“…a giocare troppo con l’oscurità, si finisce con il familiarizzarci e alla lunga con il diventarne parte, il sopra diventa sotto e il bene diventa male. Quando la vera pace si trova solo nell’oscurità e l’animo trova ristoro solo nell’incubo, allora comprendiamo davvero il punto di vista del caduto…” (Johann Wolfgang von Goethe)
I Cradle Of Filth si cimentano in un’operazione dalle proporzioni e dai sentori epici. Un gesto coraggioso, forse sconsiderato, forse calcolato nel minimo dettaglio. Forti del contratto con la major Sony, gli inglesi possono finalmente far ricorso a tutta la loro potenza immaginativa e scelgono di cogliere a piene mani tutti i mezzi messi a disposizione dalla casa di produzione: due studi di registrazione, un’orchestra di quaranta elementi (la Budapest Film Orchestra) ed un coro di trentadue voci (quelle del Budapest Film Choir diretto dal maestro Lazslo Zadori), oltre all’immancabile sostegno di Sarah Jezebel Deva e alla voce narrante di David McEwen (già apparso in “Her Ghost In The Fog”).
Ripartendo da “Il Paradiso Perduto” di John Milton, i Cradle Of filth mettono in musica il poema epico ripercorrendo la leggenda dell’angelo caduto per eccellenza, Belian per Milton, Lucifero per il mito. Con questo platter i Nostri ritrovano parte delle loro radici ideologiche per affinarne i frutti fino alla forma più evoluta e complessa possibile. “Damnation And A Day” è di fatto un monumentale lavoro di orchestrazioni, un’opera nel senso più stretto del termine, dove musica e canto si fondono con un'azione scenica alla ricerca della narrazione a 360°. Non un semplice concept album, quindi, ma una composizione più simile a quelle degli inglesi Gilbert e Sullivan, spogliata del lato grottesco e precipitata in un abisso di corruzione. Impossibile analizzare il full come si farebbe con un comune disco di musica estrema; procediamo con l’ascolto e con la lettura del “libretto”.
FANTASIA DOWN
“A Bruise Upon The Silent Moon”: solo una brevissima introduzione strumentale in cui gli elementi dell’orchestra scaldano i propri strumenti facendoci calare nell'atmosfera del disco mentre la voce narrante, profonda e drammatica, legge l’incipit da libretto. Sullo sfondo, l’eco di tuoni che rimbombano, come se deflagrassero in un immenso ambiente ancora vuoto, ci permette di dare un primo sguardo all’abisso.
"And the Earth was without form and void, and darkness was upon the face of the deep...".
“E la terra era senza forma e vuota, e l'oscurità era sulla faccia della terra...”
“The Promise Of Fever” è la genesi, un mondo popolato soltanto da suoni e sensazioni. Le velleità di un Dio visionario creano lo scenario ideale per l’ascesa e la caduta. Un sorriso indirizzato ad un piccolo essere mortale ed il desiderio di compiacere il proprio creatore, un battito d’ali e di cuore per la gelosia accesa nel primo dei suoi servi, la cui bellezza piega e muta l’aspetto del cielo stesso. Di incredibile impatto sonoro e visivo, il primo brano dell’opera si dispiega su un tessuto ritmico epico e maestoso. Un finale di ritorno inciso sul riff portante e quindi sul ritornello, ed è la volta di “Hurt And Virtue”. Primo gioiello del disco, drammatico e caricato di accenti dark, ci porta alle porte di una guerra nei cieli. Il primo e più alto conflitto tra padre e figlio, l’amore dalle proporzioni divine che li unisce e li separa, infine lo scontro aperto. I fratelli cherubini si fanno nemici, rabbia e solitudine hanno la meglio. Con “An Enemy Led The Tempest”, altissimo e furioso si apre il componimento che segna il momento della definitiva presa di posizione dell’angelo caduto. Umanizzato nel pensiero, se non nell’azione, Lucifero si pone orgoglioso di fronte ai cori contrastanti e si prepara armato di rabbia e determinazione ad accettare una sorte che, lui per primo, ha creato con le proprie mani. Uno dei momenti di maggiore riuscita nel sodalizio tra orchestra e band. Il lavoro alle pelli fa un po’ difetto per una certa staticità espressiva, ma a compensare la suddetta mancanza sono le chitarre infervorate che, capaci da sole di esprimere la determinazione del grande Avversario, vengono moltiplicate mille volte da cori ed archi. Semplicemente impressionante. Finisce così la prima parte di un’opera composta da quattro capitoli che scandisco ascesa e caduta della stella del mattino.
