The Ocean
Heliocentric

2010, Metal Blade
Prog Metal/Sludge

I The Ocean cambiano ancora pelle e vincono. Di nuovo!
Recensione di Stefano Risso - Pubblicata in data: 25/04/10

I The Ocean sono uno dei pochi gruppi in cui tutto si muove in funzione della musica. Senza timore di sconvolgere il proprio stile album dopo album e di spiazzare i propri fan, i Nostri hanno fatto proprio questo concetto a tal punto che è la line-up stessa a cambiare radicalmente a seconda delle esigenze.

Tutto ruota intorno al talentuoso chitarrista tedesco Robin Staps, partito dieci anni fa con un'idea a dir poco ambiziosa e arrivato oggi allo status di band di punta non solo della propria etichetta discografica, ma di un intero movimento musicale. Difficile inquadrare i The Ocean, un collettivo che muta pelle alla faccia della staticità della musica moderna, partiti a grandi linee dal metalcore per poi arricchirlo elementi sinfonici e progressive, lasciando di stucco per la geniale capacità di virare in moltissime direzioni mantenendo fortissima la propria identità. Tutto questo ovviamente è merito di Staps, che magicamente riesce, ogni volta, a reclutare i membri più funzionali ai suoi progetti, facendo sì che ogni album targato The Ocean sia qualcosa di estremamente particolare, qualcosa nato da un'alchimia unica, pronta a rinnovarsi alla tornata successiva.

Bene, che i nostri (o il nostro) siano sempre stati ambiziosi lo si era capito dall'inizio. Non tutti esordiscono con dischi del calibro di “fluXion” ed “Aeolian”, che nelle intenzioni di Staps avrebbero dovuto essere inseriti in un doppio album (se solo la label gli avesse dato l'assenso), piazzando due gemme in grado si squassare una scena troppo ferma sui soliti cliché. Infine “Precambrian” (stavolta sì un doppio album) ne ha definito la consacrazione, con un lavoro dallo stile “oceanico”, la prima parte violenta, la seconda maggiormente atmosferica. Dare un seguito a quello che viene, a ragione, considerato come uno dei full migliori degli ultimi anni era estremamente difficile, come era difficile anticiparne i contenuti, visti gli innumerevoli spunti offerti da “Precambrian”. Ebbene i nostri lo fanno nell'unico modo possibile: cambiano ancora pelle e vincono. Di nuovo!

Rimasi subito affascinato da questa nuova sfida, pubblicare due nuovi album nel giro di pochi mesi, affrontando il tema dell'eliocentrismo, criticando (a suon di principi filosofici) la visione cristiana della teoria dell'evoluzione, racchiudendo in questo “Heliocentric” la parte più rilassata del concept e deputando ad “Anthropocentric” il capitolo più violento. Sì, ma come è il disco? Perdonate l'introduzione oceanica (appunto), per una band del genere è difficile racchiudere tutto in poche parole, ma ci proviamo. La prima è certamente atmosfera. La ricerca continua di un mood rilassato, elegante, che si muove lentamente, omogeneo, quasi come il movimento ciclico e regolare delle sfere celesti. Quindi il primo scoglio da superare è l'apparente mancanza di ritmo e dinamicità, in un album che ai primi ascolti pare non decollare, avviluppato in melodie non sempre facili da apprezzare, all'esatto opposto dei The Ocean che ricordavamo. La seconda parola che mi viene in mente è: voce. Mai prima d'ora i nostri avevano fatto ricorso alle clean vocals come in “Heliocentric”. Praticamente tutto cantato in pulito dal nuovo frontman Loïc Rossetti, dal timbro particolare e (anch'esso) inizialmente spiazzante. Immagino le espressioni di tutti gli appassionati al primo ascolto di “Ptolemy Was Wrong”, un brano malinconico retto solo dalla voce di Rossetti, pianoforte e archi in sottofondo.

Dopo diversi passaggi nel lettore “Heliocentric” però comincia a mostrare il suo vero volto. Se prima si poteva pensare che al buon Staps fosse sfuggita la mano, o peggio avesse esaurito le idee nel bel mezzo della scrittura, una volta entrati in sintonia con questi pezzi si riesce a percepire la profondità dell'album e la ricerca degli arrangiamenti. Non più roboanti, anzi quasi “dimessi”, come se i nove musicisti ospiti (ottoni, archi e piano) e i quattro della line up fossero tutti posti in secondo piano rispetto alla voce ed all'atmosfera d'insieme che Staps è riuscito a infondere. Sarebbe sbagliato, infatti, non andare a cercare le raffinatezze della scrittura, in cui le distorsioni delle chitarre entrano solo per accentuare qualche passaggio, per poi tornare nell'oblio, profilando il disco più intimo e sognante dei tedeschi. Chiamatelo come volete, le classificazioni si sprecherebbero, qui il livello è tale che è la musica a ergersi protagonista assoluta, ponendosi su un piano più elevato delle semplici catalogazioni tanto care ai metalhead.

C'è stata sicuramente un'apertura del suono, non più nervoso, l'aggiunta di elementi “prog”, lambendo lo sludge più atmosferico e persino un certo gothic (tutti riferimenti da prendere con le pinze), come testimoniato da brani bellissimi come “Firmament”, il miglior benvenuto possibile dopo l'intro strumentale, la toccante “The First Commandment Of The Luminaries”, la già citata “Ptolemy Was Wrong”, probabilmente il brano migliore del lotto, e via discorrendo. “Metaphysics Of The Hangman” comincia a calcare più la mano, leggermente, verso la potenza classica della band, in un connubio atmosfera/distorsione da applausi,  “Catharsis Of A Heretic” ci riporta alla riflessione ed alla calma per un finale tutto in crescendo. Quattro gemme fra cui si elevano le due tracce conclusive, “The Origin Of Species”, rabbiosa, e “The Origin Of God”, riflessiva, con un finale affidato ad un toccante sassofono. Due brani che si susseguono senza accorgersene, la summa di tutto il lavoro.

Analizzare i The Ocean senza affrontarne i testi sarebbe un delitto... A testimonianza dell'importanza raggiunta dai nostri, basta andare su YouTube e sul canale della Metal Blade troverete la spiegazione di ogni brano in dieci brevi video... Non vi anticipo nulla. Per non parlare della solita stellare veste grafica, un digipack con una sorta di astrolabio di plastica sulla copertina, una cura maniacale per ogni particolare e, al posto del libretto, dieci bellissime carte illustrate con i testi sul retro. Veramente un gruppo e un album eccezionale sotto tutti i punti di vista. Aspettiamo dunque “Anthropocentric” (in uscita ad ottobre) per un giudizio complessivo del concept, ma quello che abbiamo tra le mani basta e avanza per riportare i The Ocean sul gradino più alto della scena metal odierna.



01. Shamayim

02. Firmamen

03. The First Commandment Of The Luminaries

04. Ptolemy Was Wrong

05. Metaphysics Of The Hangman

06. Catharsis Of A Heretic

07. Swallowed By The Earth

08. Epiphany

09. The Origin Of Species

10. The Origin Of God

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