Con la notizia bomba della quasi reunion per il ventennale, la situazione in casa Rhapsody ha finito per assumere sempre più i contorni di una telenovela. Non tanto e non solo per l'operazione in sé, tutto sommato legittima e in linea con i trend commerciali del momento, quanto per il feedback contrariato ricevuto dal pubblico sui social network a seguito delle dichiarazioni dei diretti interessati. Qualunque siano le motivazioni dietro l'operazione (una mossa gestita in maniera molto furba, per chi scrive), resta a questo punto da attendere le prossime mosse. Sarebbe tuttavia un peccato per Luca Turilli gettare alle ortiche il lavoro svolto in quattro anni con i "suoi" Rhapsody, un percorso attraverso il quale il chitarrista triestino ha dilatato i già ampi confini di quel power metal sinfonico concepito ai tempi di "Legendary Tales". La volontà del chitarrista triestino di testimoniare e valorizzare questa esperienza si concretizza oggi con la pubblicazione di "Prometheus, The Dolby Atmos Experience + Cinematic And Live". Per il sottoscritto (tiepidissimo fan di tutto ciò che ruota attorno al mondo Rhapsody) non possiamo che accettare positivamente una scelta come questa, perché al di là delle legittime velleità commerciali, nostalgiche celebrazioni e ventennali vari che sembrano ormai essere l'unica ragione di vita per molti musicisti, bisogna riconoscere quanto di buono c'è stato in questa avventura dei Luca Turilli's Rhapsody.
Siamo al cospetto di un prodotto molto particolare e chiacchieratissimo già prima della sua uscita. Biglietto da visita della release è questa tecnica audio denominata Dolby Atmos, con la quale il Luca nazionale strappa persino una candidatura ai Grammy Awards 2017 (sic). La tendenza di Turilli a descrivere la propria musica a forza di aggettivi sensazionali rischia di essere fuorviante: per una volta non ci troviamo di fronte infatti a un disco altamente pretenzioso e la minuziosa descrizione di questo Dolby Atmos, mutuato dal mondo del cinema, si sposa in maniera perfetta con il sound dei Rhapsody.
A far pari con il remix dell'ultima opera in studio, Turilli piazza un doppio live di grande intensità come non se ne sentivano da anni. Al netto di tutte le considerazioni tecniche, (che per il sottoscritto lasciano da sempre il tempo che trovano: la storia è piena di grandi dischi registrati con pochi mezzi) "Cinematic And Live" fotografa in maniera perfetta la dimensione della creatura turillica, e se come noi vi siete emozionati all'esibizione dello SpazioRock Festival vi ritroverete senz'altro nel feeling dell'opera. La resa sonora è di quelle che non si discutono, al punto che in più passaggi sembra quasi di essere di fronte a un disco in studio. Una cura per i dettagli tanto studiata non pregiudica, e qui Turilli vince la sua sfida, l'impatto emozionale di pezzi come "Warrior's Pride", Of Michael The Archangel And Lucifer's Fall , "Il Cigno Nero" e non ultimi i doverosi tributi al passato dei Rhapsody con le immancabili "Emerald Sword" e "Land Of Immortals". Sarebbe un peccato ridurre la rilevanza di questo live all'aspetto tecnico, perché in sede live Turilli ha dimostrato a più riprese di valorizzare tutte quelle caratteristiche che definiscono il Rhapsody Sound. Oltre ad essere un'opera di grande spessore, "Cinematic And Live" è senza dubbio il disco di Alessandro Conti, la cui consacrazione passa necessariamente da questi solchi e da una consolidata dimensione live.
Viviamo in un'epoca in cui la celebrazione del passato sembra essere l'unica ragione di esistenza per un numero crescente di band; è bene ricordare che se un genere vuole crescere e non fossilizzarsi sugli antichi fasti del passato, deve necessariamente confrontarsi con il presente e valorizzarlo, quando ci sono i presupposti. Ben vengano reunion e special shows per chi li vuole, ma non dimentichiamoci che anche nel presente di un artista possono esserci spunti di grande interesse. Chiedete a Luca Turilli come fare.