Nonostante l’aria già primaverile, il freddo delle lande oscure avvolge le nostre orecchie.

Astriferous – Pulsations From The Black Orb (Me Saco Un Ojo Records/Pulverised Records)

Se i telescopi della NASA rilevassero qualcosa di deforme e malevolo in rotta di collisione con la Terra, niente panico, perché i suoi pulviscoli si depositerebbero direttamente nelle nostre orecchie, generando, per gli amanti del death metal, sensazioni di immensa delizia. L’esordio degli Astriferous, “Pulsations From The Black Orb”, è un raro e meraviglioso ibrido di brutalità e intelligenza, nel quale la lezione dei Demilich e dei Morbid Angel viene riletta attraverso le lenti del thrash e del doom più diabolico, con sezioni iperfrenetiche ad alternarsi a mid-tempo di arcana origine interstellare. Al tutto si aggiunge una produzione estremamente organica, che permette a ciascun musicista di usufruire dello giusto spazio per offrire il proprio contributo a un insieme davvero coeso, nonostante i mille rivoli e gradazioni del songwriting. Niente male per il quartetto proveniente dalla Costarica che, a parte l’EP “The Lower Levels Of Sentience” (2020) e lo split del 2021 condiviso con i connazionali e cugini Bloodsoaked Necrovoid, non si fregiava certo di un significativo curriculum. E in un mondo inflazionato come quello dell’OSDM, suscitare dell’interesse rappresenta un’impresa da sottolineare.

Tracce consigliate: “Blinding The Seven Eyes Of God”, “Metasymbiosis”, “Symmetries That Should Not Be”

Bastard Grave – Vortex Of Disgust (Pulverised Records)

Gli esteti dello Swedeath e gli intenditori del brutal più marcio probabilmente non riusciranno mai a mettersi d’accordo entro un minimo comune denominatore, disputando senza requie su quale sfumatura di genere possa appropriarsi della palma della migliore. Il terzo album dei Bastard Grave, però, sembra  riuscire a soddisfare i gusti di entrambe le fazioni, visto che “Vortex Of Disgust” si situa da qualche parte tra la scuola di Stoccolma e quella a stelle e strisce, da un lato evocando gli spiriti di Entombed e Dismember, dall’altro servendo sul piatto le prelibatezze degli Autopsy. I ragazzi di Helsinborg, naturalmente, non sono dei pivellini, avendo già nella bisaccia discografica “What Lies Beyond” (2015) e, soprattutto, l’ottimo “Diorama Of Human Suffering” (2019) Nel nuovo full-length, dunque, i cinque pensano ad affinare il sound del predecessore, rendendolo tanto torbido, purulento e coperto di ascessi quanto vario e malignamente melodico. Gli svedesi sanno come rimestare a dovere la rancida zuppa, con la mostruosa voce di Tiago Dias capace di demolire ogni resistenza e insinuarsi all’interno di una materia organica in putrefazione, accelerandone l’orribile decadimento. Allettanti.

Tracce consigliate: “Sunder The Earth”, “Necrotic Ecstasy”, “Consumed And Forgotten”

Enslaved – Heimdal (Nuclear Blast Records)

