Baroness (John Baizley)
In occasione della data italiana di spalla ai Volbeat, abbiamo scambiato quattro chiacchiere con John Baizley, mastermind dei Baroness, sulla vita in tour, Gold & Grey, e il prezzo della libertà.
Articolo a cura di Icilio Bellanima - Pubblicata in data: 12/11/19
Ciao John, e benvenuto su Spaziorock.it! Come sta andando il tour? Il bill è abbastanza variegato (voi, i Volbeat, Danko Jones): cosa si prova a suonare davanti a un pubblico così diverso dal solito?
 

È una splendida sensazione. Per noi è sempre stato un obiettivo raggiungere diversi tipi di audience, anche quelli che non conosciamo così bene. Il problema di band D.Y.I. come la nostra è che a un certo punto, indipendentemente dal suonare punk, o metal, o in piccole o in grandi città, è che sai già con chi ti stai confrontando, il pubblico conosce già te e la tua musica, e il tuo unico obiettivo è di suonare bene, meglio della volta precedente. In tour del genere entriamo in contatto per la prima volta con tante altre persone, quindi per me è elettrizzante, perché non è semplice lasciare il segno, soprattutto quando suoni un genere particolare come il nostro. È difficile dire chi sei a un pubblico completamente diverso con poco tempo a disposizione, magari c'è una ritmica, un riff o una melodia difficili da trasmettere, da far comprendere, quindi non c'è margine di errore, dobbiamo fargli comprendere la nostra proposta nel modo più chiaro e diretto possibile, e con meno di un'ora a disposizione.

 

In merito alla vostra proposta artistica: come la definiresti? Più metal, più rock, qualcosa a metà strada, o lontana da certe etichette?

 

Credo che il termine chiave sia "pesante", nonostante ci siano varie chiavi di lettura di questa parola. A volte suoniamo brani più soft, ma con un'energia sia fisica che mentale nella performance che è la stessa che infondiamo nei brani più furiosi e veloci. Nella mia testa, quando qualcuno dice "rock" nel 2019, penso a musica più leggera e accattivante, e non è così che vedo la mia musica. Credo che "metal" sia il termine più calzante, anche perché è da quella scena che veniamo e molto di ciò che facciamo rientra in quella categoria, ma non è preciso al 100%. Userei termini come "pesante", "armonica", "emozionale", "intensa" per descrivere la musica dei Baroness.

 

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Nella vostra musica si sentono molte influenze, soprattutto in "Gold & Grey", un disco che ho apprezzato anche se mi ci è voluto un po' per assimilarlo e comprenderlo pienamente, perché è così stratificato, "denso". Com'è stato accolto da critica e pubblico?

 

Pazzesco, è andata davvero bene. Non ho letto recensioni negative. A essere sincero, credo sia un disco che si fa apprezzare proprio perché è così denso, così diverso, pieno di idee nuove, ma anche psicotico, "strano", complesso, ma nel senso buono del termine. Credo sia stato apprezzato anche dalla critica proprio perché non è qualcosa di così comune, e mi piace pensare che sia proprio il tipo di album che vuole ascoltare il nostro pubblico. Non volevo che "Gold & Grey" fosse un po' innovativo, lo volevo coraggioso, perché nella musica appena trovi una formula che funziona e continui a sfruttarla fa davvero schifo, finisci col suonare le stesse cose all'infinito. Anche band storiche come gli Slayer, quando tirarono fuori dischi come "Reign in Blood" e "South of Heaven", erano sicuramente qualcosa di fresco e innovativo per l'epoca, di unico, ma dopo decine di dischi in un contesto come quello è difficile trovare qualcosa di nuovo. Per me ogni disco deve avere nuove regole, un sound differente, e l'importante è che abbia la nostra energia di sempre.


A proposito di influenze, è impossibile non notare un fil rouge che vi collega ai Pink Floyd. Mi riferisco a citazioni come quella a Comfortably Numb presente in "Chlorine & Wine"...

 

Sì, e c'è anche un richiamo al lick (canticchia una parte di Comfortably Numb dei Pink Floyd, ndr)

 

... e in un video del making of di "Gold & Grey" avete definito "Emmett- Radiating Light" la vostra "The Wall".

 

Sì, Seb (il batterista, ndr) lo ha fatto! Stavamo parlando col nostro manager, che ci ha detto che per lui stavamo scrivendo il nostro "Wish you were here", il nostro "Dark side of the moon", ed è bello sentirsi dire che la gente pensa questo di noi.

 

Ho anche percepito influenze da band come Dredg e Palms nell'ultimo disco.

Non ho ascoltato quelle band nello specifico, ma probabilmente traiamo l'ispirazione da fonti simili. Conosco e ho ascoltato i Dredg, ma per i nostri album prendiamo spunto da generi completamente differenti ed "esterni": jazz, elettronica, hip hop, cose così, dovunque ci siano buone idee. Ma per quanto mi riguarda, "Gold & Grey" è stato il disco meno influenzato in assoluto, perché quando l'ho scritto non stavo ascoltando nulla in particolare. Chiaro, qualche piccola influenza c'è, ma nulla di così diretto. Abbiamo lavorato molto con le idee, sperimentando, partendo da varie idee e intuizioni. Credo che chiunque venga influenzato da qualcosa, no? Credo sia impossibile non comporre un album senza trarre ispirazione da qualcosa. Quando abbiamo iniziato prendevamo ispirazione da 20 band, adesso da 10000.

