Cosa dobbiamo aspettarci dal nuovo album dei Linkin Park? Una domanda da un milione di dollari, visto che la band di Mike Shinoda è abituata a frastornare tutte le nostre aspettative dopo ogni uscita. La loro nuova fatica, intitolata "The Hunting Party", non fa eccezione nemmeno a questo giro. Proprio quando c'eravamo più o meno abituati ad accostarli alla sperimentazione elettronica eccoti per le mani un disco dal cuore hardcore, registrato quasi completamente in analogico e senza troppi ammennicoli.
Una subitanea vampata di rabbia accoglie l'ascoltatore a braccia aperte per accompagnarlo traccia dopo traccia, senza pause: è questa la risposta esplicita di Shinoda al "soft indie pop" che gira nelle radio, un rock che i Linkin Park hanno voluto rigettare coi muscoli, riproponendo anche alcuni cliché del proprio sound.
"The Hunting Party", a giudicare dal nostro primo ascolto, ha aggiunto energia e decibel, ma ha tolto qualcosa all'originalità e alla personalità dell'insieme, che ora è più facile confondere con molte altre proposte simili degli ultimi anni. La differenza principale fra questo e gli album precedenti sta nello stile compositivo: mentre prima ogni elemento faceva parte di una struttura razionale, in cui era mirabilmente ordinato al proprio posto, questo è un disco sanguigno che nasce suonando assieme, senza troppa pianificazione. Nelle parole della stessa band, c'è del punk rock nella filosofia di questo album, un'ispirazione che si riflette in tutti i suoi eccessi, che siano le urla o il calpestio ritmico.
Ma il risultato di queste scelte non è sempre esaltante: molti di questi brani sembrano ricalcare certo punk/hardcore strepitante di una decina di anni fa, magari mescolato a quelle rappate che oramai non stupiscono più nessuno.
C'è da sperare per loro che le nuove generazioni in fase di crescita accolgano con favore questa recrudescenza sonora, in sprezzo a quel rock in cui la semplice distorsione a cento all'ora spesso non è più centrale. Tirano su la media, comunque, una manciata di pezzi in cui l'antico ascendente di Shinoda e soci sembra ancora vigoroso ("Guilty all the same" o "Rebellion" su tutti). Resta solo da capire se i fan perdoneranno qualche banalità di troppo o se il ritorno dei chorus roboanti non sarà stato una mezza cilecca. Potremo farcene un'opinione martedì prossimo, quando i Linkin Park saliranno sul palco dell'ippodromo di San Siro, a Milano, per vedere l'effetto che farà.