Whitesnake
Come An' Get It

1981, EMI
Hard Rock

Recensione di Luca Ciuti - Pubblicata in data: 24/12/13

Se qualcuno provasse a chiedere a quella buon anima di David Coverdale quale sia il suo disco preferito degli Whitesnake, egli vi risponderebbe senza indugio “Come An' Get It”. “E’ di gran lunga il nostro disco migliore in termini di songwriting, performance  individuali e di gruppo. E’ il nostro Sgt. Pepper” ha dichiarato il frontman a riguardo, pochi anni orsono e il riferimento ai Beatles non è casuale. All'epoca la band era reduce dal successo di “Ready And Willing” e il successivo “Live…In The Heart Of The City” aveva raggiunto la top 5 inglese. Le sessions di “Come An' Get It” partono sul finire del 1980 presso gli Startling Studios di Ascot, nel Berkshire, di proprietà di Ringo Starr e in precedenza già dimora di John Lennon. L’idea di registrare nei luoghi dove Lennon aveva composto “Imagine” pareva suggestiva, ma i punti di contatto con i Fab Four terminavano qui. Gli Whitesnake avevano gettato un ponte fra l’hard rock degli anni ’70 e quello patinato degli ’80, e si apprestavano a scrivere l’ennesimo capitolo riuscito di una storia che avrebbe riservato non poche sorprese, da lì a pochi anni.

Di tutte le formazioni del serpente bianco, quella di “Come An' Get It” è, musicalmente parlando, la più ancorata al decennio precedente. Accanto a Coverdale presenziano altri due ex Deep Purple, Jon Lord e Ian Paice, mentre l’anima blues è rappresentata dalle chitarre gemelle di Micky Moody e Bernie Madsen. Una line-up schiacciasassi che ancora oggi fa venire i brividi solo a nominarla. “Come An' Get It” è la fotografia di una band in stato di grazia alle prese con un verace blues rock focalizzato, come sempre quando si tratta di Coverdale, su quel mondo variopinto che gira attorno al basso ventre. La title track che apre il disco, “Would I Lie To You”, “Child Of Babylon” sono vibranti hard rock di derivazione Purpleiana conditi di blues. E se “Lonely Days, Lonely Nights” potrebbe sembrare una efficace rivisitazione di “Mistreated”, discorso a parte merita “Don’t Break My Heart Again”, brano ormai insostituibile nei live sets del serpente bianco. La ritmica pulsante, il riff di Hammond, il solo di chitarra, la voce imperiosa di Coverdale che suona la carica, sono gli elementi di un brano che a distanza di anni continua a far scapocciare i rockers di mezzo mondo. Divertimento allo stato puro, come il boogie rock schizzato di “Hot Stuff”, su cui Jon Lord riesce a fare praticamente quello che vuole, oppure il divertissement di “Wine, Women & Song”. E’ la malcelata passione di Coverdale per i Led Zeppelin il motivo di “Hit n’Run”, un interessante esperimento in cui micidiali riffs di slide guitar si incrociano su una ritmica incalzante. L’ombra del dirigibile si allunga fino alla conclusiva “ ’Til The Day I Die”, aperta da una sequenza di arpeggi acustici che sfociano nell’ennesimo, trascinante hard blues.

“Come an' Get It” irrompe nelle classifiche britanniche al numero 2 trainato dal singolo “Don’t Break My Heart Again”. Per gli Whitesnake arriverà un tour nelle grandi arene coronato da 5 serate sold out all’Hammersmith Apollo di Londra e dalla partecipazione al Monsters Of Rock di Donington, ma il meglio dovrà ancora venire. La storia dell’hard rock passa inevitabilmente dai solchi di questo disco per cui, mai come in questo caso parafrasare il titolo diventa un atto dovuto: venite a prendervelo!




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