Depeche Mode - Global Spirit Tour 2017
25/06/17 - Stadio Olimpico, Roma


Articolo a cura di Simone Maurovich

Quello visto ieri sera allo Stadio Olimpico di Roma non è semplicemente un concerto.
Si potrebbe quasi parlare di un rito, della consacrazione di una religione. Chiamasi Depeche Modesimo. La sua massima divinità è Dave Gahan.

Perché se dopo oltre 30 anni di carriera, svariate hit immortali entrate nella storia della musica e una sempreverde voglia di rinnovarsi ad ogni nuovo disco si riesce ancora a riempire i palazzetti allora sì, siamo di fronte a qualcosa di mistico, di imprevedibile e infinito.

Quasi a voler fondere sacro e profano, il "Global Spirit Tour", cosi si chiama il tour a supporto del nuovo lavoro della band che porta il nome di "Spirit", pianta le tende per la prima delle tre date nell'italico stivale.

Aperti dagli Algiers, che mettono in scena il loro show fatto di sonorità a metà tra il post punk e la new wave, arriva il momento di abbassare le luci e lasciarsi avvolgere dal buio.
Quando risuonano le note della open track del nuovo lavoro "Spirit", "Going Backwards", la voce di Gahan sale forte e fa tremare le fondamenta dell'impianto capitolino.

 

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Sembra incredibile, e forse un po' lo è, ma il leader dei Depeche Mode sembra quasi intimidito davanti al muro umano che si staglia di fronte a lui. Ma il Profeta non è solo: il fido Martin Gore è accanto a lui e lo sostiene nella cavalcata che si fa via via più incalzante. "Barrel Of The Gun" è il segnale che tutti aspettano, quello dove anche chi è al primo concerto in assoluto della sua vita si scioglie e Dave questo lo sa, lo percepisce. Le telecamere che lo inquadrano ritraggono la sintesi della sensualità mista al divertimento.

 
Si alternano brani tratti da "Song Of Faith And Devotion" e "Violator" finché le luci, dopo un tagliente pugnale sonoro che entra nello stomaco di ognuno dei presenti, lasciano spazio a "Question Of Lust" nella versione acustica e meravigliosa di Gore, che si trasforma, per qualche minuto, in un cerimoniere perfetto.

Il pubblico non smette di cantare e battere le mani, e la band è consapevole di averli oramai tutti in pugno, di poter continuare la propria missione. "Where's The Revolution" riprende il filo conduttore di questo viaggio tra passato e presente, viaggio che conclude la prima parte con hit dal calibro di "Stripped" e "Enjoy The Silence".

 

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È il momento di una pausa, un stop che dura pochissimo tempo. Giusto il lasso temporale per permettere a Martin Gore di riprendere il centro del proscenio e intonare "Somebody". Il viaggio nella spiritualità Depeche Modiana può riprendere con "Walking In My Shoes". La grandezza di un gruppo si misura anche quando una band storica come i Depeche Mode tributa un omaggio da brividi a David Bowie con la loro personalissima rivisitazione di "Heroes" ricordandoci, ancora una volta, che "we can be heroes, just for one day". Una frenata, la chitarra distorta e le note di "I Feel You" risuonano alte. Dave lo urla più forte, superando anche iniziali problemi tecnici al microfono, e gli spettatori rispondono, forte con cadenza regolare e incessante. Il congedo avviene su "Personal Jesus" dove Gahan lascia sul palco gli ultimi residui di energia,le ultime risorse per ballare e dar sfoggio delle sue movenze sensuali, per far impazzire ancora una volta chi, a luci di nuovo accese, non crede accesi propri occhi.

Ora si può lasciare lo stadio, si può tornare a casa consapevoli di essere stati protagonisti, per una sera, di un rito, di un culto, di una storia che non avrà mai fine. E se proprio vogliamo trovare il pelo nell'uovo, la mancata esecuzione di un classico come "Just Can't Get Enough" - richiesto a gran voce dalla folla- può lasciare un po' di amaro in bocca. Ma non è questo il momento delle recriminazioni. D'altronde, non c'è da lamentarsi quando si ha la fortuna di aver preso parte ad un pezzo di storia dei Depeche Mode.

 




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