PARADISE LOST: Damned in any language (A plague on words)
"And there was war in heaven. Michael and his angels fought against the Dragon, and the Dragon fought and his angels, and prevailed not. Neither was their place found anymore in Heaven. And the Great Dragon was cast out, that old serpent called the devil and Satan which deceiveth the whole world, he was cast out into the Earth and his angels were cast out with him."
"E ci fu guerra in paradiso. Michele e i suoi angeli combatterono contro il Drago, e il Drago e i suoi angeli combatterono, e non prevalsero. Ne fu più trovato il loro posto in paradiso. E il grande Drago fu cacciato, quel vecchio serpente chiamato diavolo e Satana che ingannò il mondo intero, egli fu cacciato nella terra e i suoi angeli furono cacciati con lui."
“Better To Reign In Hell”, con un incipit in Marcia breve sostenuto dai timpani e dall'incedere sempre leggermente ritardato delle linee vocali, descrive i primi giorni di regno all’Inferno. La rabbia e la frustrazione, il desiderio di rivalsa e l’incontro con il peccato incarnato. Lilith (personaggio che, guarda caso, sarà protagonista del full length di prossima uscita) sussurra all’orecchio dell’angelo caduto scenari di vendetta, riaccende la passione cosicché, con nuove ali fatte di nera tenebra, Lucifero si risolleva carpendo il suo regno sulla Terra. “Serpent Tongue” segna il momento di agire sul Paradiso Terrestre, di compiere il grande atto e mettere a nudo la natura dell’uomo di fronte a Dio e la natura di Dio di fronte all’uomo. In un’orchestrazione forse non proprio perfetta, i Cradle Of Filth riescono a riassumere un passaggio narrativo pregnante. Di fatto il componimento strumentale non è eccezionale, sebbene garantisca un certo effetto; per contro le linee vocali appaiono teatrali al punto giusto e splendidamente interpretate da un Dani Filth che per l’occasione si fa narratore, piuttosto che vocalist. L’intervento di Lucifero nelle sorti del peccato originale sembra rivelarsi solo come un bisbiglio argenteo portato sui venti di passione e d'innata curiosità dell’animo umano. Il Serpente mitologico arde di un desiderio che come una febbre logora la ragione e brama la carni candide della creazione divina fino a farne scempio. Come il veleno che viene versato nell’orecchio del padre di Amleto, il dubbio, la tentazione ed il desiderio sono ormai stillati nell’animo dell’uomo e nella sua seconda compagna. Non il diavolo li ha stillati, ma la stessa divinità che volle l’uomo così simile a sé. All’Avversario il solo compito di accenderne la consapevolezza.
È quindi ora di raccogliere i frutti di tanto operato. I primi uomini scoprono il vero nome di Dio. La furia divina spiega le sue ali sull’Eden, scuote di terrore con la sua rabbia anche gli angeli e caccia oltre i cancelli del paradiso coloro che hanno peccato cogliendo il frutto proibito. Lucifero attende sulla soglia chi come lui è stato scacciato... "Behold the golden door, To paradise is lost, So praise Me as you raised your Lord, And I shall thaw this gnawing frost". In un tempo sincopato, quasi divertito, vediamo arrivare la punizione. “Carrion”, presa singolarmente, non costituisce un capitolo particolarmente fruibile. Caotica e forse fin troppo complessa, rappresenta tuttavia molto bene il carattere del disco che, d’altro canto, va necessariamente sorbito nella sua interezza per essere apprezzato. La cacciata dal Paradiso, come il resto del platter, diventa così un boccone difficile da digerire.
SEWER SIDE UP
“The Mordant Liquor Of Tears” spezza a metà il disco con un’overture sinfonica rigenerante. Splendido componimento che, pur mantenendo gli accenti da intermezzo teatrale d’inizio secolo, ha un che di fresco, si distende in principio per poi riportare lentamente l'atmosfera. Sulle note di “Presents From The Poison-Hearted” tutto cambia bruscamente, non tanto rispetto all’overture, quanto rispetto alla prima parte del disco. La scena si sposta sulla Terra, il patto tra uomo ed angelo caduto è stretto e sancito dalle pulsioni più oscure della natura umana. Satana contempla il suo regno, mandando la tentazione, sua ambasciatrice, in ogni cuore e in ogni tempo. Come fu per Adamo, così per Attila e Nerone. Quasi una “Sympathy For The Devil” in chiave symphonic black metal. “Doberman Pharaoh” e “Babalon A.D.” vanno necessariamente valutate in coppia, luoghi di scontro sulla Terra tra Dio e Satana. Sulle rive del Nilo si svolgono le prime battaglie aperte tra la fede cristiana ed i sacerdoti degli dei pagani, avversari al servizio dell’Avversario per eccellenza. C’è anche spazio per un interessante richiamo al precedente “Midian”. Bisogna sottolineare come “Babalon A.D.” costituisca il punto più orecchiabile ma al contempo quello meno interessante del disco. Brano di facile ascolto, estratta come singolo e accompagnata da un videoclip, non riesce a rappresentare lo spessore dell’opera. Nel complesso la terza parte del disco è quella più “facile” e diretta. Un po’ più vicina allo stile che fu di “Midian”, punta principalmente sull’immediatezza (?) di liriche e componimenti.
