Pain Of Salvation (Daniel Gildenlöw)
La continua evoluzione e la lotta contro la stupidità musicale di una delle band più metamorfiche dell'intero scenario prog.
Articolo a cura di Riccardo Coppola - Pubblicata in data: 27/10/14
Ciao Daniel, benvenuto sulle pagine di SpazioRock. Tornerete presto nei negozi di dischi con la vostra nuova raccolta "Falling Home": quanto entusiasmo c'è nella band per la prima release dopo ben tre anni da "Road Salt Two"?

 

È stato un viaggio inaspettatamente lungo. Sono veramente contento che adesso l'album possa finalmente uscire, vedere la luce. La cosa mi rende veramente felice.

 
L'album è anche un lascito della vostra serie di date completamente acustiche, che avete tenuto nel corso del 2013. Quali sono le cose che ricordate con più piacere di quest'esperienza, che vi ha visti dividere il palco anche con Anneke Van Giersbergen, tra gli altri?

 

L'album era previsto per essere pubblicato prima del tour, così che gli show che abbiamo fatto fossero appunto una tournee per il disco. Ma come sai il disco è stato posticipato, così alla fine abbiamo fatto il tour prima di pubblicarlo. E' stata un'esperienza molto bella, con un set completamente diverso dal solito: abbiamo costruito un soggiorno sul palco ogni sera. E' stato veramente bello suonare canzoni insieme agli Arstidir, o ad Anneke. Ogni data del tour è stata un'esperienza magnifica.

 

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Su cosa si è basata la scelta delle canzoni? Quanto è stato difficile pescare all'interno del vostro ampio repertorio?

 

La tracklist dell'album segue la scaletta di una data che abbiamo tenuto in Germania. Quando hai la possibilità di riarrangiare le canzoni del tuo catalogo in un album di questo tipo, ne scegli alcune perché ti viene particolarmente naturale, perché si trovano particolarmente bene in questo tipo di ambiente; d'altro canto, alcune le scegli perché non sembrerebbero per niente una scelta immediata: "Spitfall", per esempio, l'ho scelta proprio perché è una delle canzoni più improbabili da riprodurre all'interno di un album acustico, perché è tutto meno che una canzone acustica. In generale, ci siamo ritrovati in studio, provando diverse canzoni per scegliere quelle giuste per la tracklist.

 
Qualche giorno fa, il 5 ottobre, avete dedicato un'ampia sezione del vostro live all'intramontabile classico "Remedy Lane". Pur essendo il vostro sound mutato notevolmente nel corso degli anni, cosa vi lega ancora a quest'album oltre alla predilezione da parte dei fan?

 

È un album speciale, mi ricorda tante cose del mio passato, ho usato molti elementi autobiografici per quel disco. Quando lavori con i tuoi ricordi in questo modo, impiegandoli per realizzare un album, è come se i tuoi ricordi diventassero oggetti: alla fine, è come se non fossero più parte della tua memoria, essendosi concretizzati in un disco. Per questo motivo ho sentimenti contrastanti ogni volta che ritorno a "Remedy Lane", trovo un po' disorientante tornare indietro a questo disco, a questo concept. Al Prog Power Europe e al Prog Power USA abbiamo suonato interamente "Remedy Lane": è una cosa che non abbiamo mai fatto, e non pensavo che l'avremmo mai fatto, il disco stesso non è stato progettato per essere suonato nella sua interezza on stage. Ma è un'esperienza che ho apprezzato parecchio, e con la line-up che abbiamo correntemente, siamo più forti che mai, ed è molto bello riapprocciarci anche al materiale più vecchio dei Pain Of Salvation. Mi sono divertito davvero tanto.

 

gildenlowitw002Probabilmente nessuna band nel mondo del prog ha mostrato un metamorfismo pari al vostro. Oggi, dopo i tantissimi cambiamenti di rotta che avete compiuto da "BE" in poi, c'è qualcosa che identificheresti come un errore momento cruciale e fondamentale per la vostra evoluzione?

 

E' difficile dirlo: credo che quando si parla dello sviluppo di una band, è una combinazione di tutto ciò che è successo in tutti gli anni che hai passato nel mondo della musica. Quando sei in una band, impari un sacco di lezioni interessanti, lavorando con persone diverse nel corso degli anni. Ed è difficile localizzare precisamente ogni singolo passo che hai fatto. Oggi come oggi la nostra formazione è molto stabile, più stabile di quanto lo sia stata per davvero parecchio tempo. E' come se avessimo cercato di stabilizzarci per molto tempo, e forse ci siamo finalmente riusciti, e sono molto contento di questa cosa. Ma in ogni caso, credo che devo ancora imparare parecchio, e penso tocchi al me del futuro guardarsi nel passato, e individuare quali episodi sono stati per lui le lezioni più importanti.

