Bush
The Sea Of Memories

2011, earMUSIC
Rock

Torna in scena la band di Gavin Rossdale, e non poteva farlo meglio!
Recensione di Andrea Mariano - Pubblicata in data: 04/11/11

A dieci anni di distanza dal poco fortunato “Golden State” del 2001, i Bush tornano sulle scene musicali. Se a metà anni '90 la band seppe sfruttare l'ondata grunge riscuotendo numerosi consensi un po' ovunque, con il progredire verso il III millennio non riuscì più a tenersi stretta l'approvazione del pubblico di massa, finendo così per sciogliersi nel 2003. Ora Gavin Rossdale prova a riportare in auge il suo gruppo, questa volta magari facendo affidamento anche sull'ondata “revival '90es” che sta interessando questo periodo. Ecco quindi che tra celebrazioni dei venti anni di carriera dei Pearl Jam, l'attesa per l'album del ritorno dei Soundgarden e le ristampe celebrative di “Nevermind” dei Nirvana, giunge finalmente in Europa “The Sea Of Memories”.


I Bush del 2011 sono però diversi di quelli di “Swallow” e “Machinead”: riguardo il progetto di reunion il bassista Dave Parsonslo ed il chitarrista Nigel Pulsford si sono dimostrati titubanti e poco convinti, declinando così l'invito di Gavin di tornare a calcare i palchi. Non tutto il male viene per nuocere tuttavia, e così i due sono stati sostituiti rispettivamente da Corey Britz e soprattutto da Chris Traynor, il quale sin dai primi minuti mette in luce le sue abilità con la sei corde.


Se “Golden State” ci aveva lasciato una band che con affanno tentava di riesumare l'energia degli esordi e di unirla a qualche elemento di novità, “The Sea Of Memories” ce lo restituisce assai determinato ed affamato di rock. Bastano le prime sporche e distorte note dell'opener “The Mirror Of The Signs” per rendersi conto che il sound tipico dei Bush non è cambiato, bensì si è evoluto: ritmiche più solide di quanto non lo fossero in passato, un pizzico d'elettronica solo dove serve e per arricchire ulteriormente l'impatto sonoro e soprattutto ottimi ricami chitarristici ad opera di Traynor, al quale si devono molti dei punti di forza del disco. Il chitarrista si rivela difatti la punta di diamante del comparto strumentale grazie al suo lavoro di rifinitura nei brani, impreziosendoli con fraseggi o anche semplici ma efficaci variazioni durante l'esecuzione che rendono ogni canzone interessante ed ancor più godibile. Esempio lampante è il singolo “The Sound Of Winter”, dove l'ottimo songwriting di Rossdale viene rinvigorito dalla sei corde di Chris che cesella piccoli e puntuali accorgimenti che tuttavia si rivelano fondamentali per l'atmosfera generale della canzone. L'album non è scevro da evidenti richiami al passato della band, come nel caso di “All My Life” e “Afterlife”, giusto per citarne un paio: la struttura molto semplice viene arricchita da cori e chitarre colme di effettistica, senza per questo risultare ampollose o confusionarie. Doveroso inoltre menzionare “All Night Doctors”, splendida ballad dove un pianoforte e la voce ammaliante di Gavin vengono successivamente raggiunti da una docile chitarra distorta e da una lieve sezione d'archi che in maniera egregia rafforzano un brano già di per sé ben concepito.


La seconda parte del disco vede la presenza di canzoni dall'alto potenziale radiofonico, grazie a melodie orecchiabili (ma non banali) che si innestano piuttosto facilmente in testa e ad una buona solidità di fondo di ogni composizione. Forse è proprio a questo punto che si perde un po' della forza e dell'intensità iniziali, ma l'operato rimane sempre su livelli qualitativi senza alcun dubbio buoni ed assolutamente soddisfacenti.


I Nostri, forse anche grazie all'aiuto del noto produttore Bob Rock, hanno recuperato la qualità principale che permise loro di ottenere il successo di massa negli anni '90: la capacità di unire melodie orecchiabili, in alcuni casi tipicamente pop, con un sound rock robusto e compatto. “Compatto” è anche l'aggettivo più adatto che racchiude in sé l'essenza stessa dei Bush del 2011. Nonostante la defezione di due dei quattro membri storici, nonostante siano passati molti anni prima che potessero ricominciare a comporre di nuovo qualcosa, questo “The Sea Of Memories” dimostra che il gruppo è in perfetta orma, con una coesione che permette di creare materiale fresco, coinvolgente e convincente e di trasmettere grande energia tanto al fan nostalgico quanto all'ascoltatore occasionale.


Tra le varie band che negli ultimi tempi hanno tentato un ritorno di fiamma di popolarità e successo, con ogni probabilità i Bush sono protagonisti del come back più riuscito dell'ultimo anno. Dopo la delusione dei Red Hot e l'insipida proposta dei Guano Apes, un disco come “The Sea Of Memories” appagherà chi, come Rossdale e soci, è rimasto per troppo tempo affamato di buon rock.





01. The Mirror Of The Signs
02. The Sound Of Winter
03. All My Life
04. The Afterlife
05. All Night Doctors
06. Baby Come Home
07. Red Light
08. She’s A Stallion
09. I Believe In You
10. Stand Up
11. The Heart Of The Matter
12. Be Still My Love

Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool