“Un’industria completamente nuova, fondata da criminali, reietti, persone rifiutate dalla società, che fondano qualcosa di nuovo nel nulla.”

Inizia da qui Babylon, il nuovo film di Damien Chazelle, che ci addentra nella Hollywood degli anni ’20 per nulla idilliaca. Lo sfondo in cui si sviluppano le vicende i personaggi è un concentrato di vizi, depravazione, sogni e incubi: è come se fosse tutto un enorme circo dove ogni cosa è permessa e dove il “personaggio”, molto spesso, predomina sulla persona. Il film segue le avventure dei tre protagonisti: Jack Conrad (Brad Pitt), una star del cinema muto in declino, Nellie LaRoy (Margot Robbie), una giovane attrice emergente e Manuel Torres (Diego Calva), chiamato da tutti “Manny”, un ragazzo che desidera diventare un produttore hollywoodiano di successo. Nelle tre ore e dieci di film, le vite di queste tre persone si intrecciano e si scontrano, in un continuo susseguirsi di feste ed eccessi, solitudini e depressioni, successi e fallimenti. Come i personaggi immortali dei film che interpretano, gli (anti)eroi di Babylon non cambiano, non evolvono, rimangono cristallizzati nel passato con l’illusione del successo.

Chazelle, con il suo stile un po’ classico e post-moderno, ci racconta, ancora una volta, l’importanza del cinema e del suono, focalizzandosi su un preciso periodo storico: il passaggio dal cinema muto a quello sonoro. La storia è come se ci venisse raccontata in tre atti: nel primo, ci sembra di rivivere l’atmosfera dei set di quegli anni, dove tutto era improvvisato e le parole non erano ancora importanti, contavano più i fatti e la determinazione per far vivere un’arte che era considerata minore. Nel secondo atto, invece, tutto cambia: con l’entrata del sonoro, le parole cominciano ad essere importanti, il cinema inizia ad essere, finalmente, considerato una vera arte, mentre i nostri tre protagonisti riscontrano grossi problemi ad adattarsi, andando così, piano piano, verso il loro declino. Nel terzo atto, infine, tutto si amplifica facendoci arrivare ad un finale triste, ma romantico. Babylon non è il primo e non sarà l’ultimo film sul cinema, perché quest’ultimo da sempre si nutre di sé stesso: è un linguaggio potenzialmente infinito e continuo che riesce ogni volta ad emozionarci creando e ricreando nuove e vecchie idee. 

La musica di Justin Hurwitz in Babylon 

Damien Chazelle con Whiplash, La La Land e Babylon, sembra aver creato una sorta di “trilogia” del jazz, partendo dalla fine: infatti, esplora con il primo film il panorama musicale contemporaneo del jazz, con il secondo lo alterna alla magia del cinema e con il terzo scava in profondità all’interno delle origini. Le musiche di tutti questi film sono state scritte e composte sempre da Justin Hurwitz. Quest’ultimo, in Babylon, ha cercato di ricreare i suoni degli anni ’20, rimanendo legato al mondo del rock n’ roll. Attraverso la colonna sonora, si è cercato di interpretare il senso di festa di quello specifico periodo hollywoodiano, componendo una musica aggressiva che va sempre in crescendo. Quest’ultimo film, particolarmente eccentrico, di Chazelle possiede una tematica musicale di principio carnevalesca: infatti, l’orchestra, per la colonna sonora, è stata composta da molti elementi fuori dall’ordinario musicale che potessero rappresentare l’immaginario delle feste hollywoodiane. Justin Hurwitz ha creato vari temi che, è stato possibile, collegare ai vari personaggi e alle loro vicende: ad esempio, il tema di Nellie e Manny è stato creato con tre pianoforti, uno con una sonorità delicata, connesso ad altri due stonati. Questo numero di più suoni in contrasto mette in risalto la fragilità e i dubbi all’interno della relazione dei due personaggi. Chazelle e Hurwitz compongono, da sempre insieme, la tematica musicale passo per passo con la sceneggiatura: creando, così, un’unione perfetta tra musica e immagine. 

La colonna sonora di Babylon, che potete ascoltare di seguito, contiene in tutto 48 tracce.

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