Secret Sphere - Lifeblood
Il ritorno del primo frontman Roberto Messina si inserisce in un lavoro vibrante e coinvolgente


Articolo a cura di Ludovica Iorio - Pubblicata in data: 17/03/21

È tempo di novità in casa Secret Sphere: a distanza di quasi quattro anni dal precedente lavoro in studio, la band alessandrina pubblica il suo nono disco in carriera, "Lifeblood", ma lo fa con la presenza dello storico frontman Roberto "Ramon" Messina. Appena si è sparsa la voce della partenza di Michele Luppi dalla band verso la metà dello scorso anno, soprattutto tra i fan della prima ora si era paventata l'ipotesi di un ritorno del primo vocalist della formazione, cosa confermata con certezza alla fine del 2020. Messina ha portato con sé la componente più power metal del gruppo, mantenendo comunque la presenza di trame progressive, che hanno invece caratterizzato prevalentemente gli otto anni precedenti con Luppi dietro il microfono. Il lavoro, come sempre, è stato meticolosamente prodotto dal mastermind Aldo Lonobile in cabina di regia, e mixato e masterizzato dal collega ed amico Simone Mularoni (DGM); è stata infine la nostrana etichetta Frontiers ad apporre ancora una volta con orgoglio la propria firma.

 

Queste le premesse: passando all'ascolto pratico, ad aprire la tracklist troviamo "Shaping Reality", intro dalle tinte fiabesche che cresce verso un finale maestoso e che si adagia su un tappeto sonoro creato dal tastierista Gabriele Ciaccia. Si entra repentinamente nel vortice con la titletrack "Lifeblood", i cui riff al fulmicotone di Lonobile sono inseguiti dai giri sulla quattro corde di Andrea Buratto e dalle martellate sulle pelli di Marco Lazzerini, il tutto lasciando (poco) spazio a respiri melodici. Sulla stessa struttura sono costruite le tracce "Alive" e "Solitary Fight", dov'è soprattutto la dimensione del ritornello a permettere a Messina di poter toccare le vette più alte col proprio cantato tenorile. "The End Of An Ego" e "The Violent Ones" sono da annoverare tra i pezzi più caratteristici del lotto, mentre "Life Survivors", "Thank You" e "Against All The Odds" ci consegnano un'immediatezza hard rock con refrain corali incisivi, anche se a scapito di una maggiore staticità rispetto ai brani di cui sopra. Approcciandoci al finale, questo tocca prima alla malinconica ballata in acustico "Skywards" e infine alla conclusiva "The Lie We Love", in cui i nostri sperimentano sapientemente e tirano fuori una lunga rapsodia elegante e a suo modo coesa.

 

È lodevole l'affiatamento che si nota tra i membri, non scontato in una formazione che in quasi 25 anni ha visto diversi cambi di line-up, ma che ha sempre mantenuto il gusto di fare musica divertendosi. Pur rimanendo saldi ai propri punti cardine, il gruppo ne esce con un lavoro vibrante e coinvolgente, percorrendo sentieri musicali più o meno conosciuti e non mancando di osare con coraggio, confermandosi una delle realtà heavy più seguite ed amate sul territorio oltre che al di fuori dei confini nazionali.

 






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