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Dark Tranquillity – Endtime Signals

I Dark Tranquillity non hanno certo bisogno di presentazioni. La storia parla per loro. Una storia ormai di oltre trent’anni di carriera che ha contribuito a far nascere e successivamente a rinnovare il death metal melodico di scuola scandinava, quel Göteborg sound che di fatto, da sottogenere del metal si è sviluppato ed espanso in maniera univoca e scintillante, sino a diventare un vero e proprio riferimento musicale. Questo anche grazie ovviamente a gruppi geograficamente molto vicini, come At The Gates ed In Flames, che assieme ai Dark Tranquillity hanno saputo alimentare questa scena che sin dagli inizi è sempre rimasta notevolmente fertile, oltrechè rispettata e seguita. Creare un genere vuol forse anche dire avere la possibilità di plasmarlo e modificarlo più o meno direttamente nel corso degli anni, e si può dire che i Dark Tranquillity sin dai loro esordi, hanno avuto la capacità di trasformarsi e rinnovarsi a seconda degli anni e del periodo vissuto. Diversi album con caratteristiche molto peculiari, dagli inizi con “Skydancer”, passando per “Projector”, da “Fiction” ad “Atoma”, ma sempre con un comune denominatore e quell’anima passionale ed oscura che si è sempre sviluppata attraverso la voce ed il carisma di un frontman con pochi eguali nel metal, quel Mikael Stanne perno di tutto ciò che ruota attorno alla band.

Stanne che ad oggi rimane colui che tiene insieme le varie parti di una line up che negli ultimi anni ha subito parecchi scossoni, e non di poca entità. Questa fase non è certo passata in secondo piano, ed è stata forse la causa principale di un alone di sfiducia e di preoccupazione che aleggiava in questo ultimo periodo, in maniera non troppo accennata, anche alla luce dell’ascesa di un gruppo come i The Halo Effect, anch’essi sotto la guida di Mikael Stanne, che sembrano essere la moderna reincarnazione di ciò che gli In Flames ed i Dark Tranquillity, certo per motivi differenti, ormai non sono più. Non si può però dire che gli ultimi lavori dei Dark Tranquillity siano stati spenti o poco ispirati: “Moment” ed “Atoma” hanno sì pagato lo scotto di una line up poco stabile ed in continua modifica, ma sono altresì lavori con determinate peculiarità sonore, e per certi versi, per quanto sicuramente lontani dalle produzioni di 10-15 anni fa, rimangono padroni di una loro identità precisa. Sulla risposta dei fan, c’è da dire che rimangono lavori che avevano probabilmente diviso, ma bisogna rimarcare comunque che anche nel 1999, un capolavoro come “Projector” aveva creato qualche dissenso. Alla luce di tutte queste considerazioni, e consapevoli comunque che la band di Göteborg è rimasta sempre saldamente ancorata ai suoi principi, il tredicesimo album in studio dal titolo “Endtime Signals” era certamente un lavoro molto atteso e che destava notevole curiosità.

L’album si presenta molto vario e ben bilanciato, una sorta di mix tra l’aggressività dei primi lavori, ed un approccio melodico e più “moderno” che aveva caratterizzato le ultime tre pubblicazioni, mantenendo però quell’alone oscuro e malinconico ma enfatizzandone, per buoni tratti, la componente aggressiva, con un’ottima prova della nuova sezione ritmica formata da Christian Jansson al basso e Joakim Strandberg Nilsson alla batteria, che forniscono nuova linfa vitale ad un gruppo che rimane capitanato da Mikael Stanne, anche qui guida e punto di riferimento imprescindibile. L’inizio è con il botto con “Shivers and Voids”, che è capace di colpire nel segno sin dal primo ascolto, brano completo e dal piglio malinconico. Si alternano poi pezzi feroci, come lo sono “Neuronal Fire”, “Unforgivable” e “Enforced Perspective”, che richiamano molto gli esordi con un sound violento e primordiale. “Not Nothing” è una perla, che rimane decisamente ancorata al periodo di “Atoma”, ma che sviscera sensazioni profonde e vive, con l’alternarsi tra growl e cantato in clean, che Stanne riesce a padroneggiare in maniera eccelsa, in un’altalena di emozioni davvero uniche.

Travolgente e con interessanti cambi di ritmo è “Drowned Out Voices”, dove si apprezza ancora di più l’ottimo lavoro di Johan Reinholdz alla chitarra, con una prova di personalità che si ritroverà in tutte le tracce dell’album. La ballad “Out Of Is Gone” rimane estremamente toccante, lasciando trasparire quello spirito malinconico e di cupezza dell’album. Un brano ancora più speciale perchè dedicato all’ ex chitarrista dei Dark Tranquillity Fredrik Johansson, scomparso nel gennaio del 2022, un degno e commovente tributo della band ad uno dei membri che aveva scritto le prime ed indelebili pagine del gruppo sino al 1999. Si prosegue tra la potenza di “The Last Immagination”, che si sviluppa tra riff granitici e parti di tastiere in primo piano, incontrando poi  l’atmosfera e la teatralità di “Our Disconnect” e le linee più moderne di “Wayward Eyes”, con l’alternanza tra growl e clean vocals, giungendo senza cali di ritmo verso la fine dell’album. “A Bleaker Sun” parte diretta e malvagia nella prima parte, salvo poi sterzare in un’apertura più melodica nel chorus, in questa alternanza vincente, dove è comunque l’aggressività a fare da padrona. Si chiude con “False Reflection”, altra ballad che rimane figlia del periodo di “Atoma”, che sa comunque lasciare il segno tra passaggi lenti e sensazioni malinconiche.

Un disco ben suonato, maturo e tutto sommato variegato ed ispirato. Quasi una sorpresa per chi poteva pensare ad una band in fase calante, forse stanca dopo tanti anni, o forse distratta da mille progetti paralleli e poco coesa a causa di tante nuove pedine in gioco. Nuovi membri che in realtà sono stati capaci di portare qualcosa di nuovo, aria fresca dove ve n’era bisogno, sempre sotto la guida di un Mikael Stanne che rimane un gigante dietro il microfono e che ha probabilmente anche la capacità di riuscire a guidare l’intera band da solo, grazie al suo carisma e alla sua personalità – oltre che un timbro vocale unico nel suo genere, perfetto nella gestione di growl e clean vocals. Riuscire a pubblicare un album del genere dopo tanti anni e tante vicissitudini è qualcosa che solo i grandi sanno fare, e con piacere possiamo certamente inserire questo “Endtime Signals” tra le migliori produzioni recenti della band – e sicuramente  tra i migliori album di questo 2024. Il Göteborg sound rimane più vivo che mai, e i Dark Tranquillity con questo lavoro eccelso rimangono i padri di questo genere che non dà alcun segnale di cedimento o debolezza.

Tracklist

01. Shivers and Voids
02. Unforgivable
03. Neuronal Fire
04. Not Nothing
05. Drowned Out Voices
06. One of Us Is Gone
07. The Last Imagination
08. Enforced Perspective
09. Our Disconnect
10. Wayward Eyes
11. A Bleaker Sun
12. False Reflection

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