Bon Jovi
The Circle

2009, Island Records
Melodic Rock

Il ritorno verso la più pura melodia da parte della leggendaria band del New Jersey.
Recensione di Fabio Rigamonti - Pubblicata in data: 11/11/09

Bon Jovi, creatura semi-dittatoriale del rispettivo singer Jon Bon Jovi, una di quelle band che si è decisamente meritata lo status di leggenda del rock, grazie a canzoni del calibro di “Livin’ On A Prayer”, “You Give Love A Bad Name” e “Always” (tanto per citarne tre).
E’ davvero sin troppo facile entrare in contatto con il melodioso mondo dell’hair rock anni ’80 grazie a questa formazione, una formazione che, tra alti e bassi, è sempre in un qualche modo riuscita a consolidare il proprio successo, anche variando leggermente la propria proposta musicale.

Capita quindi che se il precedente “Lost Higway” era un album dal deciso sapore country, oggi con “The Circle”, undicesimo album in studio, la band americana decide di confezionare un disco dal forte sapore europeo, una sorta di eleganza formale barocca che ritroviamo in tracce come “When We Were Beautiful” e l’epico finale di “Learn To Love”.
Tuttavia, è una considerazione dolceamara constatare come gli episodi più convincenti di questo cd siano quelli che si rifanno alla tradizione della band, e mi riferisco, ad esempio, alla sezione ritmica e distorsioni identiche a quelle di “Livin’ On A prayer” su “Work For The Working Man”, piuttosto che a quella melodia ruffiana che ti si stampa immediatamente in testa donata dal primo singolo “We Weren’t Born To Follow” (con tanto di “Oh Yeah!” a ripetizione studiati apposta per fare il loro bell’effetto in sede live).
Tra questi due estremi, ritroviamo forse troppe tracce convenzionali o, comunque, poco interessanti: ne sono un esempio la power ballad in crescendo di “Superman Tonight” (adatta ad entrare in un teen love movie sdolcinato alla “New Moon” già dal titolo), piuttosto che il classico abbraccio tra chitarra acustica ed elettronica di “Thorn In My Side” che si svolge secondo modalità sin troppo sentite.
Fortuna vuole che, nel finale, la situazione venga salvata dall’amico di sempre, il mitico produttore (ma qui in veste di co-autore) Desmond Child che infonde il suo magico tocco nelle tastiere delicatissime sul ritornello di “Fast Cars”, o nelle meravigliose sottolineature di chitarra elettrica di “Happy Now” (il capolavoro del cd, grazie anche alla sua godibilissima irregolarità strutturale abbinata a divertente “leggerezza”).

In tutto questo quadro dai toni decisamente mutevoli, ciò che è un’assoluta certezza è la stratosferica cura riservata alla produzione di questo cd: sia che si tratti di esaltare l’atmosfera del rock ruggente dei gloriosi ‘80s, sia che si tratti di arrangiare un’intera orchestra, questo album si circonda di suoni che sanno risplendere in modo autenticamente cristallino e la cui resa, spesso, innalza il livello stesso delle canzoni (ascoltate “Bullet” per capire cosa intendo, piuttosto che gli echi Guns ‘n’ Roses di “Live Before You Die”).
La produzione è talmente eccellente, che viene quasi polemicamente da chiedersi quanto ulteriormente risplenderebbero una moltitudine di formazioni molto meno blasonate dei Bon Jovi, se solo potessero godere delle stesse risorse…

…già, perché comunque lo si guardi, questo “The Circle” è un album certamente godibile, un album che farà sicuramente la gioia dei fan, ma che non possiede quella forza in grado di graffiare indelebilmente non dico il panorama musicale (le canzoni che ho citato in apertura di articolo mica capitano tutti i giorni…), ma anche la carriera stessa di Bon Jovi.
Insomma, si ripete un po’ la stessa situazione di tutto quanto proposto dalla band dal post “Crush” (ultimo successo universale della band uscito circa 10 anni fa), ovvero album che hanno forse l’unica funzione di ricordarci quello che i Bon Jovi sono stati, e che non sempre riescono ad essere con la dovuta convinzione.
Se tanto vi basta, "The Circle" vi aspetta in tutti i negozi di musica, addirittura arricchito da un interessante documentario su Dvd nella sua edizione deluxe.



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