Beardfish (Rikard Sjöblom)
Un accurato track-by-track di "+4626-Comfortzone" e un'analisi del mondo del prog e della musica dal vivo: Rikard Sjöblom -voce, tastiera e chitarra nei Beardfish- ci racconta il suo mondo.
Articolo a cura di Riccardo Coppola - Pubblicata in data: 30/12/14

Ciao Rikard, sono Riccardo di SpazioRock. Parleremo del tuo nuovo album, "+4626-Comfortzone". Quali sono le tue aspettative per questa nuova uscita?

Non saprei, non abbiamo aspettative precise. Spero che piaccia a chi lo ascolterà, e che possiamo trovare nuovi fan.

Ti andrebbe di presentarmi brevemente questa vostra nuova opera?

Assolutamente! Comincerei col primo pezzo, "The One inside". E' una sorta di introduzione al disco, ed è divisa in tre pezzi. La seconda parte, che è piazzata a metà del disco, è stata la prima che ho composto, delle tre. Dopo averla finita, ho pensato che potevo ancora scrivere qualcosa su questo tema, e di qui mi è venuta l'idea di creare le altre due parti e sparpagliarle per la tracklist. "Hold On", quindi, è la prima vera canzone dell'album: abbiamo scelto di cominciare con questa perché volevamo una opening track molto forte, e "Hold On" è proprio quel tipo di canzone, accelerata, dal ritmo travolgente. Credevamo che fosse il modo perfetto per poterci esprimere. Il terzo brano, "Comfortzone" (la title track del disco), è una canzone un po' oscura, che parla di morte. E' scritta dalla prospettiva di qualcuno che sta per morire, dopo aver aspettato per un'intera vita questo momento, e che adesso che lo sta sperimentando vuole continuare a vivere, ma non può fare nulla per sfuggire alla morte. La canzone successiva, "Can you see me now?", racconta del subire atti di bullismo, da bambini, che credo sia una cosa veramente terribile. Penso che la spinta a comporre questa canzone me l'abbia data avere dei figli, amarli, sperare che non facciano parte di quella metà dei bambini che subiscono questo tipo di prevaricazioni. Dopo abbiamo "King", che parla dei cattivi politici, del modo in cui quando parlano qualcosa intendono in realtà l'esatto contrario, e del loro cambiare completamente i loro programmi fin quando ne hanno la possibilità... è un argomento che ci fa arrabbiare, e credo che sia per questo motivo che questa canzone è quella più vicina alla roba hard rock che avevamo esplorato in "The Void" o "Mammuth". Dopo "King" abbiamo la seconda parte di "The One Inside", la versione originale di questo brano: è una canzone che racconta della crescita individuale, dell'avere persone che ti dicono delle cose attorno alle quali tu costruisci la tua vita. Tutte e tre le parti della suite parlano di questo. "Daughter Whore" prende ispirazione dal modo in cui la società tratta le donne in generale, e nello specifico parla di quelle "culture dell'onore", in cui la gente uccide anche le proprie figlie perché si macchiano di disobbedienza, o di atti disdicevoli per la cultura cui appartengono. "If We Must Be Apart" è una continuazione di una vecchia canzone, "A Love Story", che faceva parte del nostro album del 2005, "The Sane Day": dopo dieci anni, riprende la prima parte e segue i tre personaggi, raccontando che fine hanno fatto oggi. "A Love Story" è stata una canzone importante per noi, quando l'abbiamo scritta, e ho avuto la sensazione di doverne scrivere una continuazione, semplicemente per raccontare cosa è successo dopo la sua fine. "Ode To A Rock'n'roller" è una canzone che parla di un musicista che suona in una cover band, e che una sera, mentre sta suonando le solite cose (forse qualcosa dei Credence Clearwater Revival) ha un sogno a occhi aperti, e come in trance comincia a suonare Stravinskij... e la gente non apprezza e comincia a mormorare. Quando ho cominciato a scriverla pensavo che sarebbe stata una canzone felice, divertente, ma in realtà è diventata sempre più seria man mano che prendeva forma. Infine, ovviamente, abbiamo la terza e ultima parte di "The One Inside", che chiude l'album.

beardfishitw02Nel 2015 compirete 15 anni. Ci sono stati alcuni momenti della vostra carriera che reputi fondamentali per la vostra crescita, o alcuni episodi particolari che vorresti raccontare?

Ci siamo imbarcati in tantissimi tour, abbiamo fatto tante bellissime date. Il primo show nel quale abbiamo suonato fu nel 2002, e dopo quel giorno tutto è andato nel modo giusto. Siamo stati in tour con band come gli Spock's Beard, i Pain Of Salvation, i Flying Colors. Siamo stati molto vicini ad andare in tour con i Dream Theater, ma purtroppo non è mai successo: eravamo stati contattati per le date del loro tour, ma la casa discografica si è tirata indietro. In generale, è stata una vita bellissima con la band, i ragazzi sono come una seconda famiglia per me. Abbiamo sperimentato un sacco di belle cose insieme... ma, ovviamente, abbiamo vissuto anche qualche brutto momento. Ma nel complesso, fino ad ora è stata una grande storia.

