
“Joy! Joy! Joy! Joy! Joy! Bologna, tonight is your night! Ti amo!” Billie Joe Armstrong.
Una tappa speciale, una tappa voluta. E probabilmente la tappa più sensazionale dell’intero tour. Quella in cui band e pubblico sono una cosa sola, un involucro esplosivo tenuto integro dalle catene della complicità e della devozione.
Lacrime e sudore.
Gioia e dolore.
Rabbia e amore.
Un medley emotivo di sentimenti intensi. Casse toraciche che vibrano al ritmo dei colpi impetuosi della batteria di Trè. Un vuoto opprimente che si riempie velocemente grazie alla dolcezza violenta del basso di Mike. La gratitudine, la delizia nel vedere finalmente Billie salire in piedi sul suo palco, alzare le mani al cielo e donare al suo pubblico il sorriso di un uomo consapevole e pronto a trasformare l’arena in una bolgia.
La serata, destinata ad entrare negli annali dei live, si apre con il gruppo di spalla per antonomasia: piacevolmente conosciuti l’anno scorso, durante il tragico Indipendent Day Festival, gli All Time Low non perdono tempo ed infiammano da subito i presenti con la loro carica adolescenziale. La band, impegnata in un tour europeo autonomo, presenta alcuni successi dell’ultimo album: tra reggiseni, manciate di plettri volanti e scambi aerei di chitarre, la breve esibizione intrattiene tutti tra ironia, divertimento, e musica non troppo ricercata, atta esclusivamente a caricare prima del grande show.
Dopo qualche minuto di attesa, tra fumo e luci si intravede statuaria la sagoma rotonda di Trè Cool, che anticipa i colleghi sul palco. Dopo qualche secondo di follia incontenibile, in cui le istantanee più belle sono le smorfie di Mike ai fans delle tribune e il volto felice e rilassato di Mr. Armstrong, si parte all’arrembaggio con “99 Revolutions” : il delirio inizia e per tutta l’esibizione non ci sarà un momento di stallo. Il concerto è ormai una prassi, tutto come da copione: le dichiarazioni d’amore, la blasfemia di Billie Joe, le occhiate di Trè, i fans sul palco. Ma ogni volta è come se fosse uno spettacolo a parte, e senza rendersene conto il pubblico dell’Unipol si stringe in un caloroso abbraccio che scalda gli animi dei fans e della band.
Sulle note graffianti di “Know Your Enemy” sale sullo stage una ragazzina che prima scoppia in lacrime, poi titubante si getta sulla folla e viene sospesa in aria per qualche secondo. Al centro del parterre si vedono gambe che sbucano in aria, scarpe che volano assieme a cartelli, indumenti e bottiglie. È l’energia incontenibile di chi ha aspettato tanti anni per vedere i propri idoli, e nel corso del concerto sarà ripagata abbondantemente. La prima occasione di commozione è provocata da “Letterbomb”, mitica traccia di “American Idiot”, poi dopo una serie di successi eccitanti si accende la scintilla: “Nice Guys Finish Last” riporta tutti ai tempi di “Nimrod”, poi da “Warning” viene riproposta “Waiting”. La bomba è innescata ed ogni brano storico è un’esplosione di piacere. Ampio spazio viene concesso alle canzoni di “Dookie”, durante “Longview” sale un ragazzo che, dopo un bacio in bocca a Billie, dimentica il testo per l’emozione, quindi viene riaccolto dal caldo abbraccio dell’arena, poi lo scenario cambia ancora e durante “King For A Day” e “Minority” si visualizzano scene trash impensabili, di cui ovviamente il protagonista è Trè: non pago di scagliare le bacchette alla fine di ogni canzone, prima lancia delle palline contro il povero corista Jeff, poi scende dallo sgabello e inizia a girare intorno al sassofonista Jason, tra le risate della gente. Lo stesso Jason prima col sax e poi con la fisarmonica, vestito da befana, si guadagna il centro del palco esibendosi in assoli e duetti. Bille Joe lo asseconda, Mike fa le linguacce a tutti, Jason White rimane fermo a schitarrare e se la ride di gusto. È il saluto ironico, quasi carnevalesco, di tutta la band al pubblico finalmente estasiato.
La rabbia sgorga ancora con “American Idiot” e “Jesus Of Suburbia”, poi il saluto più bello è ancora “Time Of Your Life” cantata e suonata esclusivamente da Bille, con le luci offuscate e i fans delle tribune che illuminano il parterre con scie luminose di accendini e torce. Più volte nel corso dell’esibizione il cantante ringrazia tutti, come a chiedere perdono per l’episodio dell’anno scorso. Ora Billie alza la chitarra con una mano, accoglie l’applauso di tutti ed esce di scena. La promessa è stata mantenuta e con il cuore carico di emozione, lentamente, i presenti abbandonano l’arena, per una sera la culla di tanti sogni.

Con la tappa di Bologna si chiude una parentesi, quella della celebrazione: il tour Italiano è stato perfetto, senza alcuna macchia, carico di complicità e di esperienza. Lo show dei Green Day è divertente da vedere e intenso da vivere, contraddistinto da momenti di delirio puro e di lunghe pause dolci ed emotive. Un successo sotto tutti i punti di vista, che valorizza appieno la trilogia appena pubblicata e accontenta tutti i fans grazie alla riproposizione di brani da tutti gli album del passato.
L’esplosività di Milano, la grinta di Trieste, la classe di Roma, il tutto incastonato tra le quattro mura dell’ Unipol Arena e velato di un’emozione magica ed indescrivibile: la promessa del trio più amato del Punk Rock è stata mantenuta, e mentre il giorno dopo le orecchie fischiano ancora, la felicità sprigionata in tre ore di estasi rimarrà per sempre un ricordo indelebile.
Scaletta:
99 Revolutions
Know Your Enemy
Stay the Night
Stop When the Red Lights Flash
Letterbomb
Oh Love
Holiday
Boulevard of Broken Dreams
Stray Heart
Nice Guys Finish Last
Waiting
Missing You
Burnout
Hitchin' a Ride
Welcome to Paradise
Longview
Going to Pasalacqua
Knowledge
St. Jimmy
When I Come Around
Basket Case
She
King for a Day
Shout / Always Look on the Bright Side of Life / (I Can't Get No) Satisfaction / Hey Jude
X-Kid
Minority
American Idiot
Jesus of Suburbia
Brutal Love
Good Riddance (Time of Your Life)