NUOVE USCITERECENSIONI

Autopsy – Morbidity Triumphant

Quando si entra nella hall of fame del death metal a stelle e strisce, ci accorgiamo che le band capaci di segnarne la storia ammontano verosimilmente a una quindicina: un’eredità foriera, nel tempo, di una flottiglia di epigoni decisi a celebrare un sound, sorto alla fine degli ’80 ed esploso durante i primi vagiti della decade successiva, conosciuto oggi con il nome contenitore di old school. Tra i gruppi principali di quel periodo d’oro figurano a pieno titolo gli Autopsy, pionieri di una versione sabbathiana del genere, stillante putredine e morbosità varie dal lontano 1989, quando venne alla luce “Severed Survival”, seguito, un paio d’anni dopo, da “Mental Funeral”, considerato, non a torto, un capolavoro assoluto per il mirabile equilibrio di grezza violenza e corrotto tenebrore. Da allora, il combo guidato dal singer e batterista Chris Reifert, una delle pochissime realtà a restare sotto la medesima label – la Peaceville Records – sin dagli esordi, è stata protagonista sì di una serie di dischi ottimi dal punto di vista qualitativo, ma molto parchi a livello numerico, sicché ogni nuova uscita suscita attese e curiosità negli amanti dell’estremo.

Questo “Morbidity Triumphant”, ottavo full-length che succede al precedente “Tourniquets, Hacksaws And Graves” (2014) e agli EP “Skull Grinder” (2015) e “Puncturing The Grotesque” (2017), ci consegna un gruppo in grado di sguazzare ringiovanito e pimpante nelle acque putride del proprio classico DNA, anche in virtù di una delle produzioni migliori, per organicità e impatto, di cui una loro prova abbia mai forse beneficiato. Le certosine manovre di Adam Muñoz alla console permettono al basso dell’esperto Greg Wilkinson, unica new entry della formazione e compagno di Reifert negli Static Abyss, di disegnare atmosfere cupe e tribolate in appoggio alle chitarre di Eric Cutler e Danny Coralles, tanto essenziali nei riff quanto surreali e contorsioniste durante gli assoli. La voce del singer, che non risparmia fantasiosi fill alle pelli, continua, frattanto, a vomitare rigaglie, indomito nonostante un’età non verdissima.

Senza cambiare, dunque, una ricetta consolidatasi nei lustri, gli statunitensi variano la posizione e la grammatura degli ingredienti, confezionando una carrellata di brani intrisi di sangue, groove e ritmiche marce, che intrecciano metallo della morte, heavy doom e un pizzico di black con la furia iconoclasta degli Slayer e lo spirito punk dei Motörhead. A parte la fucilata “Maggots In The Mirror”, si assiste al perpetuo oscillare di passaggi al fulmicotone e rallentamenti mortiferi, con “Stab The Brain”, “Final Frost”, “Flesh Strewn Temple” e “Skin By Skin” ad assurgere, in questo senso, a episodi più iconici del platter. Eppure “Born In Blood” e la chiusa “Your Eyes Will Turn To Dust”, percorse da fraseggi che sembrano provenire dalla penna di Toni Iommi, o ancora una “Voracious One” invitante nei suoi accenti stoner, rubano la scena al resto, colorando di orecchiabilità un LP che conserva comunque integra la scrittura claudicante tipica delle release del quartetto di Oakland. Un’andatura da macelleria a ciclo continuo, spezzata dai rumori delle carcasse umane in frantumi nel retrobottega, che l’artwork da film splatter di Wes Benscoter riesce a riprodurre perfettamente.

Esponenti di una vecchia scuola che essi stessi contribuirono a forgiare, gli Autopsy non recedono dall’impregnare gli album di materiale viscoso e humour nero e “Morbidity Thriumphant” non fa eccezione alla regola, rivelandosi una nauseabonda catasta di carne in decomposizione che pulsa di strana vitalità. Il dottor Herbert West apprezzerebbe non poco l’operazione.

Tracklist

01. Stab The Brain
02. Final Frost
03. The Voracious One
04. Born In Blood
05. Flesh Strewn Temple
06. Tapestry Of Scars
07. Knife Slice, Axe Chop
08. Skin By Skin
09. Maggots In The Mirror
10. Slaughterer Of Souls
11. Your Eyes Will Turn To Dust

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