"Outlaws ‘Til The End, Vol. 1" punta alto sin dalla lista degli ospiti: molti amici metallers, come i Wednesday 13, Brock Lindow dei 36 Crazyfists, Burton C. Bell dei Fear Factory, Lee Ving dei Fear, Randy Blythe and Mark Morton dei Lamb Of God, ma anche un'icona dell'outlaw country come John Cash Jr, figlio di Johnny Cash, il quale si esibisce alla voce nella opening "Country Heroes", quasi un manifesto dell'intero progetto. Detto questo, l'album compendia tutti i limiti e le virtù che un'operazione di questo tipo comporta. Spieghiamo: dubitiamo che gli estimatori duri e puri del country apprezzino quello che, alle loro orecchie, suonerà probabilmente - tranne forse per pochi illuminati - come uno stravolgimento sacrilego, una sorta di perversione uditiva. Di contro, chi già conosce ed ama i DevilDriver potrebbe invece non apprezzare la loro personalissima rilettura dei grandi classici del genere. Il problema è che non per tutti i pezzi scelti la formula funziona; lo è per quelli pesantemente rimaneggiati, come "The Man Comes Around", "Dad's Gonna Kill Me", "I'm The Only Hell Mama Ever Rised", ma funziona molto meno nei brani che cercano di mantenere lo scheletro armonico dell'originale, vedi le deludenti "Ghost Rider In The Sky", "Copperhead Road", "A Thousand Miles From Nowhere" o la stessa "Country Heroes".
La domanda è dunque la seguente: se le canzoni più riuscite sono quelle che più tradiscono gli originali, l'operazione ha davvero senso? Non molto, si direbbe. Meglio sarebbe stato forse dedicarvi uno snello EP, piuttosto che un ciclo di album, come sembra promettere il numero progressivo. Qui ci troviamo nella situazione diametralmente opposta a quella degli Steve 'N' Seagull, i quali eseguono in versione country bluegrass classici del rock metal anni '80 - '90: questi centrano l'obiettivo perchè la loro è un'operazione ironica, che sottrae peso, e ha come fine ultimo il puro divertissement. Mentre i DevilDriver appesantiscono brani, se così si può dire, già di per sé gravi; tale rilancio non è però sempre efficace e, in diverse occasioni, la suggestione dell'originale si perde del tutto, senza guadagnare in potenza. Un po' come nella favola di Fedro sul cane che stringe nelle fauci un osso, vede nel fiume il proprio riflesso e, cupido di stringere anche l'osso dell'"altro" cane, perde quello che stringeva. Per cui, nonostante le ottime premesse di un progetto assai seducente sulla carta, il risultato non è all'altezza delle aspettative. Peccato.