NUOVE USCITERECENSIONI

Marillion – An Hour Before It’s Dark

Evocare o meno nel diciannovesimo album dei Marillion i drammatici scenari pandemici di questi ultimi ventiquattro mesi ha rappresentato il dilemma principale di fronte al quale si è imbattuto Steve Hogarth, voce straordinaria e paroliere mai banale dello storico gruppo britannico. Una band da sempre sensibile agli sconquassi del mondo non poteva certo ignorare le numerose conseguenze dell’attuale situazione sanitaria, tanto che “An Hour Before It’s Dark” ne viene permeato in profondità, ma non in via esclusiva, vista la presenza di un ulteriore argomento caldo quale quello dell’emergenza ambientale.

Al di là dei due temi portanti, il disco vive comunque di sfumature molteplici, se non addirittura sottili, come dimostra il suo stesso titolo, soggetto a interpretazioni varie: una madre che ricorda al figlio i minuti residui per giocare all’aperto, lo scarso tempo da dedicare alla salvezza del pianeta, gli ultimi attimi di un moribondo, forse anche l’autoconsapevolezza, da parte degli inglesi, di trovarsi agli spiccioli della carriera. Eppure, laddove lo scorso “Fuck Everyone And Run (F E A R)” (2016) suonava cupo e protestatario, il nuovo lavoro brilla di una dimensione più diretta, solare e paradossalmente ottimista, nonostante le questioni spinose poste sul piatto. Tra le liriche, infatti, si riesce a scorgere un futuro positivo, a patto che l’umanità agisca velocemente, ritrovando dignità e slancio filantropico, una speranza che spicca imperiosa sullo sfondo problematico dipinto dal combo.

L’organizzazione della scaletta prosegue la formula avviata da “Sounds That Can’t Be Made” (2012), con quattro grandi suite e una manciata di brani autonomi capaci di declinare al meglio le caratteristiche del sofisticato neoprogressive dal taglio narrativo/cinematico che il gruppo iniziò a sperimentare al principio dei Duemila e poi a sublimare nel meraviglioso “Marbles” (2004). Assenza di tecnicismi, squisiti arrangiamenti pop e una relativa stringatezza non significano minore complessità, bensì rispondono al bisogno di comunicare con urgenza indifferibile emozioni e stati d’animo che si accavallano e si confondono senza soluzione di continuità. In tal senso appare paradigmatica la coppia d’apertura: se l’epica, orecchiabile e introspettiva “Be Hard On Yourself” diventa portavoce energica e disperata della crisi ecologica, “Reprogram The Gene”, cavalcata melodica e grintosa che ricorda le atmosfere di “Brave” (1994) e “Afraid Of Sunlight” (1996), si sofferma sugli effetti nefasti del Covid-19 a livello psicologico e sociale.

Dopo una brevissima cerniera strumentale, “Only A Kiss”, tocca alle molto diverse “Murder Machines” e “The Crow And The Nightingale” aggiungere qualità al full-length. La prima, concisa ed efficace, vede i riff scintillanti di Steve Rothery quasi levitare sulla solida sezione ritmica Trewavas/Mosley, con le tastiere di Mark Kelly che si tingono dei colori più vividi dell’arcobaleno; la seconda, un’ode al cantautorato poetico di Leonard Cohen, si contraddistingue per l’equilibrata fusione di delicatezza e oscurità. “Sierra Leone”, divisa in cinque parti, non sembra voler mettere fretta all’ascoltatore attraverso le sue morbide pennellate di chitarra e pianoforte, mentre la conclusiva “Care” alterna tenebrose pulsioni electro-funk in stile “Anoraknophobia” (2001) a momenti decisamente luminosi e raggianti, chiudendosi con il singer che coglie l’occasione per celebrare medici e infermieri, eroici protagonisti della lotta contro il virus.

Qualche transizione troppo brusca e il tono a volte retorico dei testi non scalfiscono la forza espressiva di “An Hour Before It’s Dark”, un connubio di parole, musica e immagini che i Marillion intessono con magistrale naturalezza. Critici della contemporaneità, fiduciosi per l’avvenire.

Tracklist

01. Be Hard On Yourself
02. Reprogram The Gene
03. Only A Kiss
04. Murder Machines
05. The Crow And The Nightingale
06. Sierra Leone
07. Care

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