The 69 Eyes
Back In Blood

2009, Nuclear Blast
Gothic

Fuoco, fiamme e sangue: il ritorno dei 69 Eyes!
Recensione di Marco Belafatti - Pubblicata in data: 04/09/09

Il ritorno in pompa magna dei The 69 Eyes prende il nome di “Back In Blood”. Un titolo eloquente, un contratto con l’etichetta metal più quotata del momento, una produzione stratosferica affidata ad un certo Matt Hyde (un signore che in passato aveva già lavorato per nomi del calibro di Slayer e Monster Magnet): premesse indispensabili per celebrare l’atteso come-back dei vampiri di Helsinki, indiscussi signori del gothic rock scandinavo.


Non giriamoci troppo intorno: “Back In Blood” è il miglior lavoro della band finnica dai tempi di “Blessed Be” e “Paris Kills”, piccoli gioielli che sancirono il talento di Jyrki 69 e compagni nel proporre un sound di matrice hard rock rivestito di sensuali tematiche horror ed intriganti maschere gotiche. Dall’inesauribile vena creativa di quegli anni sbocciarono indimenticabili hit: “Gothic Girl”, “The Chair”, “Stolen Season”, sono tutti brani che gli amanti del rock dalle tinte più scure faticheranno a dimenticare. Se, da una parte, la ricetta rimane essenzialmente la stessa di allora, dall’altra, la maturità acquisita negli ultimi anni (quella che ancora tardava a trapelare dagli ultimi due full length dei Nostri) ha permesso al nuovo pargolo di casa 69 Eyes di suonare estremamente denso ed equilibrato.


Vuoi per la presenza di un opener tutta fuoco, fiamme e sangue (“Back In Blood”), vuoi per un singolo di lancio dalle morbose cadenze hard rock (“Dead Girls Are Easy”), i The 69 Eyes del 2009 riusciranno a farsi apprezzare anche da coloro che vivono da sempre di sole sonorità eighties. Non si disperino, in ogni caso, i patiti delle storie a sfondo vampiresco: la necrofila “Kiss Me Undead”, la dolceamara “Lips Of Blood”, la lugubre “Hunger” e la romantica ballad finale “Eternal” sono già in prima fila, pronte a far tremare i cuori più sensibili. Anche in questi casi, la band di Jyrki 69 convince e piace, proprio perché, a differenza di tante altre, risulta romantica e tenebrosa senza mai prendersi troppo sul serio o rinunciare ad una sana dose di autoironia (e, arrivati a questo punto, è quasi impossibile non scorgere un velato riferimento al genio di Tim Burton ed ai suoi innumerevoli capolavori). Ma non è tutto: l’anthemica “Dead N’ Gone” farebbe invidia ai The Rasmus (versione poco credibile ed ultrapatinata di svariate rock band finniche), mentre “Night Watch” mostra a carte scoperte il potenziale mainstream di una band che in Italia ancora non è ancora stata acclamata da un pubblico di larga scala. In questo disco, insomma, non c’è una virgola fuori posto!


“Back In Blood” potrebbe rappresentare la consacrazione definitiva di una band che ha già fatto scuola e che meriterebbe molto più di quanto ha raccolto finora, per il suo essere così dannatamente rock, elegante ed allo stesso tempo alla portata di tutti.





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