The Pretty Reckless
Who You Selling For

2016, Razor & Tie
Hard Rock

Recensione di Eleonora Muzzi - Pubblicata in data: 09/01/17

Avranno avuto una spintarella data la carriera ben avviata di Taylor Momsen? Non è dato sapere, ma ciò che sappiamo è che i The Pretty Reckless sono ormai giunti al terzo album e la Momsen è dal 2012 che non recita, stando almeno alla bibbia Internet Movie Database. La dolce bambina protagonista del film "Il Grinch" s'è data all'hard rock, e forse aiutata dalla propria fama personale, la band da lei fronteggiata ha ormai spiegato le vele e viaggia da sola nel mare perennemente agitato e irto di scogli che è il music business. E la navigazione pare, per ora, abbastanza tranquilla.


"Who You Selling For" è il seguito praticamente diretto di "Going To Hell", uscito nel 2014. Sono passati due anni, ma la sostanza è quella, un hard rock pulito, a tratti blueseggiante, una sorta di versione un po' meno aggressiva dei compatrioti Halestorm ma con testi più sporchi, cupi e a tratti malinconici (vedi brani come "Just Tonight").
Questo nuovo album non cambia la formula, ma continua spianato su una strada che sembra un'autostrada dritta e perfetta con asfalto drenante su cui puoi correre sparato anche con la neve che cade fitta, ma attenzione alle buche. L'hard rock è un genere che spesso viene additato come "semplice", ma saperlo fare per bene è dura. Troppo facile cadere nelle ripetizioni, nel già sentito, nel già fatto, visto rivisto e nella noia.
"Who You Selling For" infatti rischiava, come terza uscita per la band, di finire in quella categoria in quanto esso non si discosta per niente dalle due uscite precedenti, eppure riesce ad ergersi nel mare magnum del genere assieme agli altri tre. Non brilla di luce propria, questo no, ma non è nemmeno la solita zuppa che troppo spesso ci è stata rifilata. Seguendo bene i canoni di un genere che ormai da quarant'anni (e anche più) solletica i nostri padiglioni auricolari ma inserendo qualche dettaglino qui e lì per modificarne un po' la formula, i Pretty Reckless, forti di un comparto ritmico eccellente, non cadono, ma salgono sempre più verso vette qualitative non indifferenti. Certo, di questo passo non rivoluzioneranno mai un genere che un po' di polvere negli anni l'ha presa, ma allo stesso tempo non verranno facilmente ricoperti dalla stessa e dimenticati così presto.


Di facile ascolto ma a tratti molto profondo, soprattutto a livello testuale, è un disco che, per quanto non sia così diverso dai precedenti, segna un certo passo in avanti per la band che inizia ad avere sempre di più un'identità propria e comincia anche ad essere nota non solo come "la band di Taylor Momsen" ma come The Pretty Reckless e basta. Già dall'opener si sente che qualcosa è cambiato, non in maniera radicale, ma c'è comunque un filo conduttore che per ora li sta portando in posti altolocati, sia come posti dove effettivamente la band suona sia come posti in classifica e voti della critica. Il singolo "Take Me Down" è una hit bella e buona, e "Back To The River", con ospite Warren Hayes, svetta a metà tracklist e potrebbe tranquillamente essere considerata il punto più alto del disco, assieme a "Oh My God", che col suo ritmo incalzante, il distorto delle chitarre che rende tutto più sporco e la voce graffiante della Momsen ti entra in testa e provaci a non cantarla come se non esistessero altre canzoni sulla faccia della terra.


Se siete fan della band apprezzerete di sicuro. Se non lo siete ma vi piace il genere, soprattutto le sue declinazioni più moderne e vi approcciate per la prima volta ai The Pretty Reckless, rischiate di innamorarvi perdutamente della band. In ogni caso, ce n'è un po' per tutti. E quel po' che vi danno, è come il vostro piatto preferito, accompagnato da un buon vino (o birra se preferite). Vorreste non finisse mai.





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