 

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Ora passiamo alla registrazione dell'album: a me non è piaciuta particolarmente. L'ho trovata più grezza, nonostante studio e producer siano gli stessi...

 

Sì, anche il mastering è lo stesso di "Purple".

 

...e non sono l'unico, anche altri, tra giornalisti e fan, non l'hanno gradita particolarmente. Sei felice del risultato? Cambieresti qualcosa?

 

Sono co-produttore, quindi mi prendo la responsabilità anche della registrazione, e va bene così. Credo ci siano due tipi di persone tra chi ci ascolta: quelli convinti che, crescendo, il nostro sound diventerà sempre più pulito, più commerciale, ma resteranno delusi perché non è l'approccio che vogliamo avere. Gli altri invece credono che siamo troppo rumorosi, troppo "abrasivi". La mia risposta è che continueremo a superare tutte le barriere che troveremo intorno a noi. La natura della nostra musica è molto intensa, anche grezza, per certi aspetti, e credo che alcuni elementi della produzione rispecchino quella natura, mentre altri sono di qualità molto elevata. Io credo che nel 2019 i Baroness non debbano aver paura di provare cose nuove, né che debbano porsi dei paletti, o rendere il sound più appetibile e commerciale. Quel che ci interessa è creare qualcosa in grado di catturare l'attenzione dell'ascoltatore, di lasciargli qualcosa. La produzione non è stellare? Va bene, lo capisco, non deve essere un album facile da ascoltare. Forse con un sound meno complesso questa produzione sarebbe risultata più piacevole, e avremmo potuto rendere alcune parti meno intense e potenti, più leggere, ma non è stato pensato come un album leggero. Dal punto di vista puramente artistico, la produzione, lo stile, i testi, tutto è psicotico, lo so che è così, è folle, ma è così che è nato l'album, sarebbe stato impossibile cambiarne il mix o smussare certe parti. Capisco che non piaccia a tutti, ma fa parte del gioco.

 

Parlando di music business: tu hai messo in piedi la tua etichetta, Abraxan Hymns. Sei felice di come sta andando? Vale la pena avere a che fare con problemi e scocciature pur di mantenere la propria libertà artistica?

 

Per la libertà artistica vale la pena subire ogni fastidio possibile, ogni difficoltà; perdere tempo, sonno e denaro. Voglio fare in modo che quando sarò vecchio, quando questa band non esisterà più, potrò guardare i miei album e dire che credo ancora in loro, che ne sono orgoglioso, che difendo ogni scelta, ogni errore, ogni insuccesso, ogni rischio preso, perché non c'è gusto a giocare sul sicuro. Ho iniziato a fare musica perché mi piace quest'avventura, questo caos. Nessuno mi ha mai detto cosa fare e come farlo, quindi le uniche regole sono solo quelle che ci siamo imposti, buone regole perché siamo adulti, ci fidiamo di noi, del nostro istinto, delle nostre opinioni, della nostra sensibilità artistica. Quindi sì, la libertà artistica vale qualsiasi sbattimento, qualsiasi prezzo da pagare.


Ultima domanda: ti piace andare in tour? O preferisci comporre a casa?

 

Non mi fosse piaciuto, non avrei mai suonato questo tipo di musica (ride, ndr). Non è facile, sia chiaro. Siamo in tour da più di un anno, un anno intero, e tra un tour e l'altro non abbiamo fatto passare più di 2 settimane. Questo tour durerà 11 settimane, 2 delle quali in Sud America. Amiamo suonare. Abbiamo pubblicato 5 o 6 album (dipende da come li consideri), 2 EP, siamo in giro dal 2003 e ogni anno siamo stati in tour quanto più umanamente possibile: i primi anni facevamo 250 date all'anno. Poi con la famiglia e altro abbiamo ridotto. Ma l'unico modo che abbiamo per migliorare è andare in tour, metterci alla prova, anche e soprattutto in tour come questo, dove non abbiamo molto tempo a disposizione e dobbiamo dare il massimo per catturare l'attenzione del pubblico. Ogni canzone, ogni album che scriviamo devono essere migliori dei precedenti, anche se poi a ognuno piace un album in particolare: qualcuno preferisce "Yellow", qualcuno "Blue", e per me questa è una bella cosa, perché significa che non c'è un singolo album che è migliore degli altri ma piacciono tutti allo stesso livello. Ormai capisco quando qualcuno ci ha scoperti in base al loro disco preferito, che in quasi ogni caso è il primo che hanno ascoltato. Poi c'è sempre il fan della prima ora che reputa terribile tutto ciò che è venuto dopo "Red"...

 

Il mio preferito è Purple, e infatti è proprio quello con cui vi ho scoperti!


Mi piace questa cosa, perché l'esperienza e la scoperta sono cose potentissime.




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