Meglio mettere subito le cose in chiaro: se già con “Antigone” definire metalcore la musica degli Heaven Shall Burn sembrava una forzatura, con il successivo "Deaf To Our Prayers" i dubbi restanti vengono fugati, questo è (melodic) death metal. Impossibile, infatti non sentire nel riffing del quintetto tedesco melodie tipicamente svedesi, talvolta condite da un gusto epico che ci ricorda gli amati Amon Amarth, oppure addirittura riconoscere, nelle cavalcate trascinanti, lo stile serrato dei britannici Bolt Thrower, per non parlare delle vocals, inequivocabilmente metal, opera di un Marcus Bishoff in formissima. Quello che conta ancora di più è il fatto che gli Heaven Shall Burn riescano nel difficile compito di migliorarsi rispetto al disco del 2004, pur restando nella sostanza sé stessi, sfornando un album in cui mescolare ancora una volta alla perfezione la potenza alla melodia (come in ogni disco melodic death metal che si rispetti del resto), aiutati anche da una produzione più pulita ed energica, che non risulta eccessivamente bombastica.
È “CounterWeight” ad aprire il disco e, ascoltandola, non stupisce la scelta della band di realizzarci un video e di sceglierla come singolo: la canzone è diretta, rapida e dotata di un chorus da urlo. Ancora migliore è l’epica “Trespassing The Shores Of Your World”, forse la migliore del lotto, che si sviluppa su un continuo alternarsi di sfuriate pienamente Swedish e rallentamenti, talvolta arricchiti da stoppate ben dosate e talvolta da riffs che ricordano i migliori Amon Amarth. Le composizioni successive non raggiungono le vette toccate da questi due pezzi, ma nel complesso tutto il disco si mantiene su livelli molto alti, e, a differenza del precedente ”Antigone”, conosce ben poche pause, soprattutto per l’assenza di strumentali (che erano invece ben tre nel predecessore). La gran parte delle canzoni si mantiene su ritmi rapidi, la sola ad essere più cadenzata delle altre è la splendida “Armia”, che ricorda in parte “Numbing The Pain” di “Antigone”; nelle altre troviamo talvolta sprazzi più rallentati che non stonano, anzi, conferiscono una maggiore epicità alle canzoni.
Venendo ai testi, ancora una volta gli Heaven Shall Burn confermano la propria inclinazione sociale, ma questa volta soprattutto antireligiosa: è il caso ad esempio di “Biogenesis (UnDo Creation)” che si scaglia come una furia contro il creazionismo, difendendo strenuamente la teoria evoluzionistica ("Where blind belief and science meet we're defending Darwin's throne"), oppure di “The Greatest Gift Of God”, che oltretutto da un punto di vista musicale rappresenta quasi un episodio a sé stante nell’album, con la sua struttura ritmata in cui la batteria è spesso preponderante rispetto alle chitarre. Nonostante questo la suddetta canzone non stride all’interno del platter, al contrario lo chiude nel migliore dei modi e soprattutto ci ricorda che i tedeschi non vogliono limitarsi a comporre ottima musica ma anche lanciare messaggi forti, condivisibili o meno, ma senza dubbio espressi con grande passione.
Un grande album per una grande band, dunque. Concluderei parafrasando quanto detto nell’incipit della recensione: non solo questo è melodic death metal, ma così si suona melodic death metal nel terzo millennio. Insomma, se come me siete cresciuti a pane e Goteborg, fate vostro quest’album e non ve ne pentirete.
Heaven Shall Burn
Deaf To Our Prayers
2006, Century Media
Death Metal
01. CounterWeight
02. Trespassing The Shores of Your World
03. Profane Believers
04. Stay The Course
05. The Final March
06. Of No Avail
07. Armia
08. MyBestFriends.com
09. Biogenesis - Undo Creation
10. Dying In Silence
11. The Greatest Gift Of God