Quando i Rolling Stones si ritrovano davanti alle scelte che hanno contribuito a procurare da parte di Mick Taylor e le subiscono, i loro equilibri ne escono danneggiati; soprattutto Richards è fortemente spiazzato, per di più in un momento in cui per lui a livello personale quasi tutto è difficile e confuso, e Jagger è sempre più insistentemente tentato dall’idea di un suo cammino separato. In una situazione felicemente instabile si trova anche Ronnie Wood, probabilmente più abituato a una vita incerta e nomade, in perenne cambiamento, visto che viene da una famiglia di gitani di battello, sempre in movimento fra fiumi e canali inglesi.
Wood sceglie la carriera di musicista professionista quando è ancora minorenne e a soli vent’anni è già un membro del Jeff Beck Group, anche se per diventarlo deve accantonare la chitarra al cospetto di Beck e dedicarsi al basso. Dopo due album con loro torna al suo strumento e, assieme a Rod Stewart ed altri membri dei dissolti Small Faces, nel 1970 si unisce ai Faces con cui pubblica quattro album, uno per anno, a segnare un periodo molto fertile e intenso della formazione londinese. Ma Stewart ha una personalità troppo carismatica ed esplosiva per rimanere confinata all’interno del gruppo, cerca e ottiene un proprio spazio personale spingendo anche Wood a fare lo stesso.

Questa mutazione degli Stones, quella definitiva, in realtà non fu tanto facile né veloce; la registrazione di “Black And Blue” a Monaco richiese due anni, interrotta per mesi dai tanti problemi portati soprattutto da Richards. L’album ne risente infatti e si identifica come il tipico lavoro di passaggio, che va da suoni e scelte distintive del periodo precedente influenzato da personaggi come Billy Preston, a un germinale ritorno verso il blues e la matrice originaria della formazione; il titolo è la sintesi perfetta di questo momento. I veri Rolling Stones quindi tornano solo nel 1978 con l’album successivo, “Some Girls”; è qui che Richards riprende e sviluppa con Wood l’intreccio, la miscela armonica e ritmica delle chitarre che sono il tratto unico e originale della sua musica, in brani inconfondibilmente propri come “Beast of burden”. Questa nuova e ritrovata felicità espressiva dona al gruppo una serie di lavori in sequenza, tutti legati fra di loro sotto il segno della medesima intenzione musicale; “Emotional Rescue”, “Tattoo You”, “Undercover” e in calando fino a “Dirty Work”. Dopo una pausa nel 1989 il gruppo ritorna, sempre accolto da un’atmosfera di inattesa ed insperata riunione, con “Steel Wheels” e poi, con ritmo sempre meno serrato, verso lavori con maggiori influenze ed indulgenze a timide espressioni più pop come in “Voodoo Lounge”, “Bridges To Babylon” e “A Bigger Bang”.