A prestare soltanto uno sguardo distratto, la fotografia posta sulla copertina del sedicesimo album degli Enslaved mostra uno scenario nordico perso nella nebbia, una lingua di terra boscosa che avanza nell’acqua in cui si specchia. Quando, però, decidiamo di esaminare con maggior attenzione la cover, quello che sembrava essere un semplice riflesso si rivela il vero paesaggio e viceversa. Attraverso quest’immagine trompe-l’oeil, “Heimdal” si propone alla stregua di un invito a tuffarsi in un viaggio musicale, mitologico e filosofico capace di scuotere le nostre percezioni ormai consolidate. Un titolo che rimanda alla figura centrale, ma ambigua, del quasi omonimo dio della mitologia norrena considerato il pilastro del mondo, il creatore della società umana, la cui origine e attributi rimangono incerti. Tematica che riporta i norvegesi agli interessi degli esordi, a un periodo, quello degli anni ’90, nel quale rappresentavano una delle migliori espressioni del black metal più puro e glaciale, prima di dedicarsi a una scrittura in grado di travalicare il ristretto ambito della Fiamma Oscura. Il nuovo album adotta per molti aspetti un approccio opposto rispetto al metodo del suo predecessore “Utgard” (2020): mentre quest’ultimo, infatti, aveva un carattere abbastanza immediato, l’odierno lavoro presenta lunghe composizioni che innestano sapori settantiani di hard rock, progressive e scampoli di kraut su una base di metallo nero decisamente robusta, quasi a richiamare la ferocia dei tempi gloriosi. Una libertà di struttura che si adatta perfettamente alla natura concettuale del platter, per un gruppo che, ancora una volta, utilizza la propria musica come porta sull’ignoto, un mezzo finalizzato a interpretare la complessità del mondo. Straordinari.

Tracce consigliate: “Behind The Mirror”, “Congelia”, “Kingdom”

Minenwerfer – Feuerwalze (Osmose Prudctions)

Dopo ave resplorato i cieli (l’EP “Der Rote Kampfflieger”), i mari (“Nihilistischen”), il fronte orientale (lo split con i 1914 “Ich Hatt Einen Kameraden”) e le montagne (“Alpenpässe”) della Grande Guerra, è ora la tragedia della Somme a ispirare le gesta dei Minenwerfer. Nel loro nuovo album, il duo di Generalfeldmarschall Kriegshammer e Wachtmeister Verwüstung, che già trattarono della Battaglia di Verdun nel debutto del 2010 “Volkslieder”, tornano a occuparsi della zona occidentale del primo conflitto mondiale, scegliendo oltretutto un titolo significativo. “Feuerwalze”, infatti, trae il nome da una tattica omonima per mezzo della quale un muro di fuoco di artiglieria doveva liberare il territorio a vantaggio della fanteria in avanzamento, causando morte e distruzione senza pari. Il raw black metal della formazione di Sacramento evoca, con ferocia e crudeltà, l’inferno terrificante di uno scontro tra Stati freddo e meccanizzato, responsabile di orrori sino ad allora inimmaginabili. Spoglio di ogni forma di vita, cosparso di grovigli contorti di filo spinato e di crateri di fango, sangue e cenere, colmo di schegge di mortaio e di cadaveri accatastati l’uno sull’altro, il quadro degli statunitensi è forse quello più agghiacciante da loro dipinto in carriera: il 1916 rivive in maniera spaventosa.

Tracce consigliate: “Cemetery Fields”, “Eternal Attrition”, “Shrapnel Exanguination”

Viscera – Carcinogenesis (Unique Leader Records)

I Viscera, composta da ex membri di Heart Of A Coward, Martyr Defiled e Sylosis, debuttarono nel 2020 con “Obsidian”, un long-playing che avrebbe potuto lanciare il combo statunitense nel cosmo del deathcore più tecnico e innovativo, ma poi lo scoppio della pandemia ne ha smorzato l’ascesa, lasciandolo in attesa di buone nuove. Attesa ripagata sia da uno straordinario tour in compagnia di Brand Of Sacrifice, Decapitated, Distant e Despised Icon sia dalla release di un secondo album in studio, “Carcinogenesis”, che pare elevare di livello la proposta dei britannici. La base resta la medesima del predecessore, arricchita, in questo caso, da spunti sinfonici à la Lorna Shore, da giri di groove che fanno molto Pantera e da sfumature black e melodic death, con Jamie Graham latore di una prestazione vocale al limite dell’erculeo e un generale afflato epico a contornare i bordi dei brani. Un disco impegnativo e versatile, frutto di un gruppo che, pur necessitando ancora di migliorie, appare proiettato nell’Olimpo post del genere.

Tracce consigliate: “Carcinogenesis”, “Omnipotens”, “Lex Tallonis”

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