. Nzbucul Galbenei
03. La Hotaru Cu Cinci Culmi
04. Curgerea Muntelui
05. Tarîm Vîlhovnicesc
06. Împodobeala Timpului
07. Picur Viu Foc
08. Schimniceste

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