Orphaned Land
Mabool

2004, Century Media Records
Folk Metal

Recensione di SpazioRock - Pubblicata in data: 28/11/16

Articolo a cura di Icilio Bellanima 

 

Sei anni di lavorazione per questo "Mabool" degli Orphaned Land. Sei anni duri, interminabili, a cavallo tra due millenni, in un'era in cui il metal vedeva i suoi vecchi dèi cadere e lasciar spazio a una nuova generazione, a nuove filosofie, nuovi approcci che inondarono scricchiolanti fondamenta con la stessa potenza di un Diluvio Universale. Un paragone usato non a caso: la punizione biblica è parte integrante e triste epilogo dell'affascinante concept alla base del terzo opus del combo israeliano (già autore degli splendidi "Sahara" ed "El Norra Alila"), una storia intrigante sulla nascita delle tre principali religioni monoteiste, carica di simbolismo e dannatamente attuale, oggi come allora, in grado com'era e com'è di aprire gli occhi su una situazione internazionale delicata, scandita da guerre e terrore nel nome della Fede.

 

Un racconto narrato attraverso 12 tracce intense, che ben poco conservano del death/doom degli esordi. Una sensazione tradita dalla cura e complessità degli arrangiamenti, dalla vena progressive via via più preponderante, che deflagra in tracce come "Norra El Norra" (in cui Oriente e Occidente, purtroppo solo musicalmente, si stringono in un abbraccio) o la poderosa "Halo Dies (The Wrath of God)", dal sapiente (ab)uso delle tastiere e del pianoforte, così come degli strumenti a corda e delle percussioni tipicamente orientali, qui perfettamente integrati nel riffing e nei suoni rocciosi delle chitarre. A rendere "Mabool" una vera gemma è il suo essere un sublime crocevia di influenze, la cui natura pare quasi fare il paio con l'incontro-scontro religioso alla base del concept: si passa da evocativi cori in latino a potenti assoli, da suadenti sezioni à la "Mille e una notte" ("Building the Ark" ne è un esempio lampante) ai nervosi violini della title-track, l'apice della narrazione in cui gli Orphaned Land dipingono l'abbattersi della tremenda punizione sull'umanità peccatrice, noncurante degli avvertimenti dei messaggeri divini.

 

E poi c'è il pazzesco lavoro di Kobi Farhi, talentuoso e carismatico singer: profonde e solenni spoken word che trascinano in avanti il racconto, linee vocali mai banali e liquide, in continuo cambiamento, merito di un estensione vocale eccellente e di un'estrema disinvoltura nell'alternare il cantato pulito ad un aspro growl, grazie al quale sottolineare i frangenti più intensi e metal dell'opera.

 

A separare "Mabool" della perfezione sono le chitarre (unico neo in una produzione generale tutto sommato ottima), per nulla amalgamate con i restanti strumenti, e dei momenti di noia pensati per tirare il fiato tra un vortice di emozioni ed influenze e l'altro, che però allungano inutilmente il brodo e, dopo ripetuti ascolti, tendono ad annoiare. Nulla però in grado di scalfire un vero diamante, che lascerà indifferenti tutti quegli ascoltatori poco inclini a certe suggestioni musicali di stampo puramente mediorientale, ma che coinvolgerà tutti gli altri.





01."Birth of the Three (The Unification)"
02."Ocean Land (The Revelation)"
03."The Kiss of Babylon (The Sins)"
04."A'salk"
05."Halo Dies (The Wrath of God)"
06."A Call to Awake (The Quest)"
07."Building the Ark"
08."Norra el Norra (Entering the Ark)"
09."The Calm Before the Flood"
10."Mabool (The Flood)"
11."The Storm Still Rages Inside"
12."Rainbow (The Resurrection)"

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