THE SCENTED GARDEN
Una nuova overture ci attende alle porte dell’ultimo capitolo di “Damnation And A Day”. “A Scarlet Witch Lit The Season” si compone di pizzicato volto al presagio ed un arioso lavoro d’archi sovrastato a tratti da ottoni opprimenti. Ancora un lavoro sorprendente. Di nuovo incarnato e umanizzato, Lucifero conosce il desiderio e la passione. Ogni essere mortale diventa strumento per ritrovare l’abbraccio del peccato. Ogni rituale è celebrato per tenersi lontani dallo sguardo indiscreto del creatore che seppe giudicare, ma non amare quanto i suoi figli. “Mannequin” è una perla di semplicità che si incastona nel contesto del disco come l’elemento che alleggerisce e al contempo impreziosisce l’insieme. Da prima Allegro, quindi accompagnato, il pezzo rappresenta un momento di autocompiacimento ed autocelebrazione che Lucifero si concede. “Thank God For The Suffering” ci fa ritrovare I Cradle Of Filth di sempre. Romantici, incantati di fronte al tramonto della purezza, frementi per le promesse di una notte di depravazioni. Ogni cosa accaduta fino a questo momento assume un significato tutto nuovo; completamente appagato dell’amore e della passione, Lucifero, che ora rappresenta sé stesso e al contempo chiunque ne abbia calcato le orme, si trova a ringraziare il cielo per la “dannazione” che gli è stata offerta. Nell’amore della donna che ha condiviso il suo destino, che nell’atto d’amarlo tiene ben chiuse le porte del Paradiso, l’angelo caduto comprende che ogni cosa è al suo posto. “The Smoke Of Her Burning” è il compimento di un’opera monumentale. Con la potenza propria del black metal e l’incedere duro e schiacciante di riff thrash, il pezzo è una sfuriata unica dall’inizio alla fine. Raggiunta la piena consapevolezza del proprio ruolo e del grande dono dell’amore trovato solo attraverso la sua prima sconfitta, Lucifero può ora attendere che l’uomo mandi in fiamme il mondo. Il momento di ripresentarsi come un’ombra inimmaginabile sul Paradiso è arrivato. Tutta la rabbia e la frustrazione sono solo strumenti al servizio del naturale corso del tempo. Forte quindi del vero amore che non fu di Dio ma del suo avversario, Satana riversa la sua furia sotto forma di “acqua per dissetare gli angeli” e genera le sue schiere per far cadere tutto, ancora una volta, nell’abisso… E l’incubo ricomincia dall’inizio, senza fine.
Unico difetto dell’opera una fruibilità talmente bassa che tende a renderlo indigesto, ma questo non basta certo a metterne in discussione il valore. Un disco da far accapponare la pelle, tanto per la blasfema potenza evocativa quanto per la grandiosità delle composizioni. Toccante, grandioso ed esaltante!
"And the Earth was without form and void, and darkness was upon the face of the deep…"
“E la terra era senza forma e vuota, e l'oscurità era sulla faccia della terra...”
Cradle Of Filth
Damnation And A Day
2003, Sony Music
Gothic
01. A Bruise Upon The Silent Moon
02. The Promise Of Fever
03. Hurt And Virtue
04. An Enemy Led The Tempest
05. Damned In Any Language (A Plague On Words)
06. Better To Reign In Hell
07. Serpent Tongue
08. Carrion
09. The Mordant Liquor Of Tears
10. Presents From The Poison-Hearted
11. Doberman Pharaoh
12. Babalon A.D. (So Glad For The Madness)
13. A Scarlet Witch Lit The Season
14. Mannequin
15. Thank God For The Suffering
16. The Smoke Of Her Burning
17. End Of Daze
02. The Promise Of Fever
03. Hurt And Virtue
04. An Enemy Led The Tempest
05. Damned In Any Language (A Plague On Words)
06. Better To Reign In Hell
07. Serpent Tongue
08. Carrion
09. The Mordant Liquor Of Tears
10. Presents From The Poison-Hearted
11. Doberman Pharaoh
12. Babalon A.D. (So Glad For The Madness)
13. A Scarlet Witch Lit The Season
14. Mannequin
15. Thank God For The Suffering
16. The Smoke Of Her Burning
17. End Of Daze
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