Haken
Restoration [EP]

2014, InsideOut
Prog Metal

Recensione di Valerio Cesarini - Pubblicata in data: 26/11/14

Confermandosi con The Mountain (2013) come uno dei virgulti più vividi e briosi della scena prog moderna, la band degli Haken prende piena coscienza del proprio ruolo e va a rielaborare alcune tracce delle più embrionali demo in nuovi brani che funzioneranno sia da nuovo repertorio che come vero e proprio attestato artistico.


Assorbire un EP del genere richiede dunque una certa consapevolezza di ciò che gli Haken furono, sono, e saranno; e in verità, tre canzoni bastano a costruire una splendida ed eloquente sintesi dei territori che la band ha deciso di abbracciare. Tutto sta, a questo punto, nel vedere quanto onesta e assortita risulti questa proposta. L'ascolto (e il promoting del disco) si apre con "Darkest Light", rielaborazione del pezzo "Blind" che presenta svariati punti di interesse: innanzitutto la decisiva virata di genere, dalla prog suite più cheesy a un metal più tirato, ancora più tecnico. Via le svisate circensi alla "Celestial Elixir", spazio ad atmosfere decisamente più dure e a qualche strizzata d'occhio di troppo al djent; di troppo perchè non si può non riscontrare una certa ruffianaggine nel collocare il proprio nuovo centro proprio sul genere più "di moda" fra gli ascoltatori che bazzicano questi lidi. In realtà tutto il brano in tutti gli aspetti può riuscire talvolta forzato; s'intenda, assolutamente niente di deprecabile, ma i cambi di accordi risultano pesantini, così come i tempi dispari del ritornello o il carattere abbastanza omologato di alcune sezioni, sia per quanto riguarda il cantato sempre più accostabile al nuovo prog/djent tanto caro alla voce da boy-band di Spencer Sotelo, sia per quanto riguarda proprio la produzione di esso. Detto ciò per dovere di cronaca, il pezzo risulta comunque tecnicamente ineccepibile e, dopo le doverose centinaia di ascolti per cercare di non perderne neanche una sfumatura, trova anche un buon riscontro all'orecchio passivo, risultando per qualche motivo catchy (per lo meno per quanto riguarda chi scrive).


In ogni caso se abbiamo la bocca un po' storta da questo inizio, aspettiamoci di essere smentiti per qualsiasi eventuale perplessità. Gli altri due brani, infatti, confermano che gli Haken non sanno solo navigare sulla cresta dell'onda (e ci vuole del gran merito anche per questo, sia chiaro), ma rimangono una band decisamente versatile senza perdere una certa identità. La musica degli Haken è una splendida sintesi di ciò che il mondo ha già offerto, dunque le influenze sono molto prepotenti ed evidenti, ma col tempo sempre meno forzate e di sicuro c'è una personalità di base. "Earthlings" si propone dunque come revisione, anzi, rinascita del brano "Black Seed", che passa da un'accozzaglia di belle melodie poco identificate a un flow davvero piacevole. Lo stile principale è preponderatamente Cynic, anche se il sentore generale è più hi-fi, pieno ed intellegibile. Non ci sono momenti di esplosione ed anche per questo la track è davvero riuscita, sette minuti che volano fra melodie suadenti e che lasciano davvero poco da desiderare -e se il critico più crudele volesse fare un appunto, sarebbe forse la parte vocalizzata alla Gentle Giant.


Proprio quest'ultima band, da sempre cardine di una sfaccettatura del sound Haken, viene omaggiata di nuovo nei 19 minuti dell'epica conclusiva. Modesto parere di chi scrive è che i Gentle Giant siano uno dei gruppi più difficili da riproporre con originalità e senza forzature, e bisogna dire che nella loro (breve) carriera gli stessi Haken sono caduti nelle molte trappole che questo pone. Fortunatamente non è il caso dell'ultimo brano, "Crystallised" (evoluzione di "Snow"). La suite, che si colloca in un prog rock giusto un pelo più tecnico e spinto, soddisfa più o meno qualsiasi voglia che un ascoltatore della band britannica possa mai aver avuto, ponendosi di prepotenza assieme alla già menzionata "Celestial Elixir", per lo meno come spessore artistico. Decisamente la meno cupa delle tracce, le melodie delle strofe risultano azzeccatissime, così come il tema principale, e nonostante la lunghezza è anche molto più piacevolmente accessibile di ragnatele come Darkest Light. I momenti sono svariati e li lasciamo alla curiosità dell'ascoltatore, pur menzionando l'usuale svisata prog strumentale (con le altrettanto usuali insistenze cromatiche) e la parte vocalizzata centrale che si collega ad uno squisito tema medievale.


Ora, immaginando l'imponderabile, e cioè che ci fosse una regola per scrivere le prog suite di qualità, cosa direbbe? Di certo richiederebbe varietà tematica per sopperire alla lunghezza, pur rimanendo in un ambito possibilmente coerente; melodie ben costruite e arrangiamenti pieni. Crystallised mette una spunta a tutti questi fattori, e dà vita ad alcuni fra i 20 minuti più corti della scena progressive moderna -e non c'è bisogno di spiegare l'ossimoro. A livello di produzione l'EP è a livelli prevedibilmente alti, suonato magistralmente (ma era forse un problema?), il nuovo bassista Connor Green risulta effettivamente non un fuoco di paglia, e la magia della tecnologia ha anche ben rattoppato là dove gli Haken risultano più carenti, e cioè il cantato. Anche se Ross Jennings ha pagato cara l'intonazione e la solidità (sempre stato un po' calante e tremulo): Dio sa quali strumenti lo fanno sembrare vent'anni più giovane, e vocalmente può non essere un gran passo avanti, considerato che ne avrà una trentina. Le chitarre suonano come loro solito un po' smorte, roboticamente perfette, ma se questo contribuisce a rendere gli Haken una delle pochissime band prog metal non sfacciatamente guitar-centered, ben venga. E al di là di difetti normalissimi a cui nessun gruppo è immune, non potevamo immaginare attestato migliore di questo EP per un gruppo che probabilmente trova la sua alba definitiva verso la maturità artistica. Molti punti deboli sono stati curati, altre scelte possono essere opinabili artisticamente ma certamente sono intelligenti, e in ogni caso ben interpretate; e poi sono tre brani per più di mezz'ora di musica e ne vale davvero la pena.





Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool