H.E.A.T. (Erik Gronwall)
Il frontman degli H.E.A.T. ci porta alla scoperta del nuovo album della band svedese, "H.E.A.T. II".
Articolo a cura di Marta Scamozzi - Pubblicata in data: 26/02/20

Ciao Erik, è un piacere parlare con te. Comincerò con il chiederti qualcosa riguardo al prossimo album degli H.E.A.T, "H.E.A.T. II", in uscita il 21 febbraio 2020. È il primo album interamente prodotto dalla band stessa. Mi spieghi un po’ che differenze hai notato, in pratica, nel processo di produzione?

 

La ragione per cui abbiamo deciso di produrre l’album “internamente”, è che Dave e Jona sono tornati dalla band da poco, dopo essere stati fuori per qualche anno e aver lavorato producendo la loro musica. Quando sono tornati abbiamo deciso di sfruttare questa cosa. In realtà, il produttore stesso dei nostri album precedenti ha suggerito che avremmo dovuto pensare di produrre la nostra stessa musica, così da avere più controllo creativo. Inoltre, possiamo comodamente lavorare dal nostro studio, in Svezia, minimizzando i tempi necessari per la produzione e le registrazioni. Tutti i componenti della band possono poi partecipare in ogni fase delle registrazioni, e il risultato è anche che abbiamo una maggiore libertà e un migliore controllo. Oltretutto, il processo di scrittura è molto più dinamico

 

Puoi dirmi qualcosa di più sul processo di scrittura di questo album?

 

In genere non è che iniziamo il processo di scrittura e poi, a un certo punto, finiamo di scrivere. Finché la canzone non è registrata e incisa su album, scriviamo costantemente. Praticamente, noi scriviamo canzoni, pezzi, melodie, e conserviamo tutto questo in una sorta di “Archivio H.E.A.T.” Poi, mettiamo insieme i pezzi e vediamo quello che ci serve in un determinato momento. Per questo album in particolare, la responsabilità del songwiting va soprattutto a Jona e Dave… ma finiamo sempre per lavorare tutti insieme sui pezzi in studio. Voglio sottolineare l’importanza di Jona e Dave nella stesura di "H.E.A.T. II", ma allo stesso tempo in studio tutto il team diventa fondamentale.

 

Personalmente, qual è la canzone che ti rappresenta di più in "H.E.A.T. II"?

 

Direi "Victory" oppure "We Are Gods", diciamo che sono le due canzoni più metal dell’album. Perché, sai, ho una formazione estremamente hard rock e metal. Quando sono entrato negli H.E.A.T, in qualche modo, sono sceso a compromessi con uno stile più soft… ma mi fa sempre molto piacere tornare ad approcciarmi a musica più pesante, quando posso!

 

In generale, mi sembra che il messaggio dell’album, comunque, sia qualcosa tipo “non mollare, continua a lottare…” sei d’accordo con me?

 

Sì, sono assolutamente d’accordo. Spesso scriviamo riguardo alla necessità di mantenere un atteggiamento forte di fronte alle difficoltà, in modo positivo, e la parte musicale rispecchia appieno questo atteggiamento. Anche perché vogliamo che la gente venga ai nostri show e sia invasa da positività, si diverta, si senta bene con se stessa. Anche se… abbiamo alcune canzoni tristi – poche – ma con quest’album volevamo fare quello che siamo bravi a fare: hard rock melodico positivo. In effetti, non abbiamo pensato più di tanto a quello che sarebbe stato il prodotto finale, mentre lo facevamo: abbiamo scritto, registrato, ed è venuto bene! Quindi, per riassumere… questo è hard rock energetico, hard rock melodico, e vogliamo che piaccia alla gente!

 

Hai detto prima che la tua storia musicale si discostava abbastanza dallo stile degli H.E.A.T. prima di entrare negli H.E.A.T. Si è evoluta la tua tecnica vocale dopo che ti sei unito ai ragazzi, e in che modo?

 

Oh, assolutamente. I ragazzi mi hanno spinto così tanto a diventare un cantante e un frontman migliore, e gli devo tantissimo per questo. Specialmente devo molto a Jon, perché è spesso quello che lavora sulle tracce mentre registro le mie parti vocali. E sa sempre come spingermi verso il mio meglio, come farmi provare nuove cose, come giudarmi.

 

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Nel 2019 è uscito “Live At Sweden Rock Festival”. Pensi che gli H.E.A.T. siano più una band che rende meglio live durante un festival, oppure durante un concerto con un pubblico limitato di fan?

 

Va be’, se potessi scegliere suonerei sempre e solo nei festival Lo Sweden Rock è stato fantastico, e l’atmosfera di un festival è sempre particolare. Però, nei piccoli club… considerando che gli H.E.A.T. sono una band molto coinvolgente, penso che un contatto con il pubblico più “intimo” sia molto interessante: suonando nei piccoli club a volte ti senti quasi parte dell’audience, e mi piace davvero.

 

Parlando di concerti… quale pensi che sia l’esperienza più pazza, o interessante, che hai mai avuto durante un tuo show?

 

(ride, ndr) Domanda difficile. Ma penso che aprire agli Scorpions sia stato incredibile, lo ricordo ancora molto chiaramente. Ma anche durante il mio primo tour europeo con gli H.E.AT.: quando vivi la vita del tour, e hai l’occasione di suonare il tuo concerto, con la tua band… sai, sei giovane e... le cose capitano!

 

Qualcosa di pazzo che vuoi raccontarci in particolare?

 

 (ride molto, ndr) Non so se c’è qualcosa che in realtà posso raccontare.

 

Quali sono le tue ispirazioni principali come cantante?

 

Uh, direi gli anni sessanta! Forse i Creedence Clearwater Revival… e Freddie Mercury. Ah, anche Elvis Presley… e Little Richard! Sai, ho un sacco di influenze diverse. Potrei anche citare i Pantera. E queste diverse influenze sono molto utili in studio! A volte mi dico: “ok, ora devo essere dolce”, e uso gli anni Sessanta; “ok, ora devo essere arrabbiato” e uso i Pantera.

 

E se dovessi scegliere un artista con cui vorresti collaborare, solo uno, chi sceglieresti?

 

Può essere chiunque? Anche se è morto?

 

Sì, sì. Anche se è morto.

 

Mh…ok, allora direi… sai cosa? Credevo che avrei detto Freddie Mercury, ma invece dirò Max Martin. È svedese, praticamente il compositore più grande del nostro tempo, ha scritto canzoni per Pink, Britney Spears, Taylor Swift; è quello che ha avuto più numero uno nella classifica Billboard della storia.  Con Paul Mc Cartney e John Lennon, credo.

 

Sei stato influenzato dalla musica svedese, quindi?

 

Assolutamente. Sai, gli ABBA? Penso che il messaggio che hanno lanciato gli ABBA, e altre band pop svedesi negli anni passati, sia questo: puoi farcela, anche se vieni da una terra sperduta, puoi fare musica e farti conoscere. Per questo motivo, per me, alcuni artisti svedesi sono davvero importanti.

 

Tu sei entrato negli H.E.A.T. nel 2010. Prima di allora, eri abbastanza famoso nel panorama musicale svedese grazie al talent Swedish Idol 2009. Se potessi tornare indietro, che cosa diresti a quel ragazzo che faceva l’audizione per Swedish Idol nel 2009? Che consiglio gli daresti?

 

"Piantala di tentare di compiacere tutti". Quando ho partecipato a Swedish Idol, era tutto nuovo per me: i media, il pubblico. È un po’ esploso tutto insieme, sentivo un sacco di attenzione su di me… quindi, provavo a compiacere tutti. Ero ottimista riguardo a tutto… che non è un male, ma arrivi a un punto che non ce la fai più. Poi, ha smesso di importarmene ed è stato quello il momento in cui sono diventato la versione migliore di me stesso.

 




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