Bene, oggi fa estremamente piacere constatare come la soluzione più semplice al "problema" della Welch si riveli essere effettivamente anche la più efficace: per innestare finalmente il turbo, la Machine in questo "How Big, How Blue, How Beautiful" confeziona un motore smaccatamente rock, e copre tutto di una carrozzeria verniciata con le cromature ed i colori consoni alla sempiterna fascinazione dei ‘70s subita dalla cantautrice londinese. Che sia il nervo dei Fleetwood Mac - che su una barca di fresca ed energica melodia ("Ship To Wreck") te li ritrovi poi a giocare con variazioni di tempo su un Olimpo di cori e background vocals ("Deliah") - oppure il sinfonismo ed il ritmo disco di una Gloria Gaynor (meravigliosamente riletti con un'intensa base rock elettrica su "Queen Of Peace"), quando non l'omaggio alla madre spirituale dell'ispirazione di Florence Janis Joplin (la chiusura di "Mother") o la tipica canzone alla The Killers scritta ed interpretata come se dietro ci fossero gli ABBA ("Third Eye"): tutto in questo inciso sa di zampa d'elefante, flower power hippie, colori meravigliosamente kitsch e vaporosi capelli al vento.
Non solo: altra caratteristica peculiare di questo terzo disco in carriera di Florence + The Machine è il suo essere estremamente musicale. Troverete su "How Big, How Blue, How Beautiful" qualsiasi strumento creato dall'uomo prima dell'avvento dei synth e - ad eccezione delle rotonde morbidezze in arrangiamento sul sabbioso country crepuscolare di "Long & Lost" e sulla contemplativa "St. Jude" - tutto questo suonerà tremendamente analogico, una linfa vitale utilizzata, peraltro, in un modo assolutamente non convenzionale. Per spiegare meglio il concetto, si prenda una "Caught": un organetto qualsiasi in un punto a caso del brano sarebbe stato tanto funzionale e perfetto, quanto deleterio nel rendere la composizione l'ennesima copia sbiadita di "A Wither Shade Of Pale"; invece, la Machine utilizza un'esotica fisarmonica, e questo rende tutto ancora più brillante ed entusiasmante. E' solo uno dei tanti momenti che si potrebbero citare con l'ennesima funzione galvanizzante fornita dall'arrangiamento alle melodie (provate a sentire gli ottoni: li vedrete comparire quando meno ve li aspettate, e sempre usati in un modo a dir poco unico e singolare); ciò che conta scrivere, a questo punto, è piuttosto l'esito dell'operazione: per essere un disco ‘70s, suona tremendamente fresco ed attuale grazie a soluzioni figlie della più moderna schizofrenia consapevole.
Abbinata a tale caratteristica portante, per far sì che "How Big..." si possa fregiare del titolo di assoluto capolavoro della musica contemporanea quale è, non possiamo non citare la qualità della scrittura: non solo il disco non conosce un singolo momento di calo della qualità melodica, ma nel suo essere tremendamente radicato nella realtà emotiva del quotidiano, risulta vero come non mai. Dimenticatevi l'acqua, la morte e l'algida seriosità e stucchevolezza degli scorsi cerimoniali: Florence qui guarda alla sua emotività alla deriva, ed iddio solo sa quante volte abbiamo visto le cantautrici rifiorire nell'arte nel momento in cui le loro vite sentimentali vanno totalmente allo sbando, ma è sempre bello constatarlo anche qui, per l'ennesima volta. Il "miracolo Lykke Li" che ritorna anche in questo 2015, su testi sferzanti cantati con un'energia che - e sembra paradossale scriverlo su una Florence Welch che del suo giunonico tuono vocale ha costruito il trademark di un'intera carriera artistica - risulta più intenso che mai rispetto al passato. Perché vero e vivo, come l'anima musicale del disco.
E per capire quanta verità si cela dietro queste parole, a dir poco illuminanti le bonus track dell'edizione digipack deluxe oggetto di questa recensione: nelle 3 inedite non troverete brani scadenti, affatto. Semmai, "Hiding", "Make Up Your Mind" e "Which Witch" sono relegate a bonus per il loro essere troppo simili alla Florence del passato (con tanto di arpa sempre in primo piano), e nel contempo le demo della titletrack e di "Third Eye" ci fanno capire come dall'idea iniziale della Welch, la Machine abbia operato, con certosina pazienza e dedizione, a costruire quell'impalcatura sonora che rende il disco così strabiliante.
Non sappiamo se "How Big..." è destinato ad entrare nella storia della musica come il voto sotto dovrebbe lasciar intendere, ciò che è certo è che in un'epoca di estrema evanescenza musicale, fatta tutta di cloud, files e streaming, questo è una di quelle rare opere che ha unicamente senso possedere nell'edizione più fisica possibile. Perché musica così ben suonata, ben scritta, ben interpretata, capace di farti innamorare da subito e di migliorare l'intimità ascolto dopo ascolto, è cosa estremamente rara nell'Anno Domini 2015 e merita un degno feticcio verso cui indirizzare la propria devozione.
Altro che costruire una nave destinata allo sfracello: con questo disco Florence Welch non solo acquisisce di diritto il titolo di artista femminile di riferimento dell'attuale scena inglese (sì, passando anche oltre le facilonerie soul di una Adele), ma produce un'opera su cui testare, con deliziosa soddisfazione, il nostro amore per la musica, indipendentemente da generi, panorami, scene, ed hype; tutti confini limitanti che "How Big.." sa abbattere in modo estremamente naturale.
E se non è la definizione di un classico questa...