 

Michael Akerfeldt ha recentemente scherzato un po' sul fatto che la comunità metal si sia scagliata contro gli Opeth per il cambio stilistico intrapreso, dicendo di essere troppo vecchio per capire le nuove generazioni di metaheads. Considerato che è parzialmente successo anche a voi, ti trovi d'accordo con questa affermazione? Quanto pensi che un artista debba in qualche modo subordinare il proprio estro al parere del proprio pubblico, magari frenando le proprie idee per non essere accusato di snaturarsi, o peggio ancora di commercializzarsi?

 

Spesso abbiamo volontariamente imboccato la strada sbagliata. Ogni volta che abbiamo avuto la sensazione che ci fossero delle aspettative molto pressanti riguardo qualcosa in particolare, abbiamo avuto la tendenza a fare l'esatto opposto. Abbiamo pubblicato il nostro primo disco nel 1997, ma stavamo già registrando musica alla fine degli anni Ottanta, e all'inizio dei Novanta: ai tempi della pubblicazione del nostro primo album ero molto felice che venisse etichettato come "progressive metal" o "progressive rock", perché ai tempi lo interpretai veramente come un genere che avesse come primo obiettivo mantenere la musica in costante, continua evoluione. Ma molto presto il progressive metal è diventata semplicemente una ricetta... credo che sia più o meno quello che succede a tutti i generi musicali, quando ne spuntano di nuovi: sono portati alla luce da innovatori, che creano effettivamente qualcosa di nuovo, e dopo quest'ondata di innovatori vengono fuori tantissime band che vogliono imitare i loro idoli. E con questi ultimi il processo d'innovazione si arresta: è soltanto gente che ripete qualcosa, qualcosa di fisso, qualcosa che non è più in movimento. Perciò mi resi conto molto presto, dopo uno o due album, che l'intera corrente musicale stava ristagnando, che non aveva più niente di progressivo: era un semplice stile, come tanti altri. Ho cercato, negli anni, di essere fedele a quello che era lo spirito originario del progressive metal, che era tutto coraggio, innovazione, voglia di esprimersi, e avere anche particolari abilità tecniche, ma usarle soltanto come uno strumento di espressione. Sotto questo punto di vista, non credo di essere cambiato nemmeno un po', ho sempre lo stesso spirito che avevo nel mio primo album: cerco nuove forme d'espressione, prendo una cosa, ne prendo un'altra e le metto insieme, per vedere cosa succede.


Molti dei tuoi colleghi si sono lanciati in carriere da solisti, mentre tu, nonostante svariati abbandoni e cambiamenti in line-up, hai sempre preferito mantenere il nome dei Pain Of Salvation. Cosa ti ha convinto a continuare quest'avventura nel corso degli anni? Quale pensi sia, oltre ovviamente alla tua voce e alla tua chitarra, l'anima, il filo conduttore che unisce i POS di "Entropia" a quelli di oggi?

 

Non credo di aver mai avuto scelta. La passione che mi ha fatto creare la band, è stata la stessa passione che mi ha spinto nel corso degli anni. Ho visto ragazzi abbandonare la band ancor prima di aver pubblicato il nostro primo album, ho visto molta gente entrare e uscire dal gruppo. E' sempre difficile quando succede. I membri della line up che viene definita come la nostra "line up originale" hanno abbandonato la band per dedicarsi alla famiglia, al lavoro, a questo tipo di cose. Non ho mai pensato di avere questa possibilità, non potevo concedermi quest'opzione, perché io voglio dedicarmi totalmente alla creazione di musica. Se avessi abbandonato la band, avrei continuato a fare sempre la stessa cosa, ma non dall'interno dei Pain Of Salvation: non avrei avuto motivo di farlo! La nostra lineup attuale è composta in misura maggiore di persone che, sotto questo punto di vista, sono come me, che sono focalizzate completamente sulla musica, fin da quando erano veramente giovani. Sanno cosa significa far parte dell'industria musicale, hanno fatto tanti sacrifici, e hanno la passione giusta per continuare a fare questi sacrifici. Per quanto mi riguarda, vedo una linea molto chiara che unisce i primi demo che ho inciso, e quello che stiamo facendo oggigiorno, perché tutti i dischi che abbiamo pubblicato condividono qualcosa: quella passione, quella curiosità insaziabile che avevamo quando abbiamo cominciato quest'avventura.

