Amaranthe
Maximalism

2016, Spinefarm Records
Alternative Metal, Rock

Signore e signori, ecco a voi il metal e il rock del futuro.
Recensione di Roberto Di Girolamo - Pubblicata in data: 12/10/16

Tra le formazioni più discusse degli ultimi anni indubbiamente troviamo gli svedesi Amaranthe, autori di un vero e proprio peccato originale: unire metal e pop, condendo il tutto con un po' di musica elettronica. Se per voi che leggete il metal deve per forza essere brutto, cattivo e sporco girate subito i tacchi. La band, sin dagli esordi, utilizza gli elementi più disparati per realizzare il proprio sound e "Maximalism" è la summa di questo concetto.
 
Dopo il buon "Massive Addictive", la band procede il discorso da lì interrotto aumentando il dosaggio di quasi ogni ingrediente, mischiando poi il tutto con interessanti intrecci ritmici e focalizzandosi ancora di più su ritornelli capaci di far smuovere intere catene montuose. Quello che colpisce subito dal primo ascolto (oltre la produzione cristallina) è che ogni pezzo presente sul disco è un potenziale singolo. Sebbene questa sia per molti una caratteristica di demerito, questo significa anche che ogni brano è stato curato e caratterizzato al meglio, riducendo al minimo il rischio di pezzi riempitivi, di cui infatti "Maximalism" è privo. 
 
La diversità di quest'opera si intuisce già a partire dai synth stile dance anni '90 dell'opener "Maximize", il cui apporto danzereccio del ritornello in levare trova riscontro nell'orecchiabilità della successiva "Boomerang", le cui parti cantate il growl non fanno altro che risaltare le melodie vocali pulite, soprattutto durante il travolgente refrain. 
Il singolo di lancio "That song" viene invece aperto da una melodia groovy che non sfigurerebbe su un disco di Rihanna. Non a caso i commenti si sono avvicendati sin da subito, dando adito a quelle discussioni che popolano le pagine di internet ogni qualvolta una band provi a saltare una immaginaria staccionata stilistica. La matrice prettamente pop viene confermata in "21" che unisce il tipico suono degli svedesi ad una sorta di Millennial Whoop da classifica di sicura presa.
Tra gli apici emotivi del disco invece "Limitless", divisa tra armonie stratificate e samples elettronici in completo contrasto con la potente "Fury", un up-tempo dominato dalla voce di Henrik e dai sintetizzatori arpeggiati ormai trademark della band. Per dare un'idea dell'eterogeneità delle influenze presenti sul disco non si può poi tacere di una traccia come "Supersonic" che va a disturbare non solo la musica classica, con tanto di contrappunto nel pre-chorus, ma anche le armonie corali tipiche dei musical, conferendo al brano un'impronta unica. 
"Fireball" è un altro highlight dell'album, con quella linea nel chorus che si stampa in testa sin dal primissimo ascolto e che mette in risalto le doti canore di Elize Ryd, ulteriormente enfatizzate nella conclusiva "Endlessly" in cui la singer viene accompagnata per l'occasione dalle orchestrazioni di rito come in ogni ballad che si rispetti.
 
L'eccellente capacità della band svedese è quella di combinare un'orecchiabilità che fa invidia alle hit da classifica, songwriting di buon livello e melodie sempre ispirate, il tutto sorretto un guitarwork dinamico ma robusto. Sul versante sonico la produzione è eccellente: non a caso ha coinvolto tre studi diversi, ognuno adibito alle singole fasi di registrazione, missaggio e mastering. Tutto suona come dovrebbe in un disco moderno stile Amaranthe, e anche le stratificazioni di voci e suoni di contorno sono sempre perfettamente udibili anche nei momenti più concitati, il tutto senza far perdere un'oncia di potenza agli elementi prettamente rock\metal. 
 
"Maximalism" è un disco decisamente sconsigliato a chi predilige sonorità dure e pure. Da evitare come la peste bubbonica per chiunque nel 2016 vada ancora in giro a vaneggiare concetti anacronistici come il "vero metal" e la "commercializzazione". Tutti gli altri corrano ad ordinarne una copia. 




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