Dimmu Borgir
In Sorte Diaboli

2007, Nuclear Blast
Black Metal

Recensione di Stefano Risso - Pubblicata in data: 10/06/09

Cosa dire dei Dimmu Borgir che non sia già stato detto e ridetto alla nausea? Una delle band più famose e acclamate del metal estremo, che tanti anni fa ha preso un genere di nicchia, gli ha dato una luce diversa e lo ha portato allo scoperto. Un'operazione riuscita talmente bene che quel genere, una volta confinato nelle "cantine", ha raggiunto (e riempito) le arene di tutto il mondo. Una lunghissima gavetta, segnata da autentici capolavori, con conseguenti ritorni in termini di gradimento/popolarità, che ha permesso ai nostri contratti sempre più vantaggiosi, messi al servizio di produzioni sempre più imponenti.

Tutto bene fin quando la catena di eventi non si spezza, fin quando si arriva a un punto di non ritorno. Se fino ad ora, i Dimmu Borgir si erano comunque mantenuti in equilibrio tra la qualità artistica espressa e la sete di successo della band, con l'ultimo "In Sorte Diaboli" siamo arrivati al fatidico punto di rottura. Già la precedente uscita dei norvegesi, la riedizione del capolavoro "Stormblåst", aveva fatto storcere il naso anche a chi li aveva seguiti nel corso dell'evoluzione della seconda parte della carriera, un presagio che si è puntualmente avverato. Senza troppi giri di parole, "In Sorte Diaboli" è il peggior album mai composto dai Dimmu Borgir, una battuta d'arresto senza attenuanti, perdendo sotto tutti i punti di vista.

Innanzitutto la magniloquenza di "Death Cult Armageddon" (un buon disco, ma già in fase calante) si è ridotta a tracce a dir poco scolastiche che ormai di black metal non hanno praticamente più nulla, avvicinandosi più a un ibrido thrash/black abbastanza insipido. Fosse solo questo il problema, un parziale “cambiamento” di rotta, non sarebbe necessariamente da criticare, se non fosse che ormai Shagrath e compagni hanno perso tutta la “cattiveria”, la potenza, e cosa ancor più grave, l'ispirazione dei tempi migliori. Questo si riscontra analizzando un songwriting asfittico, in cui si potrebbero persino anticipare gli interventi in pulito di Vortex, in un mare di banalità condotta prevalentemente a media velocità, in cui anche la batteria del “prezzemolino” Hellhammer appare spompata. Se l'iniziale "The Serpentine Offering", superati i dejavù di rito, promette un disco dignitoso, con le rispettive tracce la speranza di un buon lavoro scema in modo esponenziale. A Mustis è stato dato pochissimo spazio, oltre ad a sembrare fuori posto nei pochi momenti in cui si apprezza il suo operato, Shagrath si affida a filtri e a diavolerie di studio senza incidere, e le chitarre fanno il loro lavoro, preciso, impeccabile eppure terribilmente noioso.

Un disco da bocciare su tutta la linea, a partire dalla copertina (orribile), passando dalla produzione (fin troppo pulita) e ovviamente dalle canzoni in scaletta, per non parlare dei pacchianissimi video, in cui si salva solo quello dell'opener... Insomma una band in caduta libera. L'impressione è che ai nostri non interessino più di tanto i giudizi dei fan di “vecchia” data, almeno finché ci sarà  successo. Vorrà dire che ci siederemo sulla riva del fiume ad aspettare...





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