Vader
Impressions in Blood

2006, Regain Records
Death Metal

Recensione di Stefano Risso - Pubblicata in data: 29/03/09

Il tempo passa ma la tradizione Vader resta. Servono poche parole per analizzare l'ultimo parto di questa instancabile formazione polacca, semplicemente l'ennesimo disco dei Vader, un altro tassello di una discografia a dir poco granitica.

Dopo la coppia formata da Revelations (2002) e The Beast (2004), a mio avviso non troppo esaltante, i nostri sembrano vivere una seconda giovinezza, inaugurata qualche mese fa con il sorprendente mini The Art of War, esaurendo oggi solo in parte le grandissime aspettative che quella manciata di canzoni avevano scatenato nell'immaginario dei sostenitori della band. Impressions in Blood è probabilmente il disco più veloce, violento e chirurgico mai composto dai Vader, in cui i caratteri distintivi di Peter e compagni sono piazzati subito in bella mostra, scrollati di qualche granello di polvere che negli ultimi anni di attività avevano leggermente velato la vena creativa dei Vader, ridando nuova luce alla potenza a fiumi che il combo riesce sempre ad esprimere, a soluzioni ritmiche trascinanti e dall'impatto immediato, a growls graffianti come al solito, insomma tutto secondo la migliore tradizione.

Nonostante tutto, un leggero rammarico mi ha colto nel constatare che il livello qualitativo del mini predente non è stato ben stemperato per tutta la durata del disco in questione, quell'alchimia tra violenza, tecnica e immediatezza che avrebbero fatto di Impressions in Blood un autentico capolavoro da tramandare ai posteri. Infatti è proprio nella longevità dell'opera (vero tallone d'Achille della band, da sempre) che Impressions in Blood paga dazio ad altri ritorni eccellenti in campo death metal acclamati recentemente, forte di tracce incalzanti ma non così fresche e ricche di contenuti da far segnare un nuovo corso per la band. Intendiamoci, canzoni come ShadowsFear e As Heavens Collide... vanno solo "subite" in tutta la loro violenza, Helleluyah!!! (God is Dead) corrode alla perfezione, Warlords è un piccolo capolavoro, diciamocelo, come la nona Amongst the Ruins, con alcuni blast-beat di Daray (forse il componente che risulta il vero vincitore alla fine dell'album) a sfidare i vari record di velocità propri dei batteristi estremi. Ottimi brani a cui vengono contrapposte composizioni meno convincenti, come la coppia centrale Field of Heads e Predator, a cui una scintilla in più di fantasia avrebbe sicuramente donato un'altra resa, scintilla che si accende e si affievolisce leggermente con intermittenza, purtroppo.

Quello che poteva diventare "il" disco dei Vader del nuovo millennio, si è rivelato "solo" un altro album diretto e accattivante alla Vader, senza compromessi, né più né meno. Il tempo passa ma la tradizione Vader resta dicevamo... finché Peter e soci si attesteranno su questi livelli possiamo comunque dormire sonni tranquilli, sicuri che di musica genuina da ascoltare senza farsi troppi problemi ce ne sarà sempre.



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