Steel Panther
Lower The Bar

2017, Kobalt Music Recordings
Hair Metal

Recensione di Stefano Torretta - Pubblicata in data: 10/04/17

"Front door's locked, locked up tight
Tried to get in with all my might

Goin' in the backdoor
Gettin' in no matter what
Goin' in the backdoor
Little bit muddy but it sure ain't shut"



Chiudete a chiave in casa le vostre fidanzate, figlie, mogli, sorelle - e per essere totalmente sicuri, anche le vostre madri, che non si sa mai! -, perché gli Steel Panther sono tornati! Gli alfieri del politicamente scorretto, delle belle donne con pochi vestiti e tanto silicone, del sesso sempre e senza limiti, dei vestiti in spandex e dei capelli cotonati bussano di nuovo alla vostra porta. Non contenti di aver dato alle stampe un album acustico lo scorso anno - quel “Live From Lexxi’s Mom Garage” che ci ha mostrato la band in un contesto relativamente diverso dal solito, ovvero grandi palchi, grossi amplificatori e folle adoranti – tornano immediatamente alla carica con un full-length di inediti.

"Of all the girls I've ever known, you show me things no one could ever show me
It doesn't matter where you go, you'll always be the one I want to blow me
Cause you blow me away, whoo"


Lower The Bar” mantiene inalterata la carica sovversiva ed ironica che contraddistingue il combo losangelino. Ritornano i rimandi al rock ed al glam dei tempi che furono, i testi decisamente sopra le righe, e ritorna, soprattutto, la grandissima musica. Perché, lo abbiamo già detto più volte ma vale la pena ricordarlo, i quattro scanzonati assatanati del sesso saranno anche una parodia di tempi più leggeri, ma il loro lavoro lo sanno svolgere anche meglio di band più serie e più famose. Ancora una volta, nonostante le citazioni e gli omaggi più o meno evidenti, l’ottima tecnica di scrittura della band riesce a mantenere alta la qualità dei singoli brani. "Poontang Boomerang" – geniale l’idea di far uscire il video di questo brano su PornHub! - sarà anche la versione aggiornata di "Cherry Pie" dei Warrant, "Anything Goes" trasuderà Van Halen da tutti i pori, ma i brani rimangono assolutamente godibili e divertenti. Perché alla fine gli Steel Panther sono questo: divertimento senza regole o limitazioni. Considerato che il modello a cui la band guarda sono gli anni ’80, sarebbe assurdo parlare di novità da un album all’altro. Nonostante tutto, le undici tracce presenti in "Lower The Bar", pur seguendo un canovaccio base che di volta in volta viene adattato alla singola occasione, riescono a coinvolgere, e non sembra quasi che siano passati ben quattordici anni e cinque album da quel "Hole Patrol" che ha aperto le danze nel 2003. E ad essere onesti, sembra che gli Steel Panther abbiano comunque voluto tentare un minimo di variazione: "Now The Fun Starts", con la sua linea di basso alquanto tetra e con dei testi lontani dalla spensieratezza consueta sembra quasi volerci mostrare l’universo hair metal quando la festa è finita e le luci si sono spente. Un brano decisamente anomalo che riesce a donare maggiore profondità alla bidimensionalità voluta della band. Il momento introspettivo dura decisamente poco, visto che le quattro Pantere ripartono immediatamente a tutto gas con un lotto di brani che mantengono costantemente viva l’attenzione dell’ascoltatore. L’aggiunta in coda all’album della cover di "She’s Tight" dei Cheap Trick, è un salto nel passato, una rivisitazione più energica che crea quasi un corto circuito tra la musica originale, seppur omaggio all’hair rock, degli Steel Panther e un brano effettivamente anni ’80. L’originale, la cover e l’omaggio si compenetrano senza più capire dove inizia uno e finisce un altro, tutto per merito della grande tecnica del quartetto losangelino. Se il reparto strumentale è sempre all’altezza della situazione e la produzione cristallina di Jay Ruston è il perfetto collante dell’operato dei tre musicisti, Ralph “Michael Starr” Saenz è il vero mattatore, capace ogni volta di alzare l’asticella e donarci un’interpretazione sempre più riuscita. Da questo punto di vista le ballad sono il miglior banco di prova. "That’s When You Came In", già presente in versione acustica nel "Live From Lexxi’s Mom Garage", e "Wasted Too Much Time" ci mostrano appieno l’estrema duttilità della voce di Saenz che è molto di più di un semplice David Lee Roth sotto steroidi.

"Well you can date a thousand guys
But what I got between my thighs
Is like the sun cause it's always hot
And like a compass it always points to your g-spot"


Nonostante l’aperta ostilità di ampie frange di moralisti, nonostante il disprezzo di chi negli anni ’80 suonava questa musica, nonostante l’avversione delle femministe per questa reificazione della donna, gli Steel Panther riescono comunque a proseguire il proprio percorso musicale, confezionando ancora una volta un album estremamente solido. I lustrini ed il profumo da due soldi vengono via sotto un tiepido getto di acqua, ma la classe e la tecnica della band nascoste sotto queste orpelli per le masse rimangono immutate.



Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool