Era nell’aria, ma non da qualche mese, da molti anni. I Children Of Bodom sono una macchina rodata nel tempo, in grado di sfornare dischi il cui valore è da riconoscere a prescindere dall’essere ammiratori o detrattori, e capaci di plasmare a loro immagine e somiglianza cover se non altro intriganti.
Proprio così, perché una cover dei Children Of Bodom la riconosci subito: il pezzo storico che si incattivisce, il brano sottile o aggraziato che diventa “inno alla rabbia”, la produzione nuda e cruda. In più di un’occasione in passato, il nuovo disco, EP o singolo apripista che sia, ha incuriosito non solo per gli inediti ma anche per capire come sarebbe stato stravolto il classico di turno. La raccolta di cover, pertanto e come detto, era imminente.
“Skeletons In The Closet” spinge sempre e comunque sull’acceleratore, ribalta alcune situazioni intricate e altre più complicate (vedi l’accattivante rivoluzione di “Ooops!… I Did It Again” di Britney Spears), strizza e capovolge mostri sacri (Sepultura, Slayer, Alice Cooper, Iron Maiden) divertendo senza mettersi direttamente in competizione con loro.
Va detto che delle diciassette tracce (diciotto perché c’è una ghost track) che completano la raccolta, soltanto due sono state registrate quest’anno (“Hell Is For Children” di Pat Benatar e “Antisocial” dei Trust) e un’altra nel 2007 mai pubblicata prima d’ora (“War Inside My Head” dei Suicidal Tendencies), tutto il resto, restaurato a dovere, è materiale edito nel corso della brillante carriera dei finlandesi, quindi starà a voi decidere se vale la pena acquistare il disco a seconda di quante delle rimanenti quattordici canzoni fanno già parte della vostra discografia originale.
Il divertimento è comunque assicurato: dal country rock di “Lookin' Out My Back Door” al thrash di “Mass Hypnosis” dei Sepultura c’è di mezzo il punk, i Children Of Bodom non hanno mai nascosto influenza e ammirazione verso il genere, perciò vi affaccerete alla versione hard di una “Somebody Put Something In My Drink” dei Ramones per poi varcare le porte del rock elegante degli Scorpions di “Don´t Stop At The Top” o a quello bizzarro di “Talk Dirty To Me” dei Poison. Il tutto, ripeto, prodotto e suonato alla maniera dei Children Of Bodom, tanto basta per rendere il lavoro quantomeno significativo da un punto di vista commerciale. Per saperne di più, vi lascio all’interessante intervista con lo storico bassista del gruppo, Henkka Seppiala, e concludo consigliando l’acquisto del disco non prima di rimettere in guardia coloro che già posseggono gran parte dei brani presenti su questa raccolta. Il prodotto è valido ma non può e non deve essere indirizzato a tutti. Avvisati.