H.E.A.T
Freedom Rock

2010, StormVox/Edel
Melodic Rock

Gli H.E.A.T, come i Journey, non smettono di crederci!
Recensione di Gaetano Loffredo - Pubblicata in data: 14/06/10

Guarda un po’ che novità: formazione composta da sei svedesi, suonano rock melodico, hanno vinto un premio nel loro paese come miglior gruppo emergente. Se non mi fossi già occupato di Hell n’ Diesel, Hardcore Superstar, Bad Habit, Backyard Babies, Crazy Lixx e, estendendomi a tutta la Scandinavia, di Reckless Love, Lordi e Crashdiet, resterei attonito al cospetto di un disco come quello degli H.E.A.T, "Freedom Rock". Già, perché la penisola scandinava da qualche anno a questa parte è regina indiscussa dell’hard rock europeo, ha forgiato decine e decine di gruppi i cui dischi sono stati esportati, con grande merito, a livello internazionale. Qualche giorno fa, ne parlavo proprio col tastierista dei Gotthard, Nicolò Fragile, che a domanda ben precisa ha risposto: “oggi, i migliori songwriter di tutto il mondo sono di nazionalità svedese, gli stessi Gotthard collaborano con un paio di loro per la creazione delle nuove canzoni”. Come dargli torto?


Questi H.E.A.T, poi, hanno classe da vendere. Sono soltanto al secondo disco ma hanno un songwriting talmente maturo e una produzione così all’avanguardia da sembrare al decimo, perfino gli Europe si sono scomodati in loro favore giudicandoli come la realtà svedese più in forma del momento. “We're Gonna' Make It To The End” cancellerà istantaneamente qualsiasi dubbio, un pezzo che vale quanto la famosa “Don’t Stop Believin’” dei conclamati Journey, gruppo al quale gli Heat si ispirano deliberatamente. “Black Night” indurisce le chitarre elettriche e presenta un ospite graditissimo al microfono, si tratta di Tobias Sammet (Edguy, Avantasia), la cui voce cristallina si infrange con quella a la “Jorn Lande” di Kenny Leckremo. Tastiere anni ottanta e climax vintage caratterizzano “I Can't look The Other Way”, forse la migliore insieme all’opener, ma di carne al fuoco ce n’è persino troppa: dalla “foreigneriana” “Who Will Stop The Rain” alla sottile “Everybody wants To Be Someone”, dalla dolce “Shelter” alla sprizzante “Beg Beg Beg”, tutto all’insegna di un innato dinamismo che aumenta in modo sensibile la longevità dell’album.


In attesa di un loro ritorno in Italia (ad inizio maggio hanno dato spettacolo al SottoTetto di Bologna) ci godiamo un disco che è a tutti gli effetti un masterpiece del melodic rock e che conferma le ottime credenziali dell’esordio. Non c’è motivo per cui, ad un amante del genere, non si debba consigliare "Freedom Rock", che già da ora è in lizza come miglior disco 2010 nella sua categoria.





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