 

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"Falling Home" è la prima release che annovera tra i credits la seconda voce e chitarra Ragnar Zolberg: cosa ti ha colpito di Ragnar tanto da volerlo all'interno della tua band, e da affidargli addirittura il ritornello della title track? Quali scenari pensi siano aperti dalla sua presenza, per la tua band?

 

E' un cantante notevole, un chitarrista tremendo, un musicista davvero bravo in ogni aspetto; ma quest'ultima cosa si applica a tutti gli elementi della line up corrente: tutti noi suoniamo diversi strumenti. Siamo più forti che mai. Per quanto riguarda specificamente Ragnar: per me è stato sempre naturale sfruttare le potenzialità e i punti di forza delle persona. E' un ottimo cantante, sarebbe stato uno spreco non sfruttare quella voce! [ride, ndr]. Inoltre, scriviamo entrambi musica, siamo entrambi compositori. Nella vecchia lineup, i ragazzi scrivevano musica occasionalmente, ma la maggior parte delle volte era una cosa che capitava sporadicamente in studio, non erano dei compositori abituali. Con Ragnar è una cosa completamente differente, è più come Daniel Magdic, il nostro primo chitarrista: scrive musica perché gli piace farlo, perché vuole farlo.


Data la grande apertura che hai mostrato con la tua musica a svariate influenze, vorrei farti una domanda particolare: c'è qualcosa o qualcuno del mondo musicale di oggi che non sopporti minimamente?

 

Non posso sopportare la musica che non posso sentire. Molta musica, oggi, non è altro che un prodotto, e questa è una cosa che riesco a tollerare molto difficilmente: puoi facilmente renderti conto che tre ragazzi si sono seduti in un piccolo studio di registrazione con un computer e hanno montato qualche canzone, senza averci impiegato il tempo che sarebbe giusto impiegarci, senza aver infuso in esse passione, devozione. E questo non dipende dal genere musicale. Credo che ci sia pop mainstream che, pur essendo molto semplice, possa essere fatto davvero bene, possa essere onesto, faccia percepire la passione di chi l'ha composto. Non posso dire di non sopportare uno stile musicale specifico; non sopporto la stupidità. E puoi trovare questo tipo di stupidità in ogni genere: c'è prog metal stupido, c'è pop stupido, puoi trovarla in ogni canzone che non è stata scritta con passione. Questo, per me, è l'unico e grande discrimine: per me la musica deve essere onesta, deve essere passionale.

 

gildenlowitw01Hai scritto centinaia di canzoni. Pensi che, con tutti i tuoi versi, possa tracciarsi una storia della tua vita e della tua vita da artista? C'è qualche brano che ti ricorda momenti a te particolarmente cari?

 

Non so se chiunque può prendere i miei testi e capire la mia vita; probabilmente no. So che, naturalmente, io posso farlo: posso riprendere i testi di tutti i miei album e capire dov'ero, emozionalmente parlando, quando li ho scritti. Per me possono essere dei collegamenti importanti a ciò che ho attraversato nel corso della mia vita. Voglio dire, se prendo "One Hour By The Concrete Lake", questi testi mi ricordano gli studi che sostenevo in quel periodo: conflitti naturali, microfisica delle radiazioni, e ciò che studiavo all'università di Gothenburg in quegli anni. E puoi trovare alcuni pattern emozionali in tutte le canzoni che hanno a che fare con l'amore, con le relazioni. Ma in fondo ogni canzone, ogni testo, è un lavoro sostanzialmente artistico, per cui se una persona qualsiasi li esaminasse si troverebbe davanti a qualcosa di molto frammentato. Ma sì, con la giusta conoscenza, credo che possano formare una mappa abbastanza fedele della mia vita, in qualche modo.

 

Hai già in mente quale possa essere la prossima vostra evoluzione? Avete già dei piani per pubblicare un nuovo album di inediti dopo "Falling Home"?

 

Ho molta musica già pronta per essere scelta per un nuovo album. Ho registrato tantissime idee, che sono simili ai nostri primi album, come "Remedy Lane" o "The Perfect Element", musica più dura, più complessa di quella degli ultimi dischi. Credo che sia la direzione più ovvia da intraprendere dopo i Road Salt e Falling Home. Siamo pronti a fare qualche passo lungo le prime strade intraprese dai Pain Of Salvation.

 

Con questa era tutto Daniel: avete piani di suonare dalle nostre parti nel futuro prossimo? Vorresti lasciare un messaggio ai tuoi fan o ai nostri lettori?

 

Direi che torneremo sicuramente in Italia. Ho sempre amato l'Italia, fin da quando ero un bambino e sono sato lì in vacanza. Quindi sì, voglio sempre tornare in Italia.




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