Oasis
The Masterplan

1998, Creation
Rock

Recensione di Costanza Colombo - Pubblicata in data: 02/11/17

"Take the time to make some sense of what you want to say"

 

Recensire una collezione di B-side non è certo qualcosa da prendere sottogamba, soprattutto se, come nel caso di "The Masterplan" il materiale in questione risulti ben più meritevole di lato A rispetto a buona parte di quanto pubblicato in seguito dagli Oasis in quanto tali o in carriera solista.

 

Ad aprire uno degli ultimi felici atti del periodo d'oro dei fratelli Gallagher, non poteva che essere "Acquiesce". Introdotta da un'eco di quel capolavoro che fu "(What's The Story?) Morning Glory", la prima delle ben 14 tracce (ufficialmente selezionate dai fan), è erroneamente considerata il manifesto della chimica che, allora, legava il futuro addestratore di flying high birds e Ourkid. Se oggigiorno il "Because we need each other / We believe in one other" intonato nel ritornello da Noel, in pacifico contrasto a una prova vocale di un Liam da manuale, risulta inconcepibile, strumentalmente parlando anche la sola parte di chitarra, balenata nella mente dell'autore durante un viaggio in treno in notturna, rende il pezzo un evergreen.

 

Si fanno poi armi e bagagli per seguire il tiro obliquo dell'intro di "Underneath the Sky" (imposta in tracklist da Noel) che, seppur meno immediata per le masse, risulta un intermezzo di tutto rispetto tra la spacconata in apertura e il romanticismo acustico di "Talk Tonight" nella quale Noel si confessa in notturna ad una comprensiva interlocutrice incontrata oltreoceano durante una "fuga" avvenuta in occasione della quasi rottura con la band verificatasi durante il tour americano del 1994.

 

"I wanna talk tonight, until the morning light about how you saved my life"

 

Incastonato il ricordo indimenticabile di questa fortunata musa, è sempre Noel a ravvivare il ritmo con un'altra perla, "Going Nowhere", che esemplifica lo stato di beata ispirazione re midiana degli Oasis anni '90. Gran pregio del presente lavoro è il perfetto bilanciamento dei pezzi che si susseguono armoniosamente in modo da presentare l'intero ventaglio della proposta dei mancuniani e al contempo non scontentare nessuno. Le successive "Fade Away" e la strumentale "The Swamp Song" iniettano la giusta dose necessaria al giro di boa.

 

Chiave di volta del tutto è quindi l'eccezionale versione live della "I Am The Walrus" dei The Beatles in cui Liam si lascia possedere dalla versione lisergica del fantasma di John Lennon, suo idolo, e ne accelera il cantato in antifona ad una fenomenale seconda metà interamente strumentale. Ci pensano i piatti di "Listen Up" a riportarci al presente, e con i piedi per terra, con un brano che avrebbe fatto furore nel ben più recente "As You Were" e invece all'epoca funse da semplice cuscinetto prima di due cavalli di battaglia quali "Rockin' Chair" e l'acustica "Half The World Away", entrambe così amate dai fan da venir inserite in scaletta sia da tribute band che da sua eminenza Noel. Se della prima è irresistibile la combinazione tra la ritmica e la struggente esasperazione di un Liam insolitamente permeabile al sentimento, della seconda resterà negli annali l'estrema dolcezza con cui Noel dedica le sue riflessioni più intime alla sua ideale metà.

 

"So what did you say? You can't give the dreams that are mine anyway (...) I've been lost I've been found but I don't feel down."

 

Per chi ne avesse avuto abbastanza di sentimentalismi, gli inconfondibili fischi in intro a "(It's Good) To Be Free" trainata dalle piccole gioie di Liam proietta nella più vivace spensieratezza di "Stay Young" e nella forsennata "Headshrinker" che, ascoltate nel 2017, risultano ancora così irresistibili da finire di affossare quanto strascicato in scia a "Standing On The Shoulder Of Giants".

 

L'ultimo congedo si consuma lungo l'interminabile corridoio della title-track a cui è difficile trovare controparte nell'intera discografia dei fratelli-coltelli. Sostenuta dai fiati ereditati dalla cacofonia di "Be Here Now", il respiro universale che soltanto "Don't Look Back In Anger" era stata in grado d'esprimere, "The Masterplan" realizza un brano la cui calma ed ineguagliata epicità è seconda soltanto a "Live Forever".

 

"Life on the other hand won't make you understand we're all part of a masterplan."

 

Venisse insegnata sui banchi di scuola, sì come suggerito dal'artwork, farebbe di certo meno danni di Kant o Nietzsche. Materia obbligatoria per chiunque si professi fan della band e imprescindibile opzionale per il resto della classe. 





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