Recentemente il prog ha riscoperto un sound che sa molto di anni Settanta. Pensi che sia una sorta di eterno ritorno della musica che riscopre le sue origini o che sia (per citarti) una "comfortzone" in cui le band si rifugiano quando mancano idee, suonando cose che alla gente piaceranno per certo?

Senz'altro ci sono band che ripiegano su queste sonorità per questo motivo, ma ovviamente non farò nessun nome. Credo che comunque, se ti piace quello che stai facendo e continui a farlo, allora va bene, qualsiasi cosa tu faccia. Per quanto riguarda i Beardfish, il nostro obiettivo è sempre stato fare cose nuove, cercare nuove forme di espressione. Ci sono diversi tipi di comfortzone: credo che la nostra sia stata fin dall'inizio scrivere e registrare nuova musica, farla sentire a nuova gente.

Dopo il sound più monolitico di "The Void", siete tornati a uno stile che ricorda più da vicino quello di "Destined Solitaire". Pensi che il sound più pesante dei vostri precedenti album fosse ormai un punto morto per le vostre esplorazioni musicali?

Non saprei dirti, in realtà non ci ho mai pensato. Credo che la somiglianza con "Destined Solitaire" sia frutto del caso. Non pensiamo mai a ricreare un sound preciso quando componiamo, ci limitiamo a cercare di comporre buona musica. E' così che va.

Con "Comfortzone" avete preso spunto anche da tematiche sociali, come per esempio i problemi di integrazione. Come mai avete sentito la necessità di parlare di questi argomenti? E' stato difficile integrarli col vostro sound?

No, non penso di avere avuto nessuna difficoltà. Gran parte dei miei testi sono reazioni a quello che sperimento nel posto in cui vivo, che vedo che va succedendo in giro per il mondo. Scrivo sempre di ciò che succede attorno a me, ma anche dei miei sentimenti a riguardo. Nella fattispecie, non ho idea di come sia stato possibile che i nuovi partiti nazionalistici abbiano ricevuto tanti voti alle ultime elezioni in Svezia. E' una cosa folle. Assolutamente folle. Per cui, ho dovuto parlare un po' anche di questo.

Prendendo ispirazione da "Ode to the rock'n'roller", parlerei della situazione attuale dei musicisti. A quanto ne so, gli organizzatori di serate preferiscono spesso far suonare cover band piuttosto che artisti che suonano canzoni originali. Pensi che sia una limitazione alla creatività?

E' una delle difficoltà principali dell'essere un musicista, ma è sempre stato così. Non posso sopravvivere solamente con quello che guadagno coi Beardfish, per necessità devo suonare in cover bands, fare pianobar e cose di questo tipo. Ma devo essere sincero: mi piace, non ho nessun problema nel suonare musica altrui. Ma sì, non è così corretto che alla fine si guadagni di più suonando roba scritta da altri, che suonando la musica che tu stesso hai scritto.
 

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Quali sono i tuoi altri progetti? Sei coinvolto in qualcosa che è molto lontano dal prog?

Sì, suono in un paio d'altri progetti. Se vuoi sapere se sono coinvolto in musica pop, sì: suono insieme a una cantante, Clara Mae... viene dalla mia città natale, suoniamo insieme ad altri due musicisti. Ho anche un'altra band, i Gungfly, che possono essere visti come il mio progetto da solista. Stiamo lavorando al terzo album, che sarà il terzo per Gungfly. E, come ti ho detto prima, suono un sacco di cover e sono attivo anche nell'ambito delle tribute band.

Vi sentite più come una band da studio o come una band da palco? Pensi già a come suoneranno dal vivo le tue nuove canzoni, quando cominci a scriverle?

Asolutamente sì: suoniamo sempre le canzoni insieme, prima di cominciare a registrarne le singole parti. I Beardfish sono assolutamente una live band. Prendiamo vita quando siamo davanti a un pubblico.

Data la natura strettamente correlata dei brani dell'album, pensate di suonarlo nella sua interezza?

Probabilmente suoneremo gran parte dell'album. Non credo che lo suoneremo per intero, tuttavia, ma sicuramente suoneremo gran parte di esso.

Avete mai pensato di pubblicare un videoclip per un vostro brano? C'è una canzone che pensi sia particolarmente rappresentativa di "Comfortzone"?

Abbiamo parlato un po' di questa possibilità, e avevamo in mente di realizzare un video per "Hold On". Poi non se ne è fatto più niente. Ma probabilmente lo faremo in futuro.

Se dovessi scegliere una sola parola per presentare la vostra musica a chi non vi ha mai ascoltati, quale sceglieresti?

Oh, è difficile. Teatrale, probabilmente.

Quali sono i vostri progetti per il 2015? Ci sono possibilità di vedervi in Italia?

Saremo in tour per fare da support act per Neal Morse, a partire da marzo. Poi suoneremo in qualche festival, come il Night of Prog in Germania. Non ricordo, sinceramente, credo ci sia una data in Italia nel tour di Neal Morse, ma non ne sono sicuro. In ogni caso, dovremmo suonare in Italia più avanti nel corso del 2015, verosimilmente a Milano.

Vorresti chiudere quest'intervista con qualche parola per i tuoi fan o per i nostri lettori?

Ciao, sono Rikard Sjöblom, e sono molto felice di avere avuto l'opportunità di potervi parlare. Spero che quest'intervista vi sia piaciuta, e spero che possa piacervi il nostro nuovo album!




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