Airbourne
Runnin' Wild

2007, Roadrunner Records
Hard Rock

Recensione di Alberto Battaglia - Pubblicata in data: 17/10/10

Nota numero uno: gli Airbourne sono probabilmente uno dei complessi meno originali della storia. Nota numero due: gli Airbourne sprigionano una delle concentrazioni rock ‘n’ roll più pure e selvagge che la piazza attuale possa offrire. Vederli dal vivo è un' esperienza esaltante, una giostra che vorresti ripetere cento volte. Giovani, simpatici, si divertono e fanno divertire senza la minima traccia di presunzione. Un buon motivo per esaltare questi ragazzotti australiani non sta tanto nella musica che scrivono, ma nel modo in cui la fanno vivere fino all'ultima nota. Non che manchino le idee per fare pezzi memorabili, piuttosto per il fatto che le linee guida di tutto il loro lavoro sono state già tracciate dagli Ac/Dc o da altre fedeli simulazioni degli stessi. Ma il bello è che di tutto questo non ce ne importerà assolutamente nulla.

"Drink a beer, drink a wine: let's have a good time!"

Questa citazione è sufficiente per chiarire quale sia lo spirito del disco in questione. L'adrenalina comincia a salire già dal primo pezzo: "Stand Up For Rock And Roll” carica il pubblico con un’introduzione che procede crescendo, qualche rintocco sull' hi-hat e il tutto esplode in veloci riff che non possono che far saltare in ogni direzione. Tempo di riprendere il fiato e saliamo sul camion impazzito di "Runnin' Wild": le urla selvagge di Joel O'Keeffe, i cori da bar degli altri compari e i suoni più compatti della tradizione hard rock australiana shakerano insieme - per dirla alla Richard Benson - un cocktail micidiale. Dietro l'angolo, invece, il più orecchiabile dei loro ritornelli: "Too Much, Too Young, Too Fast” ha tutto il sapore di un inno ruvido e ignorante per rockettari di tutte le stagioni. Se vi sentite chiedere "Who wanna hear a song about pussy?" non fatevi troppi problemi: è così che Joel suol presentare la dannatamente catchy "Diamond In The Rough”, accontentando sempre tutti i presenti. Il disco prosegue con la stessa filosofia dall'inizio alla fine: ostracizzate le ballate e qualsiasi influsso estraneo all' ol' time rock'n'roll. C'è solo l'imbarazzo della scelta volendo scegliere cosa mettere nel numero dei brani migliori: la tirata "Blackjack", i riff rocciosi di "Cheap Wine" o la stradaiola "Heartbreaker"... difficile schiacciare di più il pedale dell'acceleratore.

"Runnin' Wild" è un debutto col botto, che infiamma i cuori dei rocker più conservatori, ma che non può lasciare del tutto indifferenti anche i più scettici. Senza fare commenti troppo intellettuali, che qui sarebbero del tutto fuori luogo,  cito il più ovvio e calzante dei commenti, rubandolo da chi mi stava vicino ad un loro concerto: "Caspita... se spaccano!"



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